Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5469 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5469 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Russo Pietro, nato a Calamonaci il 19/12/1955
avverso la sentenza del 30/04/2012 del Tribunale di Pisa sez. dist. di Pontedera

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

– 4 FEB 7014
11. CA C ILIERE
L

ni

Data Udienza: 05/12/2013

4

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 30 aprile 2012, il Tribunale di Pisa, sez.
dist. di Pontedera, condannava Pietro Russo alla pena di euro 6.000,00 di
ammenda ritenendolo responsabile (del reato di cui all’art.71, comma 4, del d.
Igs. 81/2008, in relazione all’art. 87 comma 1 lett. b stessa legge) perché, in
qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della ditta CE.MAR , ometteva

oggetto di idonea manutenzione ed in particolare non rendendo oggetto di
idonea manutenzione il dispositivo della limitazione della portata massima ed il
dispositivo di limitazione del momento ribaltante della gru a torre, di cui risultava
scaduta anche l’ultima verifica trimestrale delle funi.
Nel pervenire a tale conclusione il primo giudice osservava come gli addebiti
fossero risultati provati sulla base degli esami dibattimentali dei tecnici dell’ISPEL
e dell’ASL, i quali avevano ampiamente evidenziato le omissioni, penalmente
rilevanti, in cui era incorso l’imputato.

2. Per l’annullamento della sentenza impugnata il difensore di Pietro Russo
ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione, affidando il gravame a
cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la nullità del capo di imputazione con
conseguente nullità della sentenza impugnata.
Si assume come l’art. 71, comma 4, del d. Igs. 81/2008 parli degli obblighi
del datore di lavoro collegati alla violazione dell’art. 87 comma 2 lettera c),
mentre nel capo di imputazione vi è il riferimento del comma 1, lettera b), la cui
violazione sarebbe collegata all’art. 70 che non parla di uso o manutenzione dei
dispositivi di lavoro.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la mancanza di prova circa la
commissione del fatto da parte dell’imputato, come sarebbe emerso
dall’istruttoria dibattimentale i cui esiti sono richiamati nel ricorso sia con
riferimento alle prove a carico che a quelle a discarico, le quali non avrebbero
affatto fornito elementi per comprovare la sussistenza delle contestazioni elevate
a carico dell’imputato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la mancanza dell’elemento soggettivo del
reato, essendo emerso, dagli esiti dell’istruttoria dibattimentale come il Russo si
sia avvalso delle prestazioni dei due professionisti (De Rosa e Dell’Angelo) i quali
hanno testimoniato in giudizio sulla correttezza del comportamento del Russo sia
per quanto riguarda la manutenzione della gru sia per quanto riguarda la
temporalità delle verifiche.

di prendere le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro fossero

2.4. Con il quarto motivo si deduce l’assenza dell’elemento oggettivo del
reato per mancanza dell’evento, in quanto la manutenzione era stata
regolarmente tenuta, con conseguente insussistenza del rapporto di causalità.
2.5. Con il quinto ed ultimo motivo si censura l’impugnata sentenza
lamentando l’eccessiva gravità della pena irrogata, troppo gravosa rispetto al
fatto ritenuto in sentenza, apparendo infine del tutto non giustificata la mancata
applicazione delle attenuanti generiche all’imputato.

1. Il ricorso è manifestamente infondato e pertanto inammissibile.
Quanto al primo motivo, si osserva che la mancata indicazione degli articoli
di legge violati, allorché il fatto addebitato sia puntualmente e dettagliatamente
esposto, in modo tale che non possa insorgere alcun equivoco sul pieno esercizio
del diritto difesa, non comporta alcuna nullità del capo di imputazione e, di
conseguenza, della sentenza.
La consolidata giurisprudenza di questa Corte è nel senso che, in tema di
contestazione dell’accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più
che all’indicazione delle norme di legge violate. Ne consegue che, ove il fatto sia
precisato, come nella specie, in modo puntuale, la mancata individuazione degli
articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si
traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa (Sez. 4, Sentenza
n. 39533 del 17/10/2006, Romano, Rv. 235373), inconveniente con riferimento
al quale non è stata peraltro mossa alcuna doglianza.

2. Il secondo ed il terzo motivo motivi di gravame, essendo tra loro
connessi, possono essere congiuntamente valutati.
Con essi il ricorrente, pur formalmente denunciando la illogicità della
motivazione, sottopone alla cognizione della Corte di cassazione censure non
consentite, sollevando questioni relative alla ricostruzione del fatto e alla
valutazione del materiale probatorio, il cui apprezzamento rientra alla esclusiva
competenza del giudice di merito, cercando, in tal modo, di ottenere una
interpretazione del fatto diversa e alternativa rispetto a quella posta a base del
provvedimento impugnato.
Il Tribunale, con logica ed adeguata motivazione, ha fondato il giudizio di
responsabilità sulla base degli accertamenti disposti dai tecnici dell’ISPEL e
dell’ASL, dando atto che, esaminato in dibattimento il teste Cavallini, in qualità di
tecnico della prevenzione dell’ufficio ASL 11 di Empoli, riferiva sul controllo
espletato sul cantiere in oggetto, a carico della ditta CE.MAR, già iniziato nel
2008 in seguito ad una segnalazione circa una gru a torre.
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CONSIDERATO IN DIRITTO

A seguito del controllo si riscontrata che la gru era priva dei requisiti di
legge, come accertato anche dall’ing. Maragliano dell’ufficio ISPEL di Livorno.
In particolare l’ufficio ISPEL aveva appurato che la gru era priva del
obbligatorio controllo trimestrale.
Successivamente, veniva riscontrato, attraverso l’acquisizione del registro
delle verifiche, che era stato omesso il controllo trimestrale e si accertava la
mancata presenza del dispositivo per limitare il carico del braccio della gru, che
non riportava la giusta taratura, ma un superamento del limite consentito,

Il Tribunale ha dato atto anche delle deposizioni rese dai testi della difesa
(De Rosa e Dell’Angelo) del tutto ininfluenti: non era stata fornita alcuna
indicazione cronologica circa gli eventuali controlli effettuati sulla gru e il corretto
funzionamento di essa non escludeva le conclamate violazioni contestate dagli
ispettori.
A fronte di ciò il ricorrente si limita a proporre una lettura alternativa degli
atti processuali obliterando che il sindacato di legittimità sui provvedimenti
giurisdizionali non può mai comportare una rivisitazione dell’iter ricostruttivo del
fatto, attraverso una nuova operazione di valutazione complessiva delle
emergenze processuali, finalizzata ad individuare percorsi logici alternativi diretti
ad inficiare il convincimento espresso dal giudice di merito.
Quanto alla lamentata assenza dell’elemento soggettivo, va precisato che
che il profilo della doglianza, oltre ad essere generico, non tiene minimamente
conto della natura contravvenzionale del reato e pertanto dell’integrazione
dell’elemento soggettivo anche sulla base della mera colpa.

3. Il quarto motivo di gravame, in quanto aspecifico, è manifestamente
infondato.
A fronte di una motivazione con la quale il Tribunale ha esaurientemente
ricostruito i profili fattuali della condotta e della colpa, il ricorrente ha articolato
la censura con riferimento a mere clausole di stile e così
articolandola:«importante rilevare, inoltre, che manca anche nella fattispecie
narrata l’elemento oggettivo del reato per essere qualificato come tale in quanto
non esiste l’evento contestato nel capo di imputazione in quanto la
manutenzione è stata regolarmente tenuta e manca il rapporto di causalità».
Va ricordato che i motivi di gravame costituiscono una parte essenziale ed
inscindibile della impugnazione e, pur nella riconosciuta libertà della loro
formulazione, debbono essere, ai sensi della lett. c) dell’art. 581 cod. proc. pen.,
articolati in maniera specifica: devono cioè indicare chiaramente, a pena di
inammissibilità, le ragioni su cui si fonda la doglianza in funzione critica rispetto
ai punti della decisione specificamente oggetto dell’attacco. Ne consegue che la
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necessario per evitare il ribaltamento del macchinario.

denuncia di difetto di motivazione della sentenza impugnata, in ordine a motivi
genericamente formulati, non ha alcun fondamento.

4.

Il quinto motivo è parimenti aspecifico e parimenti si riporta

testualmente:« Merita rilevare che il Tribunale applicava una pena troppa
gravosa rispetto al fatto presumibilmente commesso dall’appellante. Del tutto
non giustificata è la mancata applicazione delle attenuanti generiche
all’imputato».

come sia inammissibile, per genericità dei motivi, l’atto di gravame nella parte in
cui difetti di specifica critica nei confronti del punto della decisione impugnato,
essendo necessario, in osservanza al principio di specificità dei motivi enunciato
dall’art. 581, comma 1, lett c), cod. proc. pen, lo svolgimento nell’atto di
gravame di un’autonoma critica con la specificazione e l’illustrazione, al fine di
sostenere una decisione diversa da quella censurata, delle ragioni della decisività
dell’argomento contrario rispetto a quello contrastato con l’impugnazione
soprattutto quando le stesse siano state esaurientemente esaminate ed in
concreto escluse dal giudice di primo grado.

5. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 136 della Corte
costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità, alla relativa declaratoria, segue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle
ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 05/12/2013

In aggiunta a quanto si è in precedenza osservato, è solo il caso di precisare

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