Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5454 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5454 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SALVATORE Mario, nato a Sepino il 23/5/1978
avverso la sentenza del 7/3/2013 della Corte di appello di Campobasso che, in
parziale riforma della sentenza emessa il 12/7/2011 del Tribunale di
Campobasso, ha rideterminato in quattro mesi di arresto e 11.000,00 euro di
ammenda la pena inflitta per il reato previsto dall’art.181 del d.lgs. 22 gennaio
2004, n.42, accertato il 15/6/2006;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza senza rinvio per
intervenuta prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7/3/2013 la Corte di appello di Campobasso, in parziale
riforma della sentenza emessa il 12/7/2011 del Tribunale di Campobasso, ha
rideterminato in quattro mesi di arresto e 11.000,00 euro di ammenda la pena
inflitta per il reato previsto dall’art.181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42,
accertato il 15/6/2006.

Data Udienza: 28/11/2013

2. Avverso tale decisione il sig. Salvatore propone personalmente ricorso in
sintesi lamentando:
errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere la Corte di
appello omesso di considerare che il mero “riporto di pietre” e il ripristino del
normale deflusso delle acque non richiedono autorizzazione e non comportano
alterazione del paesaggio.

1. Il ricorso presenta un duplice profilo di inammissibilità.
2.

Ritiene, in primo luogo, la Corte che debbano trovare qui applicazione i

principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione
dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché
in tema di travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle
Sez.Un., n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e
n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva di ordine generale va,
dunque, seguita la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo
cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148). Ora, diversa da quella del ricorrente è
la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito e tale ricostruzione si fonda
sull’esame del materiale probatorio effettuato con argomenti coerenti e privi di
profili di illogicità, con conseguente sottrazione del giudizio alla verifica di questa
Corte.
3.

Sotto un diverso profilo, deve rilevarsi che secondo il costante

orientamento di questa Corte si considerano generici – con riferimento al
disposto degli artt.581, comma primo, lette e 591, comma primo, lett. c) c.p.p.
-, i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimità le medesime

CONSIDERATO IN DIRITTO

doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che
nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a
fondamento della decisione sui punti contestati. Si tratta di interpretazione
costantemente applicata dalla giurisprudenza di questa Corte ed espressa, da
ultimo, con la sentenza della Sez.6, n.22445 del 2009, P.M. in proc.Candita e
altri, rv 244181, ove si afferma che “e’ inammissibile per genericità il ricorso per
cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti già illustrati
in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla
motivazione del provvedimento impugnato”.

Il ricorrente ha, infatti, riproposto

nell’impugnazione una ipotesi di condotta e di sua non rilevanza penale che la

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Corte di appello ha esaminato e motivatamente escluso in quanto gli elementi di
prova impongono di ritenere che il ricorrente si sia spinto ben oltre il semplice
riporto di pietre e abbia proceduto a una vera e propria alterazione e modifica
delle sponde del torrente, come tale incidente sull’assetto del territorio. Tale
giudizio non viene preso in considerazione dal ricorrente con argomenti specifici,
limitandosi il ricorso a riproporre la tesi già contenuta nei motivi di appello.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2013

dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

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