Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5451 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5451 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
OUSMANE Mbaye, nato a Dakar (Senegal) il 28/12/1985
avverso la sentenza del 29/10/2010 della Corte di appello di Roma, che, in
riforma della sentenza emessa il 6/6/2007 dal Tribunale di Roma, ha escluso
l’ipotesi di reato ex art.171-ter, comma 2, lett.a), della legge 22 aprile 1941,
n.633 e rideterminato in tre mesi e venti giorni di reclusione e 1.800,00 euro di
multa la pena per la restante contestazione; reato commesso il 21/5/2007;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 29/10/2010 la Corte di appello di Roma, in riforma della
sentenza emessa il 6/6/2007 dal Tribunale di Roma, ha escluso l’ipotesi di reato
ex art.171-ter, comma 2, lett.a), della legge 22 aprile 1941, n.633 e
rideterminato in tre mesi e venti giorni di reclusione e 1.800,00 euro di multa la
pena per le restanti contestazioni; reato commesso il 21/5/2007. La corte
territoriale, respinte le questioni concernenti la responsabilità e l’esistenza di un

Data Udienza: 28/11/2013

asserito stato di necessità, ha qualificato il fatto ai sensi dell’art.171, comma 1,
lette, della medesima legge.
2. Avverso tale decisione il sig. Ousmane propone ricorso, in sintesi
lamentando:
errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. in quanto le
condotte concernenti i prodotti per elaboratori e consolle non possono più
considerarsi integranti il reato ex art. 171-bis della legge citata, e ciò dopo la
sentenza della Corte di Giustizia 8/1172007, Schwibbert. Una volta esclusa la

negazione delle circostanze attenuanti invocate (art.62, n.5, cod. pen. e comma
3 dell’art.171-ter della legge citata).

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte rileva che il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia UE
emessa su ricorso Schwibbert risulta nel caso in esame inconferente. E, infatti, la
contestazione mossa al ricorrente e oggetto della decisione della Corte di appello
riguarda l’ipotesi di reato – qualificata ex art.171-ter, comma 2, lett.a), della
legge 22 aprile 1941, n.633, anche dal Tribunale – che si riferisce alla condotta
di detenzione per la vendita di oltre 50 supporti illegalmente duplicati e privi del
contrassegno SIAE.
2. Appare evidente che, pur prescindendo doverosamente dall’assenza del
contrassegno, deve concludersi che la condotta di detenzione di materiale
illegalmente duplicato quando finalizzata alla vendita costituisce illecito
penalmente rilevante e la Corte di appello ha, correttamente, qualificato tale
condotta ai sensi della lett.c) del primo comma dell’art.171-ter, citato, così
modificando la decisione del Tribunale. Rispetto a tale condotta non assume
alcun rilievo l’assenza del contrassegno SIAE, come chiaramente può ricavarsi
dalla motivazione della sentenza impugnata, né appare rilevante il contenuto
della citata sentenza della Corte di Giustizia UE.
3. Tale conclusione impone di considerare palesemente infondata la
restante parte del ricorso, anche alla luce delle puntuali motivazioni che la Corte
di appello ha reso in punto di negazione delle circostanze invocate e di
determinazione del trattamento sanzionatorio.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

2

punibilità per la detenzione del maggior numero di supporti, risulta immotivata la

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2013

spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00

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