Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5450 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5450 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
IBOU Kandji, nato in Senegal il 27/12/1977
avverso la sentenza del 19/7/2012 della Corte di appello di Salerno, che ha
confermato la sentenza del 22/11/2007 del Tribunale di Salerno, sez. dist. di
Eboli, con la quale l’odierno ricorrente è stato condannato in ordine al reato
previsto dagli artt.81 cod. pen., 172-bis (capo A) e 171-ter (capo B) della legge
22 aprile 1941, n.633, commesso fino all’8/8/2005 in relazione alla illecita
detenzione e commercializzazione di supporti magnetici duplicati contenenti
prodotti per personal computer e “Play Station” in numero elevato; fatti accertati
dal 24 aprile all’8 agosto 2005;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza senza rinvio per
prescrizione ;
udito per l’imputato l’avv. Agostino Quaranta, che ha concluso chiedendo
accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 28/11/2013

1. Con sentenza del 19/7/2012 la Corte di appello di Salerno ha confermato
la sentenza del 22/11/2007 del Tribunale di Salerno, sez. dist. di Eboli, con la
quale l’odierno ricorrente è stato condannato in ordine al reato previsto dagli
artt.81 cod. pen., 172-bis e 171-ter della legge 22 aprile 1941, n.633,
commesso fino all’8/8/2005 in relazione alla illecita detenzione e
commercializzazione di supporti magnetici duplicati contenenti prodotti per
personal computer e “Play Station” in numero elevato.
2. Avverso tale decisione il sig. Ibou propone ricorso in sintesi lamentando:

motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere la Corte di
appello omesso di considerare che il fatto è riconducibile all’anno 2005, e dunque
cade sotto l’interpretazione offerta dalla nota sentenza “Schwibbert” della Corte
di Giustizia; ciò comporta che l’assenza di contrassegno Siae non è circostanza
rilevante sul piano dell’illecito e della prova e che in assenza di qualsiasi verifica
sul contenuto dei supporti, difetta totalmente la prova del fatto che essi
contenessero effettivamente opere d’ingegno illegalmente duplicate.
Il ricorso, inizialmente assegnato alla Sezione Settima Penale è stato
restituito dal Collegio alla competenza di questa Sezione con ordinanza del
5/4/2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita parziale accoglimento in quanto fondatamente allorché
evidenzia come dopo l’entrata in vigore della Direttiva 83/19910E e dopo la
decisione della Corte di Giustizia UE in data 8/11/2007 in causa Schwibbert (C20/05) la mera assenza del contrassegno SIAE non integra un illecito
penalmente allorché, come accaduto nell’anno 2005, lo Stato italiano non abbia
provveduto alla notificazione agli organi comunitari delle “regole tecniche” che
rendono operativa la tutela prevista per il diritto d’autore. Ciò comporta che la
contestazione di reato riferita alla lett.d) del comma 1 dell’art.171-ter della legge

errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di

22 aprile 1941, n.633 deve essere oggetto di disapplicazione, con conseguente
annullamento della sentenza senza rinvio ex art.620 cod. proc. pen. “perché il
fatto non sussiste”.
2.

La non manifesta infondatezza del ricorso, e anzi la sua parziale

fondatezza, impongono alla Corte di rilevare che per le restanti contestazioni si è
in presenza di ipotesi di reato per le quali i termini prescrizionali sono maturati
nelle more del presente grado di giudizio.
3. Per dette ipotesi, infatti, non sussistono gli estremi per ritenere
applicabile l’art.129 cod. proc. pen. Si legge nella motivazione della sentenza

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impugnata che le modalità di confezionamento e di esposizione per la vendita dei
supporti siano sufficienti a ritenere che si tratti di materiali abusivamente
duplicati; tale ragionamento non può certo dirsi manifestamente illogico e, anche
qualora si volesse ritenere che la Corte di appello ha omesso di affrontare il tema
della mancata analisi a campione dei contenuti, potrebbe darsi luogo a un
annullamento con rinvio, non certo a un annullamento senza rinvio per totale
assenza di fondamento della decisione e conseguente pronuncia di insussistenza
del fatto. Il che impone di concludere che la pronuncia di annullamento deve

contestati, già unificati dal vincolo della continuazione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui
all’art.171-ter, lett.d), della legge n.633 del 1941 perché il fatto non sussiste e
annulla senza rinvio la stessa sentenza in ordine al reato di cui all’art.172-bis e
171-ter, comma 1, lett.c), della stessa legge perché estinto per prescrizione.
Così deciso il 28/11/2013

essere disposta da questa Corte in relazione all’avvenuta estinzione dei reati

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