Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 545 del 29/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 545 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BRONZI RICCARDO nato il 24/06/1969 a ANCONA

avverso la sentenza del 17/05/2013 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 29/11/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze ha confermato
la sentenza del 8/3/2011 del Tribunale di Firenze, con cui, a seguito di giudizio
abbreviato, Riccardo Bronzi era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione
ed euro 800,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 6 ter I. 401/89.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
vizio della motivazione nell’interpretazione delle risultanze istruttorie e la mancata
assunzione di una prova decisiva, non essendo emerso dai filmati realizzati dalla polizia

partita di calcio tra le squadre dell’Empoli e dell’Ancona alla quale stava assistendo; ciò
avrebbe potuto indurre a riconoscere le circostanze attenuanti generiche e a mitigare il
trattamento sanzionatorio, attraverso l’irrogazione di una pena inferiore.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.
Il ricorrente, pur deducendo, invero genericamente, un non meglio precisato
vizio della motivazione, e lamentando l’omessa assunzione di una, anch’essa non
indicata, prova decisiva, censura la ricostruzione della vicenda sul piano storico compiuta
dai giudici di merito, che, tra l’altro, hanno sottolineato l’ammissione di responsabilità da
parte dell’imputato: ne consegue la manifesta infondatezza delle, peraltro generiche,
doglianze sollevate dall’imputato riguardo alla affermazione della sua responsabilità.
La doglianza relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla
misura della pena, anch’essa intrinsecamente generica e priva di confronto, tantomeno
critico, con la motivazione della sentenza impugnata, è manifestamente infondata.
Va al riguardo ricordato che, secondo giurisprudenza consolidata di questa
Corte, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è necessaria
una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, essendo sufficiente la indicazione degli elementi ritenuti decisivi e
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri. Il preminente e decisivo rilievo
accordato all’elemento considerato implica infatti il superamento di eventuali altri
elementi, suscettibili di opposta e diversa significazione, i quali restano implicitamente
disattesi e superati. Sicché anche in sede di impugnazione il giudice di secondo grado può
trascurare le deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame quando abbia
individuato, tra gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., quelli di rilevanza decisiva ai fini
della connotazione negativa della personalità dell’imputato e le deduzioni dell’appellante
siano palesemente estranee o destituite di fondamento (cfr. Sez. 6, n. 34364 del
16.6.2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013, Banic, Rv. 256172;
Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).

1

giudiziaria se egli avesse effettivamente lanciato qualcosa verso il terreno di gioco della

L’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state
prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una
valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior
rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni
preponderanti della decisione non può, purchè congrua e non contraddittoria, essere
sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato.
La corte territoriale, sia pure con motivazione stringata, ha negato la

a cagione dei precedenti penali, ritenendo assolutamente prevalente il richiamo, sia pure
implicito, alla personalità negativa dell’imputato, quale emergente dal certificato penale,
per negare l’invocato beneficio e confermare la misura della pena.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la genericità, il
contenuto non consentito e la manifesta infondatezza delle doglianze cui è stato affidato.
L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale
prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta
inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di
impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una
eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione
impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez.
un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli,
Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del
20/11/2014, Rasizzi Scalora, Rv. 261616).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

concessione delle circostanze attenuanti generiche e ha confermato la misura della pena

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