Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5449 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5449 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GAZZARA SANTI

Data Udienza: 22/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
TORINO
nei confronti di:
ZOHOUNGBOGBO MATHIAS CHRISTIAN N. IL 24/02/1941
GOBBATO ROSA ANNA N. IL 09/06/1945
inoltre:
ZOHOUNGBOGBO MATHIAS CHRISTIAN N. IL 24/02/1941
GOBBATO ROSA ANNA N. IL 09/06/1945
avverso la sentenza n. 1356/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
10/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Al
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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Torino, con sentenza del 3/5/2011, dichiarava Mathias
Christian Zohunbogbo responsabile del reato di cui agli artt. 81 cod.pen.,
83, d.P.R. 309/90, per avere prescritto preparati galenico magistrali
contenenti stupefacenti, in assenza di indicazioni terapeutiche ( capi A e B
relazione al co. 4 del d.P.R. 309/90, perché, fuori dalle ipotesi previste
dall’art. 75, prescrivendo ai pazienti residenti all’estero i preparati
galenico magistrali anoresizzanti, contenenti dietilpropione e clorazepato
e procurando loro la fornitura diretta del farmaco nei paesi di residenza,
ne effettuava direttamente la vendita: segnatamente, dopo essersi fatto
preparare il medicinale dalle farmacie, lo ritirava e lo deteneva presso di
sé; ne riceveva il pagamento da coloro che seguivano le sue terapie;
emetteva le fatture relative alla vendita ed effettuava anche la
esportazione, spedendo il prodotto a mezzo corriere ai pazienti preso le
loro residenze nei paesi esteri, oppure lo consegnava personalmente a
soggetto incaricato per il ritiro; in molteplici occasioni procurava,
deteneva per la vendita, cedeva ed esportava sostanze stupefacenti e
psicotrope, contenute nella tabella II, sezione B, del citato d.P.R. 309/90,
in difetto di autorizzazione, ex art. 17, co. 1, e senza il permesso alla
esportazione, co. 3, citato decreto, senza avere richiesto nessuno dei due
predetti titoli abilitativi.
Inoltre, l’imputato, quale medico chirurgo, e Rosa Anna Gobbato,
quest’ultima quale rapp.te legale della società La Magistrale s.r.I.,
venivano riconosciuti responsabili, in concorso tra loro, del reato di cui
agli artt. 81 cpv e 73, co. 1, in relazione al co. 4, d.P.R. 309/90, perché il
primo indirizzava i clienti ad acquistare direttamente i preparati galenico
magistrali presso la sede della predetta società, la seconda, perché
effettuava materialmente la vendita dei prodotti, emetteva le fatture e

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della rubrica ); del delitto di cui agli artt. 81 cpv cod.pen. e 73, co. 1, in

provvedeva alla spedizione degli stessi, cedendo così sostanze
stupefacenti e psicotrope, contenute nella tabella ut supra indicata in
difetto di ogni autorizzazione; nel capo e) della imputazione si contestano
fatti identidi a quelli di cui al capo d), commessi in periodi differenti, dal
29/1/2004 al 6/6/2006; del delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv e 348
cod.pen, perché gli imputati, nelle rispettive qualità di medico e di legale
prescrizione e vendita dei prodotti sanitari esercitavano abusivamente la
professione di farmacista.
Il Tribunale, quindi, condannava lo Zohoungbogbo alla pena di anni 8 e
mesi 2 di reclusione ed euro 35.000,00 di multa, con applicazione delle
pene accessorie; la Gobbato ad anni 3 e mesi 6 di reclusione ed euro
14.000,00 di multa.
La Corte di Appello di Torino, chiamata a pronunciarsi sull’appello
interposto nell’interesse dei prevenuti, con sentenza del 10/6/2013, in
parziale riforma del decisum di prime cure, ha assolto gli imputati dai
reati ad essi rispettivamente ascritti ai capi a), b), c), d) ed e) perché il
fatto non sussiste; ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli
stessi in ordine al reato contestato al capo f), limitatamente ai fatti
commessi fino al 14/10/2005, per intervenuta prescrizione; riconosciute
allo Zohoingbogbo le attenuanti generiche, ha rideterminato la pena per i
residui delitti di cui al predetto capo f) in mesi 1 di reclusione per ciascuno
dei prevenuti, con concessione in favore dell’imputato dei doppi benefici
• di legge e per la Gobbato del beneficio ex art. 163 cod.pen.., con
conferma nel resto.
Avverso detta pronuncia hanno proposto ricorsi per cassazione il
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Torino e gli imputati, a
mezzo dei rispettivi difensori.

rappresentante societario, come indicato prima, con l’attività di

Con i motivi di annullamento, formulati nel ricorso del Procuratore
Generale si contestano le assoluzioni dello Zohoungbogbo dai reati di cui
agli artt. 83, 73, co. 1 e 4, d.P.R. 309/90, e della Gobbato dai reati di cui
agli artt. 110 cod.pen. e 73, d.P.R. 309/90, denunciando la inosservanza o
la erronea applicazione della legge penale.

giurisprudenza di legittimità, omettendo, però, di considerare il principio
affermato nella pronuncia n. 17266/2009, secondo il quale occorre
sommare le dosi di sostanza cedute, laddove ognuna non supera la soglia
drogante, limite questo, nella specie, ampiamente oltrepassato, come
emerso dalla verifica delle prescrizioni terapeutiche, disposte
dall’imputato ai pazienti.
Di poi, ha errato la Corte territoriale nell’applicare la normativa sugli
stupefacenti, limitando la propria attenzione agli effetti ( ritenuti
mancanti ) a lungo termine dalla assunzione delle pastiglie, cioè alla
assenza di dipendenza, col tralasciare di considerare gli effetti immediati.
Ulteriori carenze motivazionali sono riscontrabili, ad avviso del ricorrente,
in ordine alla prescrizione da parte del prevenuto delle terapie de quibus
a soggetti non obesi e ai mqltissimi casi di escalation nel dosaggio della
terapia ad altri soggetti, circostanza questa comprovante la assuefazione
e la tolleranza raggiunta da costoro alle cure mediche praticate.
Da ultimo, la Corte territoriale dimostra di non avere fatto buon governo
del principio affermato dal giudice di legittimità ( sent. n. 16185/2013 ),
secondo cui occorre, nel valutare la esistenza di concreto effetto
drogante, fare riferimento al superamento dei limiti ammessi dalla
farmacopea ufficiale a fini terapeutici per la sostanza oggetto di
prescrizione: nella specie la quantità di dietilpropione, prescrivibile a
soggetto obeso, prevista dalla farmacopea ufficiale è di 75 mg. al giorno;

In sintesi, ad avviso del Procuratore ricorrente, la Corte ha richiamato la

orbene, in molti casi esaminati e riportati dagli stessi periti, l’imputato ha
prescritto 35 mg. per 3 volte al dì, anche per 6 mesi, continuativamente,
anche a soggetti non affetti da obesità.
Il Procuratore Generale ha inoltrato in atti memoria con motivi aggiunti, il
cui contenuto è esplicativo delle censure sollevate in ricorso, sulle quali

La difesa dell’imputato, con il primo motivo di annullamento, ha eccepito
la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 348
cod.pen., in dipendenza di una errata interpretazione del disposto
normativo, art. 5, d.Lvo 219/06; in ogni caso l’assunto della Corte è da
ritenere contraddittorio in dipendenza della rilevata non caratteristica
drogante del farmaco somministrato dal prevenuto; ulteriore errore in cui
è incorsa la Corte di merito è riscontrabile laddove la stessa non ha
riconosciuto la mancanza di colpevolezza dell’imputato per il reato
contestato al capo f) — esercizio abusivo di professione di farmacista -, in
riferimento al mancato riconoscimento dell’effetto scriminante
dell’errore su legge extrapenale, che completa il precetto di cui all’art.
348 citato, ex art. 47 cod.pen., o, in subordine, ai sensi dell’art. 5
cod.pen., come risultante dall’effetto correttivo della sentenza n.
364/1988 della Corte Costituzionale.
La stessa difesa ha inoltrato in atti memoria, con la quale specifica
ulteriormente le ragioni poste a sostegno dei motivi di impugnazione,
contestando, inoltre, le censure mosse dal Procuratore Generale e
chiedendo il rigetto del ricorso da questi avanzato.
Con il ricorso proposto nell’interesse della Gobbato, si eccepisce la
insussistenza degli elementi concretizzanti il reato ex art. 348, anche in
relazione all’art. 119 cod.pen;

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insiste.

-violazione degli artt. 5, 47, 51, 59, 348 cod.pen. e 5 e 94 d.Lvo 219/06,
visto che la Corte di merito ha errato nel non ritenere la scusabilità
dell’errore in cui è incorsa l’imputata, determinante la applicazione della
scriminante invocata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

avanzate dagli imputati sono da ritenere inammissibili.
Il giudice di seconde cure ha radicalmente capovolto le conclusioni cui era
pervenuto il Tribunale, così addivenendo ad una pronuncia assolutoria dei
prevenuti da tutti i capi di imputazione inerenti le contestate violazioni
degli artt. 83 e 73, d.P.R. 309/90, col ritenere priva di offensività la
condotta posta in essere dallo Zohounbogbo e dalla Gobbato.
Ad avviso della Corte territoriale il prescrivere, in assenza di esigenze
terapeutiche, nonché il vendere ed esportare, sostanze stupefacenti,
quale il dietilpropione e il clorazepato, non concretizzerebbe i reati
contestati, in quanto i principi attivi, contenuti nelle singole capsule
sarebbero, sostanzialmente, inidonei a produrre un pur minimo effetto
drogante, e ciò sulla base delle risultanze peritali, acquisite in atti.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata pronuncia, in
correlato alle censure mosse nel ricorso del P.G., determina la necessità
di procedere alle seguenti riflessioni.
Il decidente, preliminarmente, evidenzia come, ai fini della configurabilità
dei reato ex art. 73, d.P.R. 309/90, sia necessario dimostrare, con assoluta
certezza, che il principio attivo, contenuto nella dose destinata allo
spaccio, sia di entità tale da potere produrre un effetto drogante, così che
deve escludersi penale rilevanza ad una condotta che abbia ad oggetto
quantitativi di stupefacente privi, in concreto, di una minima offensività.

Il ricorso del Procuratore Generale è fondato; mentre le impugnazioni

Di poi, lo stesso

decidente, richiama le risultanze a cui è pervenuto il

collegio dei periti, nominato in sede di appello, concludendo per la
insussistenza di offensività, in quanto nelle singole compresse la sostanza
drogante risulta essere di 20, 30, 35 mg.; dunque, di gran lunga al di sotto
della soglia limite, fissata ex lege in 75 mg..

confermare, qualora ce ne fosse stato bisogno, visto che le sostanze in
questione risultano indicate nelle tabelle allegate al d.P.R. 309/90, che il
dietilpropione e il clorazepato sono classificate come stupefacenti, la cui
assunzione può determinare effetti del tutto negativi, non solo alla psiche
dell’assuntore, ma anche a livello cardiaco e respiratorio dello stesso.
Il discorso giustificativo, sviluppato in sentenza, appare, pertanto, del
tutto illogico e distonico in relazione alle violazioni contestate ai
prevenuti, per diversi aspetti, resi evidenti nei motivi di annullamento
formulati dal Procuratore Generale:
-si palesa del tutto fuori luogo il richiamo, effettuato dal giudice di
seconde cure, al criterio della concreta efficacia drogante, riferito solo alla
mancata insorgenza nei pazienti di assuefazione, tolleranza o dipendenza
dalla sostanza stupefacente, ed è da considerare ancora più illogica la
argomentazione sulla assenza di offensività delle condotte di offerta in
vendita, nonché di esportazione, riferito alle singole capsule, quando
risulta dagli atti che il preparato galenico magistrale veniva venduto in
confezioni da 90 capsule ciascuna, per un mese di terapia, e spesso le
transazioni commerciali avevano per oggetto un numero di 24 confezioni
di dietilpropione e di clorazepato ( per complessivi 64.800 mg. del primo e
di 4.320 del secondo stupefacente ); così che, con netta evidenza, lo
stupefacente venduto superava di gran lunga la soglia di legalità e di
inoffensività;

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Va osservato, sul punto, che la relazione peritale ha permesso di

-la soluzione adottata dalla Corte territoriale va, peraltro, a scontrarsi con
un dato fattuale incontestabile, consistente nella circostanza che la
fabbricazione, l’importazione e il commercio e l’uso del dietilpropione
nelle preparazioni galenico-magistrali è assolutamente vietato, per le
conseguenze negative che lo stesso determina negli assuntori, in quanto
considerato tra le sostanze stupefacenti di più elevata pericolosità ( D.M.

2/8/2011).
Si ribadisce che la Corte territoriale ha escluso la rilevanza penale delle
condotte contestate in quanto non risultano rilevati nei pazienti
dell’imputato, assuntori del prodotto in questione, stati di dipendenza,
tolleranza o assuefazione, non considerando, però, gli effetti negativi
immediati sul sistema nervoso centrale, derivanti dalla somministrazione
di dette sostanze, effetti negativi ben riconosciuti dalla clinica medica.
Sul punto si rileva che:
-l’azione anoressizzante, per la quale vengono utilizzate nelle diete le
sostanze anfetamino-simili, come il dietilpropione, consiste in un effetto
stupefacente della sostanza medesima, che agisce a livello del sistema
nervoso centrale, permettendo al soggetto-assuntore di ridurre la
percezione della fatica e della fame ed incrementando le capacità
intellettive di attenzione e concentrazione; poiché nella azione
psicoanaelettica del dietilpropione il beneficio rappresentato dalla
riduzione di fame è inscindibilmente accompagnato dalla azione
psicostimolante e, dunque, dall’aumento del senso di eccitazione, per
bilanciare quest’ultimo necessita ricorrere all’impiego simultaneo di altri
stupefacenti, aventi azione opposta ( psicoelittica ), quali sedativi e
tranquillanti ( il clorazepato ), che a loro volta creano stati di dipendenza
negli assuntori.

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Nel caso in esame, come emerso dagli atti processuali, appare evidente
che l’imputato era perfettamente cosciente dell’effetto psicoanalettico,
determinato dal dietilpropione, visto che prescriveva, in parallelo, la
costante somministrazione di clorazepato, al fine di attenuare l’ effetto
causato dal primo.

nei preparati galenici de quibus, impedisce, di per sé sola, di escludere la
messa in pericolo dei beni tutelati dalla norma incriminatrice, e, quindi,
rende ravvisabile la sussistenza della cosiddetta offensività in astratto, a
cui deve necessariamente seguire una valutazione adeguata e logica da
parte del giudice di merito, al fine di ritenere o meno la ravvisabilità di
violazioni alla normativa di cui al d.P.R. 309/90; logicità ed adeguatezza
non riscontrate nella motivazione della impugnata pronuncia.
La Corte territoriale, sul punto, ha seguito un iter argomentativo non
corretto, discostandosi dalla problematica processuale, per la cui
soluzione si richiede di apprezzare se le condotte poste in essere dai
prevenuti siano da considerare concretizzanti i reati di cui ai capi di
imputazione, ex art. 73 e 83, d.P.R. 309/90, alla luce della qualificazione
del dietilpropione e del clorazepato quali stupefacenti.
Quanto ai ricorsi proposti nell’interesse degli imputati, ne va dichiarata la
inammissibilità.
La difesa sostiene la insussistenza del fatto tipico e della colpevolezza dei
prevenuti in relazione al delitto di esercizio abusivo della professione di
farmacista, col sostenere che le preparazioni galeniche sarebbero
sottratte al generale regime di autorizzazione, proprio dei normali
prodotti farmaceutici, in dipendenza del disposto di cui all’art. 5, d.Lvo
219/2006, che rende perfettamente lecito, da parte del medico
prescrivente, detenere e consegnare i preparati medesimi.

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Orbene, l’accertata qualità di sostanza stupefacente di quanto contenuto

Orbene, sul punto rilevasi, in primis, clle il citato art. 5 prevede la non
applicazione delle disposizioni del titolo III, in tema di immissione in
commercio, “ai medicinali preparati su richiesta scritta non sollecitata dal
medico su un determinato paziente proprio o della struttura in cui opera,
sotto la sua diretta e personale responsabilità; nella specie risulta che i

Secondariamente, come a giusta ragione evidenziato dalla Corte
distrettuale, è da escludere che l’art. 5, d.Lvo 219/2006 prevalga sull’art.
45, co. 4, d.P.R. 309/90, con cui viene disposto che la dispensazione dei
medicinali di cui alla tabella Il, sez. B, ( tra i quali, come detto, rientrano il
dietilpropione e il clorazepato), è effettuata dal farmacista, dietro
presentazione di ricetta medica, da rinnovarsi volta per volta; di tal chè è
evidente come la vendita dei prodotti, prescritti dall’imputato, concretizzi
esercizio di attività riservata al farmacista, ex art. 348 cod.pen., visto,
peraltro, che “La Magistrale s.p.a.” risulta priva di autorizzazione a
svolgere attività di conduzione di farmacia.
Né è configurabile alcun difetto di colpevolezza, ex art. 5 cod.pen., letto
secondo Corte Costit. N. 364/88, considerato che la specifica
professionalità dei prevenuti ed il contesto organizzato in cui gli stessi
esercitavano la loro attività poneva un rafforzato onere di cautela e di
informazione.
Pertanto, questo Collegio ritiene di dovere annullare

con rinvio la

sentenza impugnata, con esclusione del reato di cui al capo F) della
imputazione, affinchè il giudice ad quem, proceda a nuovo esame, in
dipendenza delle osservazioni ut supra svolte, sulla sussistenza dei reati
ex artt. 73 e 83, d.P.R. 309/90 contestati ai prevenuti. Dichiara
inammissibili i ricorsi avanzati dagli imputati, i quali vanno condannati al
pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa
delle Ammende della somma di euro 1.000,00 ciascuno, ex art. 616
cod.proc.pen..

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preparati erano spediti a casa dei destinatari delle prescrizioni.

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con
esclusione del capo F) della imputazione e rinvia ad altra sezione della
Corte di Appello di Torino; dichiara inammissibili i ricorsi degli imputati e
condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
1.000,00.
Così deciso in Roma il 22/11/2013.

al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro

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