Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5440 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5440 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI BELLA ANTONIO N. IL 17/08/1978
DEL DO’ KARIN N. IL 10/04/1975
avverso la sentenza n. 938/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
19/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 20/09/2013

Ritenuto in fatto e in diritto.

Con sentenza del 19.4.2012 la corte d’appello di Trieste confermava la sentenza
emessa dal Tribunale di Udine il 25.1.2011, di condanna di DI BELLA Antonio per il
reato di incendio e di DEL DO Karin per il reato di favoreggiamento personale,
rispettivamente alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione e mesi otto di reclusione. La
Corte condivideva il discorso giustificativo del primo giudice, alla luce: a) del contributo

targa ed il tipo di autovettura a bordo della quale videro fuggire il soggetto con tanica
che ebbe ad incendiare le auto della ditta ISKD; b) degli accertamenti di polizia che
portarono ad individuare poco dopo la vettura indicata ( sia nel tipo che nella targa )
come quella usata dal Di Bella; c) dei numerosi contatti telefonici intercorsi prima del
fatto tra il Di Bella e Mauro Emanuele (debitore delle vittime) in orari notturni; d) della
telefonata fatta dall’imputato alla Del Do alle ore 0,59 nella notte in cui venne
appiccato il fuoco; e) del contenuto menzognero delle dichiarazioni della Del Do che ebbe
a negare gli spostamenti del Di Bella in quella notte, nonostante i dati documentali
raccolti.

Avverso detta sentenza, hanno interposto ricorso per cassazione gli imputati, pel
tramite del comune difensore, per dedurre : 1) mancanza , contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione, quanto al fatto di avere avuto il Di Bella rapporti di lavoro
con il Mauro che giustificavano anche i contatti notturni; 2) illogicità della motivazione in
ordine al movente, atteso che il Mauro, che si ipotizzò essere stato il mandante
dell’incendio, fu assolto dal reato di estorsione.

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati e tendono a stimolare una
ricostruzione alternativa di fatti che non è consentita in sede di legittimità. La Corte ha
adeguatamente motivato, ancorando la decisione alle evidenze disponibili correttamente
recepite dai flussi informativi e correlate tra loro, in una sequenza assolutamente
ineccepibile sotto il profilo logico, che ha portato a valorizzare i dati testimoniali ed i
riscontri dei tabulati telefonici, fino al punto da dimostrare il carattere menzognero delle
indicazioni offerte dalla Del

lào.

Trattasi di operazione ricostruttiva assolutamente

immune da mende, poiché fattasi carico degli argomenti a contrario che sono stati
adeguatamente superati; tanto più che in sede di controllo di legittimità non può
essere sostituita la ricostruzione operata con altra ritenuta più persuasiva, poiché detto
controllo a sua volta si risolve in una valutazione sulla reale esistenza della motivazione
e sulla permanenza della resistenza logica del ragionamento seguito , essendo preclusa
la rilettura dei dati di fatto o l’adozione di nuovi e diversi parametri preferiti a quelli
adottati nei gradi di giudizio precedenti, ancorchè dotati di migliore capacità esplicativa

testimoniale di Milanese e Cagnina che riferirono alle forze dell’ordine il numero di

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare
in euro mille ciascuno, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille, ciascuno, in favore della cassa della ammende.
Così deciso in Roma, 20 Settembre 2013.

p.q.m.

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