Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 543 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 543 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 05/07/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Dominioni Carlo Nunzio, nato a Varese il 12.10.1974, avverso la
sentenza pronunciata in data 19.6.2012 dal tribunale di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Eduardo Vittorio Scardaccione, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 19.6.2012 il tribunale di Milano, in
composizione monocratica, in qualità di giudice di appello, confermava la
sentenza con cui il il giudice di pace di Milano, in data 27.6.2011, aveva
condannato Dominioni Carlo Nunzio, imputato dei reati di cui agli artt.

N

t

594 e 612, c.p., commessi in danno di Puglisi Antonella, alle pene
ritenute di giustizia.
2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia,
lamentando il vizio di cui all’art. 606, co. 1, lett. d), c.p.p., in relazione

2.1 In particolare il ricorrente contesta la decisione della corte
territoriale di non avere acquisito, al pari del giudice di pace che aveva
rigettato con ordinanza la relativa richiesta istruttoria, le registrazioni di
diciotto conversazioni telefoniche intercorse tra la persona offesa e
l’imputato, salvate su supporto magnetico, prova documentale ritenuta
da quest’ultimo decisiva, perché dal contenuto delle suddette
conversazioni si sarebbe potuto comprendere esattamente quale fosse il
clima dei rapporti tra i membri del nucleo familiare Dominioni-Puglisi e
“soprattutto la veridicità delle dichiarazioni rese in dibattimento dalla
persona offesa e dai suoi familiari”, escussi in qualità di testimoni, sulle
quali si fonda in via esclusiva l’affermazione di responsabilità del
Dominioni.
Nel negare l’acquisizione delle menzionate registrazioni, il tribunale ha
violato il diritto dell’imputato all’ammissione delle prove a discarico sui
fatti oggetto delle prove a carico, sancito dall’art. 495, co. 2, c.p.p.,
trattandosi, peraltro, di documenti, provenienti dallo stesso imputato,
legittimamente utilizzabili ai sensi dell’art. 234, c.p.p., acquisibili anche
d’ufficio, giusto il disposto dell’art. 237, c.p.p.
3. Con motivi nuovi, depositati il 19.6.2013, il ricorrente reiterava le
doglianze in precedenza indicate, evidenziando come dal contenuto delle
conversazioni di cui ha chiesto l’acquisizione, di cui riportava dei brani a
titolo di esempio, emerga l’infondatezza delle accuse formulate a carico
dell’imputato, ed, in particolare, l’atteggiamento estremamente offensivo
ed irridente della persona offesa nei suoi confronti.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei
motivi che lo sostengono.

2

alla mancata assunzione di una prova decisiva.

5. Come è noto, infatti, per prova decisiva, la cui mancata assunzione
può costituire motivo di ricorso per cassazione, deve intendersi solo
quella che, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a
sostegno della decisione, risulti “determinante” per un esito diverso del
processo. Per l’effetto, tale vizio è ravvisabile solamente quando la prova

in motivazione a sostegno e illustrazione della decisione, risulti tale che,
se esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia
(cfr., ex plurimis, Cass., sez. II, 21/09/2010, n. 36276, P. e altro; Cass.,
sez. III, 15/06/2010, n. 27581, M., rv. 248105).
Orbene che la prova di cui si lamenta la mancata assunzione abbia
questa attitudine ad intaccare la struttura portante della sentenza di
condanna risulta assolutamente indinnostrato dal ricorrente ed, anzi,
viene escluso, con motivazione immune da vizi logici, come tale non
censurabile in sede di legittimità, sia dal tribunale che dal giudice di
pace (la cui ordinanza di rigetto, sul punto, è richiamata dal giudice di
secondo grado), che la ritengono palesemente superflua, in quanto, da
un lato le conversazioni di cui si discute si sono svolte in un periodo
diverso da quello di consumazione dei reati per cui si è proceduto,
dall’altro le dichiarazioni della persona offesa sono state oggettivamente
riscontrate da quanto riferito da Puglisi Annamaria, sorella della persona
offesa, e da Dominioni Carlo, figlio dell’imputato e della Puglisi
Antonella, citato in qualità di teste nel giudizio di secondo grado proprio
dal prevenuto.
Nessuna violazione, dunque, del principio previsto dall’art. 495, c.p.p.,
secondo cui a fronte dell’ammissione di prove a carico, l’imputato ha
diritto all’ammissione delle prove a discarico sui fatti costituenti oggetto
delle prime, si è verificato nel caso in esame, posto che tale principio,
come affermato dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte,
non si applica nel caso di prove manifestamente superflue o irrilevanti
(cfr., ex plurimis, Cass., sez. VI, 21/01/2013, n. 8700, L. e altro, rv.
254585).

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7AT

richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni formulate

I

6.

Né va taciuto che, come si evince dal verbale dell’udienza del

30.5.2012, allegato ai motivi nuovi dal ricorrente, la rinnovazione
istruttoria, negata dal giudice di secondo grado, aveva formato oggetto
di una sollecitazione al giudice di pace, affinché utilizzasse i poteri di
integrazione istruttoria ex art. 507, c.p.p., che il giudice di primo grado

decidere, l’acquisizione delle registrazioni innanzi menzionate.
Tale circostanza determina una ulteriore ragione di inammissibilità del
ricorso, posto che, come affermato dalla prevalente giurisprudenza di
legittimità, condivisa dal Collegio, la mancata assunzione di una prova
decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – può essere
dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta
l’ammissione a norma dell’art. 495, secondo comma, cod. proc. pen., e
non nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte
attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri
discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen.
e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (cfr.
ex plurimis, Cass., sez. II, 18/12/2012, n. 841, B., rv. 254052).
7. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso va, dunque, dichiarato
inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p.,
al pagamento delle spese del procedimento, nonché, in favore della
cassa delle ammende, di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che
appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto conto della evidente
inammissibilità del ricorso, facilmente evitabile dallo stesso ricorrente,
che, quindi, non può ritenersi immune da colpa nella determinazione
delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n.
186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 5.7.2013

aveva disatteso, non ritenendo assolutamente necessaria, al fine del

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