Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 54052 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 54052 Anno 2017
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BEY MOEZ nato il 20/06/1970

avverso l’ordinanza del 05/06/2017 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA.
Sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO COSTANZO;
sentite le conclusioni del PG SIMONE PERELLI il quale conclude per il rigetto del
ricorso.
Udito il difensore avvocato PASSALACQUA GIOVANNI del Foro di ROMA, sostituto
processuale dell’avvocato GAGLIANI NICOLETTA del foro di RIMINI, che insiste
per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 07/11/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con ordinanza del 6/06/2017, il Tribunale di Bologna ha confermato la
misura della custodia cautelare in carcere applicata a Moez Bey a seguito del suo
arresto in flagranza per detenzione illecita di stupefacenti (complessivi grammi
321 lordi di eroina, di cui 44 suddivisi in 18 dosi e 277 in un panetto) ex artt.
110 cod. pen. e 73, comma 1, e 86 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.

annullarsi l’ordinanza per vizio di motivazione: a) circa

i gravi indizi di

colpevolezza, per avere escluso che la condotta del ricorrente sia riconducibile al
caso di connivenza non punibile; b) circa le esigenze cautelari e la adeguatezza
della misura applicata, per avere trascurato l’assenza di una perizia tossicologica
che connoti la gravità della condotta in relazione all’effettiva forza drogante della
sostanza sequestrata e il tempo trascorso dai precedenti specifici (risalenti al
2002) del ricorrente.

3. Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato. Le deduzioni
sviluppate trattano genericamente la questione della differenza fra concorso nel
reato e connivenza non punibile senza specifici riferimenti al caso in esame.
Invece, come evidenziato dal Tribunale, in occasione dell’udienza di convalida
l’indagato ha ammesso di avere accettato di custodire per qualche giorno per
conto di un albanese di nome Kleidi e per un compenso di 200 euro la sostanza
stupefacente suindicata. Su queste basi, il Tribunale ha adeguatamente
argomentato che non è escluso che Bey detenesse per conto proprio la sostanza,
e che, comunque, la sua ammissione rivela la consapevolezza della destinazione
della sostanza allo smercio e, allo stesso tempo, palesa un concreto contributo
causale alla detenzione illecita in termini di concorso nel reato. Deve osservarsi,
infatti, che, mentre nella connivenza non punibile l’agente mantiene un
comportamento meramente passivo, inidoneo a contribuire alla realizzazione del
reato, nel concorso di persona, invece, partecipa (moralmente o materialmente)
alla condotta criminosa altrui in forme che la agevolino e tale è il caso della
custodia di droga nella propria abitazione per agevolare la detenzione (ex multi:
Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015, Rv. 265167; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015,
Rv. 264454; Sez. 6, n. 44633 del 31/10/2013, Rv. 257810).

4. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Non è
contestato che la sostanza abbia natura di eroina (tale, del resto, è risultata al
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2. Nel ricorso di Bey e nei motivi nuovi depositati il 25/10/2017 si chiede

narcotest). Su questa base, il Tribunale ha congruamente argomentato che il
ricevere in custodia una quantità di sostanza stupefacente consistente e, quindi,
di rilevante valore economico rivela l’esistenza attuale di legami con ambienti
dediti al traffico di stupefacenti, peraltro avvalorati dai precedenti specifici
dell’indagato. Inoltre, con ragionevole valutazione ha escluso l’idoneità di misure
meno restrittive della custodia in carcere a garantire le esigenze cautelari,
considerando il luogo (la sua abitazione) in cui ha detenuto la droga, così da non
potersi escludere che nello stesso luogo possa reiterarne la detenzione, non

Quanto al possesso di documenti “intestati a soggetti terzi”, sul quale non
implausibilmente il Tribunale ha fondato il rischio che Bey si sottragga
definitamente ai controlli allontanandosi dal luogo di restrizione, deve registrarsi
che solo apoditticamente e, comunque, entrando nel merito della ricostruzioni
dei fatti, nel ricorso si afferma che essi erano nella disponibilità non dell’indagato
ma del titolare del residence in cui alloggia.

5. Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso deriva, ex art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma che
risulta congruo determinare in euro 2000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000 in favore della cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 7/11/2017

ostacolata dalla eventuale applicazione del cosiddetto braccialetto elettronico.

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