Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 54041 del 07/11/2017

Penale Sent. Sez. 6 Num. 54041 Anno 2017
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
GA

GB

avverso la sentenza del 11/01/2017 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone
Perelli, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore, Avv. Enzo Musco per GB, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso con annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 11/1/2017 la Corte di appello di Milano in parziale
riforma di quella del Tribunale di Milano in data 6/7/2015, ha concesso a
GB il beneficio della non menzione, per il resto confermando il
giudizio di penale responsabilità del predetto e di GA per il delitto di

Data Udienza: 07/11/2017

resistenza in danno di Venerus Stefano, agente della Polizia Locale di Segrate,
nei cui confronti era stata spruzzata sostanza urticante con una bomboletta.

2. Ha proposto ricorso GB tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di norme stabilite a pena di
nullità agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in relazione agli
artt. 96, 369-bis, 415-bis e 552 cod. proc. pen.
Richiamati gli snodi della vicenda processuale e le eccezioni al riguardo

l’eccezione era stata respinta, il ricorrente segnala come la Corte avesse
reputato che sulla base di facta concludentia potesse ritenersi che, in ragione
della presenza dello stesso all’atto della redazione del verbale di identificazione e
di elezione di domicilio e della sua indicazione come domiciliatario, l’Avv. Luca De
Simone fosse stato nominato dall’imputato difensore di fiducia, cui erano stati
poi notificati anche in proprio sia l’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. sia il
decreto di citazione, notifica che tuttavia in questo caso il legale aveva respinto,
negando la propria veste di difensore.
Osserva il ricorrente che, pur a fronte di un quadro giurisprudenziale non
univoco, la nomina del difensore deve avvenire formalmente e che solo quando
venga in rilievo in bonam partem l’esigenza di assicurare l’esercizio del diritto di
difesa possa darsi rilievo a facta concludentia, idonei a rappresentare la volontà
dell’imputato di avvalersi di un determinato difensore.
Nel caso di specie l’assunto dell’avvenuta nomina

per facta concludentia

avrebbe comportato un effetto negativo per l’imputato che si sarebbe visto
imporre un difensore da lui non scelto, tanto che nel momento, in cui avrebbe
potuto formalizzare la nomina, ciò non aveva fatto, solo in un secondo momento,
allorché dopo il rifiuto dell’Avv. De Simone gli era stato nominato un difensore di
ufficio, avendo provveduto alla nomina di difensore di fiducia.
Su tali basi si sarebbe dovuta rilevare la nullità prevista dall’art. 369-bis cod.
proc. pen. e la mancata notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. a
difensore correttamente individuato, con conseguente regresso del procedimento
alla fase delle indagini preliminari.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.,
con riferimento alla ritenuta configurabilità del concorso di persone nel reato.
Richiamate le motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado e i
principi sui quali si fonda il concorso di persone nel reato, il ricorrente segnala
come nel caso di specie il concorso dell’GB fosse stato indebitamente
ravvisato sulla base di un travisamento delle risultanze processuali, essendo

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formulate in primo grado e in sede di appello nonché le motivazioni con cui

emerso che il ricorrente era salito a bordo della vettura, allorché il fratello GA
aveva spruzzato con la bomboletta il liquido urticante verso l’agente Venerus,
con la conseguenza che non era ravvisabile alcun contributo di lui in ordine alla
consumazione del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, in assenza di elementi
dai quali potesse desumersi una pregressa pianificazione della condotta.
Semmai a carico dell’GB sarebbe potuto configurarsi il delitto di
favoreggiamento per il fatto di aver propiziato l’allontanamento del fratello a
bordo della vettura da lui condotta, fermo restando che il fatto non sarebbe stato

dell’applicazione della relativa causa di non punibilità, che fosse o meno
ravvisabile un pericolo non volontariamente causato.
2.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione alla sussistenza dell’elemento
psicologico.
La Corte aveva ritenuto ravvisabile il coefficiente psicologico sulla base di un
travisamento della prova, avendo affermato che il Venerus in relazione allo
svolgimento di compiti di controllo presso gli uffici della Polizia Locale avrebbe
dovuto reputarsi in divisa, quando in realtà era emerso che il Venerus operava
presso il Centro Civico di Milano, fermo restando che per il regolamento di Polizia
Locale, all’uopo allegato, sono configurabili casi nei quali è previsto che non
venga indossata la divisa.
La Corte si era dunque basata su un presupposto affermato senza aver
raggiunto una prova certa al di fuori di ogni ragionevole dubbio.
2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione
ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione alla
commisurazione della pena.
Nonostante il ruolo marginale ricoperto dall’GB, la Corte aveva
indebitamente avallato il criterio di muovere per entrambi gli imputati dalla
stessa pena base, anche se poi erano state applicate le attenuanti generiche,
relativamente all’GA reputate equivalenti alla contestata recidiva.

3. Ha proposto ricorso GA tramite il suo difensore.
3.1. Con il primo motivo deduce nullità della sentenza per violazione di
norme processuali stabilite a pena di nullità agli effetti dell’art. 606, comma 1,
lett. c), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 369-bis, 415-bis, 180 e 181 cod.
proc. pen.
Esamina i temi e ripropone gli argomenti di cui al primo motivo di ricorso di
GB, specificamente contestando la motivazione utilizzata dalla
Corte per respingere l’eccezione formulata nell’atto di appello e in particolare il

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punibile ai sensi dell’art. 384 cod. pen., non essendo comunque rilevante, ai fini

fatto che i due fratelli si fossero presentati insieme all’Avv. De Simone e che
l’indicazione contenuta nell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. circa la
mancanza di difensore potesse ascriversi a mero errore materiale.
Inoltre contesta l’assunto della Corte che possa invocarsi a sostegno della
contrastata tesi della nomina per facta concludentia la sentenza delle Sezioni
unite della Corte di cassazione in data 11/7/2006, Scafi.
3.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in

delitto di resistenza.
Richiamati gli orientamenti giurisprudenziali in materia, sottolinea che gli
assunti della Corte territoriale in ordine alla consapevolezza del ricorrente di
essersi trovato al cospetto di un pubblico ufficiale in divisa si fondavano sul
travisamento della prova.
A tal fine vengono esposti argomenti corrispondenti a quelli del terzo motivo
formulato nel ricorso di GB.

4. Ha presentato una memoria nell’interesse di GB il nuovo
difensore, avv. Enzo Musco.
Richiamati i principi sui quali si fonda il concorso di persone nel reato, si
rileva che il ricorrente, restando in attesa in auto, non aveva arrecato alcun
contributo alla realizzazione del reato di resistenza, neppure nella forma del
concorso morale, ferma restando l’irrilevanza della mera resistenza passiva e
quella della semplice fuga in macchina.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati.

2. Va peraltro respinto il motivo con cui i ricorrenti ripropongono l’eccezione
di nullità, riguardante il tema della mancata nomina del difensore di fiducia.
Al riguardo va considerato che la nomina del difensore di fiducia è
disciplinata dall’art. 96 cod. proc. pen. e che peraltro, anche nel caso di mancato
rispetto delle formalità prescritte, possono prendersi in considerazione elementi
che valgano ad attestare, per facta concludentia, la concreta attribuzione ad un
legale dell’incarico defensionale (in tal senso Cass. Sez. 4, n. 34514 del
8/6/2016, Saadoui, rv. 267879; Cass. Sez. 2, n. 31193 del 17/4/2015, Mennini,
rv. 264465; Cass. Sez. 6, n. 16114 del 20/4/2012, Briganti, rv. 252575).

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relazione agli artt. 42 e 337 cod. pen. e con riguardo all’elemento soggettivo del

A tal fine è necessario verificare che la nomina sia comunque riconoscibile
sia dall’A.G. sia dai soggetti interessati, cioè l’imputato o indagato e lo stesso
difensore, in modo che costui sia posto concretamente in grado di avvedersi
dell’incarico a lui affidato e di operare di conseguenza.
In tale prospettiva assume certamente un significato rilevante la circostanza
che in presenza del medesimo legale l’indagato abbia ufficialmente dichiarato di
eleggere domicilio presso di lui, giacché tale scelta di per sé implica un rapporto
fiduciario e il conseguente espletamento di attività nell’interesse dell’indagato,

In tal senso può in effetti richiamarsi quanto osservato dalle Sezioni unite
della Corte di cassazione, allorché, sia pur con riguardo alla posizione della
persona offesa querelante hanno riconosciuto la validità della nomina del
difensore desunta dall’elezione del domicilio presso il legale, che aveva
autenticato la sottoscrizione (Cass. Sez. U. n. 26549 del 11/7/2006, Scafi, rv.
233974).
A tale stregua deve rilevarsi come nel caso di specie gli indagati fossero stati
convocati per la redazione del verbale di identificazione e come in tale
circostanza fosse stato presente a fianco di essi l’Avv. De Simone, presso il quale
entrambi avevano eletto domicilio.
Va aggiunto che nella comunicazione di notizia di reato l’Avv. De Simone era
stato indicato come difensore di fiducia e che successivamente l’avviso ex art.
415-bis cod. proc. pen. era stato notificato all’Avv. De Simone anche in proprio,
quale difensore di fiducia, senza che il legale, si badi, vincolato dal rapporto
fiduciario correlato all’elezione di domicilio, avesse opposto alcunché.
E’ stato dedotto in senso contrario che alla resa dei conti la nomina dell’Avv.
De Simone non vi era stata e che nell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. era
comparsa la scritta «allo stato senza difensore».
Ma in realtà tale secondo elemento risulta irrilevante e ascrivibile ad un
mero errore materiale, come esattamente osservato dai Giudici di merito, sia
perché la scritta compare in calce alle indicazioni riguardanti il solo GB, la cui posizione era tuttavia identica a quella dell’Ailori, sia soprattutto
perché con riguardo a ciascun indagato si faceva espressa menzione del
difensore di fiducia nella persona dell’Avv. Luca De Simone.
L’altro elemento non vale ad attestare che i due indagati in quella fase non
fossero legati da un effettivo vincolo fiduciario all’Avv. De Simone, il quale era
stato presente all’atto dell’identificazione e, come detto, era stato indicato da
entrambi come domiciliatario, circostanze che, valutate congiuntamente,
assumono un valore univoco, fermo restando che in luogo dell’autenticazione
della firma, presa in considerazione nel menzionato caso sottoposto all’esame

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tanto più quando di ciò sia stato dato conto all’A.G. procedente.

delle Sezioni unite, nel caso di specie era valutabile la diretta presenza del legale
dinanzi alla P.G.
Proprio il fatto della presenza dell’Avv. De Simone e della elezione di
domicilio aveva evidentemente indotto la Polizia Giudiziaria ad attribuire a tali
elementi il significato dell’attribuzione dell’incarico defensionale e a non ritenere
necessaria alcuna ulteriore formalizzazione agli effetti dell’art. 369-bis cod. proc.
pen., essendo evidente che gli indagati erano già in grado di confrontarsi con un
legale in quel peculiare contesto di indagine.

in cui si tratti di valorizzare attività defensionale utile alla parte e casi in cui tale
profilo non venga in considerazione: è rilevante invece la circostanza che un
incarico fiduciario fosse stato conferito, avesse diretta attinenza al procedimento
e implicasse sia un diretto collegamento tra il difensore e gli indagati sia la
conoscenza di esso da parte dell’A.G. procedente.
Deve dunque ribadirsi l’infondatezza dell’eccezione.

3. E’ fondato il secondo motivo proposto nell’interesse di GB.
La Corte ha ravvisato il concorso dell’Adriele nel reato di resistenza sulla
base del rilievo che, pur non essendo stato esecutore materiale della condotta
violenta, ascrivibile all’GA, che aveva spruzzato lo spray urticante nei confronti
dell’agente Venerus (intervenuto dopo le richieste di aiuto provenienti da due
soggetti che erano stati aggrediti dai due imputati per ragioni di viabilità), aveva
tuttavia permesso di realizzare la contestata condotta di sottrazione con violenza
all’identificazione, avendo organizzato la fuga in macchina, cui era funzionale
anche la condotta dell’GA.
Ma in tale ottica la Corte ha mostrato di non considerare la struttura del
delitto di resistenza, il quale è integrato non dal fatto che il soggetto agente si
sottragga o cerchi di sottrarsi ad un atto di ufficio del pubblico ufficiale, ma dal
fatto che venga tenuta una condotta minacciosa o violenta, per opporsi al
compimento dell’atto dell’ufficio, essendo invece irrilevante che il risultato
oppositivo venga o meno conseguito.
Correttamente inquadrata la fattispecie, occorre dunque dimostrare che il
soggetto, ove non sia l’autore materiale della condotta violenta o minacciosa,
abbia comunque arrecato uno specifico contributo a quella condotta, pur
ascrivibile a terzi, in modo che possa ravvisarsi la fattispecie concorsuale di cui
all’art. 110 cod. pen.

D’altro canto il contributo può manifestarsi in varia guisa, in particolare nella
forma della partecipazione morale, attraverso la determinazione o il

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Non può darsi rilievo in questo caso alla pur suggestiva distinzione tra casi

rafforzamento della volontà altrui, derivanti dal mandato o dall’istigazione o
dall’incitamento, o in quello dell’agevolazione (Cass. Sez. U, n. 13 del
30/4/1955, rv. 097518), e non implica il previo concerto o il previo accordo, ma
può risolversi in un’intesa istantanea o nell’adesione all’opera di un altro (Cass.
Sez. U. n. 31 del 22/11/2000, dep. nel 2001, Sormani, rv. 218525).
Peraltro l’atipicità del contributo concorsuale non comporta che il Giudice
non debba specificamente motivare sull’esistenza di una reale partecipazione alla
fase ideativa o preparatoria e dar conto della forma in cui si è manifestata in

concorrenti (Cass. Sez. U. n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, rv. 226101).
Ciò significa che il contributo concorsuale avrebbe dovuto essere correlato
alla condotta consumativa e dunque all’uso della violenza o della minaccia
piuttosto che alla finalità di sottrarsi all’attività di identificazione, solo
astrattamente valorizzabile sul piano probatorio come elemento sintomatico della
previa condivisione dell’azione del correo.
In concreto la Corte ha rilevato che l’GB, allontanatosi dall’originario
gruppo di persone, poi raggiunto dall’agente Venerus, si era diretto presso la
propria vettura, essendo salito a bordo di essa ed essendosi spostato di alcuni
metri in attesa dell’GA, che nel frattempo, dopo aver spruzzato lo spray
all’indirizzo dell’agente, si era staccato dagli altri e aveva raggiunto la vettura
con cui i due fratelli si erano allontanati.
Se dunque è stato dato conto di un comune intendimento dei fratelli di
sottrarsi all’identificazione, non è stata puntualmente descritta la successione
delle fasi, in modo da stabilire una correlazione tra l’allontanamento dell’GB
e la sua attesa in macchina da un lato e l’azione violenta dell’GA dell’altro, e
dunque non è stata fornita una concreta motivazione, salvo il ricorso a rilievi
apodittici, in ordine alle modalità con cui GB, sulla base di una previa intesa
o sulla base della previa condivisione della specifica azione violenta del fratello o
ancora sulla base dell’agevolazione della stessa attraverso la predisposizione
della fuga, avrebbe contribuito alla violenta condotta oppositiva GA, fermo
restando che la fuga in macchina non risulta essere stata di per sé
contrassegnata da pericoli per le persone e per la circolazione.
Di qui la configurabilità di una violazione di legge nell’apprezzamento della
fattispecie concorsuale e di un vizio di motivazione, che impongono
l’annullamento della sentenza impugnata con riguardo al contributo concorsuale
di GB.

4. Sono peraltro fondati anche il terzo motivo contenuto nel ricorso
GB e il secondo motivo del ricorso GA.

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rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri

Con riguardo all’elemento psicologico era certamente indispensabile dar
conto del fatto che i ricorrenti avessero agito per opporsi ad un atto di ufficio del
pubblico ufficiale: era dunque in primo luogo necessario verificare che i due
avessero avuto la consapevolezza di trovarsi al cospetto di un pubblico ufficiale.
Sul punto la Corte, rispondendo ai motivi di appello al riguardo formulati,
con i quali era stato dedotto il mancato accertamento del fatto che l’agente
Venerus fosse in divisa o si fosse altrimenti qualificato, ha rilevato che era
emerso che il predetto agente era in servizio presso il comando della Polizia

in corso le prove orali per il concorso per agenti di polizia locale, dovendosi dare
per scontata la circostanza che il Venerus indossasse la divisa, a fronte del fatto
che il servizio presso gli uffici della Polizia Locale non potesse essere svolto in
borghese.
Si tratta di risposta apodittica, che prescinde dall’analisi di tutte le evidenze
disponibili e muove invece dall’errata localizzazione del servizio svolto dal
Venerus, non presso gli uffici della Polizia Locale, bensì presso il Centro Civico, e
dalla non suffragata considerazione che gli agenti di Polizia Locale debbano
sempre e comunque indossare la divisa (sul punto è stato allegato al ricorso il
Regolamento del Corpo di Polizia Municipale).
Si rileva dunque anche per questa parte un vizio della motivazione, che
finisce per fornire una risposta apodittica su un punto decisivo.

5. In conclusione si impone l’annullamento della sentenza impugnata nei
confronti di entrambi gli imputati, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte di appello di Milano.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte di appello di Milano.
Così deciso il 7/11/2017

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Massimo Riciarelli

GiacornL Paoldni

Locale di Segrate e stava svolgendo servizio di controllo e vigilanza, dove erano

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