Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 54040 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 54040 Anno 2017
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Franzoni Larry, nato il 14/01/1978 a Palmanova

avverso la sentenza del 03/05/2016 della Corte di appello di Trieste

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone
Perelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3/5/2016 la Corte di appello di Trieste ha confermato
quella in data 11/2/2013 con cui il G.U.P del Tribunale di Udine ha riconosciuto
Franzoni Larry colpevole del delitto di cui all’art. 368 cod. pen. in danno dei
Carabinieri Cerneaz Giulio e Teli Sergio, condannandolo alla pena di anni due di
reclusione, oltre che al risarcimento del danno in favore delle parti civili.

2. Ha presentato ricorso il Franzoni tramite il suo difensore.

Data Udienza: 07/11/2017

2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 72 ord. giud.
In primo grado le funzioni di P.M. in udienza erano state delegate a
magistrato onorario, sebbene non si trattasse di procedimento per cui è prevista
la citazione diretta.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in
relazione agli artt. 368 cod. pen. e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.

alcuni elementi, ma senza tener conto della differenza emergente tra gli scritti
dei due militari, che nelle controdeduzioni del 5/3/2012 avevano fatto
riferimento ad un inseguimento, all’azionamento di dispositivi di emergenza e
all’estrazione dell’arma.
Inoltre i Giudici di merito non avevano tenuto conto che l’intera vicenda,
stando al foglio di servizio dei militari, si sarebbe risolta in breve tempo,
nonostante quanto a loro dire avvenuto.
Segnala il ricorrente ulteriori profili che avrebbero legittimato una diversa
ricostruzione della vicenda.
Deduce inoltre come gli elementi acquisiti, in particolare l’ammesso ricorso
alle armi, fossero tali da accreditare la percezione soggettiva da parte del
Franzoni dei fatti da lui narrati, il che valeva ad escludere il dolo.
2.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione all’art.
133 cod. pen. con riguardo al diniego delle attenuanti generiche.
Contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di merito a fondamento delle
attenuanti invocate militava l’ammissione da parte dei militari di aver estratto le
armi, fermo restando che le controdeduzioni da costoro presentate non
implicavano un particolare impegno intellettuale, tale da ostacolare la
concessione di dette attenuanti.
Inoltre avrebbero dovuto valutarsi l’incensuratezza e il fatto che il ricorrente
per ragioni di lavoro abbia frequenti contatti con le Autorità.
2.4. Con il quarto motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla
mancata rideterminazione della pena pecuniaria

(rectius:

del quantum della

somma liquidata a titolo di risarcimento).
Era infatti da escludersi un concreto timore derivante dalla denuncia in capo
alle parti civili.

2

La Corte aveva confermato il giudizio di penale responsabilità, valorizzando

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché in generale aspecifico e volto a
sollecitare una rivalutazione del merito, ciò che si pone al di fuori dello scrutinio
di legittimità.

2. Il primo motivo è peraltro manifestamente infondato.
E’ infatti noto che la delega delle funzioni di pubblico ministero a soggetti

alcuna nullità degli atti del procedimento e della sentenza emessa all’esito di
esso (Cass. Sez. 6, n. 2232 del 16/12/2010, Cannizzaro, rv. 249199).

3. Quanto al secondo motivo, lo stesso ripropone in modo aspecifico e sulla
base di generici riferimenti ad atti acquisiti le doglianze formulate nell’atto di
appello, su cui la Corte territoriale ha non illogicamente motivato.
3.1. In concreto il motivo si risolve nella prospettazione di una diversa
ricostruzione della vicenda, alla luce della lettura ritenuta più convincente degli
elementi probatori, senza che peraltro siano stati poste in luce effettive fratture
logiche della motivazione.
La Corte ha infatti fondato il proprio convincimento su precisi elementi,
debitamente ponderati.
In primo luogo ha preso atto della smentita delle incolpazioni rivolte dal
ricorrente ai due militari, derivante dalle dichiarazioni del Cecchini, cioè di colui
che in luogo del Franzoni sarebbe stato alla guida del veicolo, il quale ha negato
la circostanza; d’altro canto la Corte ha anche osservato come l’assunto che il
predetto, secondo il ricorrente, avesse problemi con le forze dell’ordine, non
fosse tale da giustificare il fatto che egli alla vista dei Carabinieri dovesse fuggire
e nascondersi, visto che in quel contesto si sarebbe limitato ad aiutare il
Franzoni.
Inoltre la Corte ha sottolineato come fosse stato smentito un passaggio
cruciale del racconto del Franzoni, secondo cui egli, allontanatisi i militari,
avrebbe chiamato il Cecchini, nascostosi nella boscaglia, essendo in quel
frangente giunti Mian Romano e Mian Martina a prelevarlo, per riaccompagnarlo
a casa e condurre il furgone.
La Corte infatti ha rilevato che tale assunto implicava ciò che era stato
smentito, cioè che il Franzoni si fosse attardato dopo l’allontanamento dei
militari, quando, in realtà, egli era stato prelevato dai Mian mentre i Carabinieri
erano ancora comprensibilmente presenti, dovendo assicurare che il ricorrente
non si ponesse nuovamente alla guida.

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non togati in procedimenti diversi da quelli a citazione diretta non produce

In tale quadro risulta altresì coerente l’ulteriore osservazione che ai due
Mian il Franzoni fosse apparso tranquillo, quando a rigore avrebbe avuto motivo
di sfogare la propria preoccupazione e il proprio disagio per l’abuso subito e per
la condotta minacciosa in precedenza tenuta dai Carabinieri.
All’evidenza tali elementi delineano complessivamente un quadro che risulta
essere stato non illogicamente valutato, a conferma delle dichiarazioni dei due
militari, che hanno fornito della vicenda una versione dissonante rispetto alle
accuse che erano state loro rivolte nell’esposto del Franzoni, incentrato su una

armata e sulla non corrispondenza al vero del fatto che il Franzoni, risultato in
possesso di patente sospesa, si trovasse alla guida.
3.2. A fronte di ciò, risultano congetturali e attengono al merito le
osservazioni che fanno riferimento alla durata dell’episodio, a rigore risultante da
atti, che sono stati peraltro solo genericamente invocati, fermo restando che
comunque lo stesso racconto del Franzoni implica che il soggetto alla guida
avesse proseguito la marcia, omettendo di fermarsi e costringendo i militari a
inseguirlo, fino a quando si era fermato presso il boschetto.
Aspecifici sono gli argomenti desunti dalle immagini estrapolate da una
pagina di Facebook, accostate ad uno dei militari, posto che già la Corte
territoriale ne ha congruamente valutato l’irrilevanza.
Altrettanto generici risultano gli argomenti tratti dal contrasto tra le
risultanze della relazione di servizio e del «mattinale» e quelle delle
controdeduzioni formulate dai due militari in data 5/3/2012, nelle quali i predetti
avevano sostenuto che, avendo reputato di essersi trovati in una situazione di
emergenza, avevano estratto le armi a canna corta in dotazione, invitando il
conducente del furgone, fermo presso un boschetto dopo la fuga, a farsi
riconoscere e ad uscire allo scoperto.
Tale elemento è stato peraltro ritenuto dalla Corte -tutt’altro che
illogicamente- irrilevante, al fine di dimostrare la veridicità delle accuse mosse
dal Franzoni, il quale, come sottolineato nella sentenza impugnata, non era
apparso ai due Mian turbato, circostanza contrastante con gli assunti del
ricorrente, come espressi nel suo successivo esposto.
A tale ragionamento il Franzoni nel motivo di ricorso contrappone solo
argomenti ipotetici.
Risulta inoltre inconferente l’osservazione che anche il Franzoni avrebbe in
realtà ammesso che i militari erano presenti all’arrivo dei Mian, giacché ciò vale a
sottolineare la complessiva incongruità del racconto, ma non anche a
disarticolare il ragionamento della Corte circa la falsità del riferimento al Cecchini

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perquisizione di cui non era stato redatto verbale, su una grave minaccia a mano

e conseguentemente circa la falsità dell’assunto che il ricorrente non si fosse
trovato alla guida.
Parimenti attiene al merito e prescinde dall’analisi della sentenza impugnata
l’assunto formulato nel ricorso, secondo cui la mera circostanza che i militari
avessero ammesso di aver estratto l’arma avrebbe dovuto legittimare almeno sul
piano soggettivo la formulazione dell’accusa da parte del Franzoni dell’avvertita
minaccia in suo danno.
In realtà si tratta di deduzione frammentaria, che non tiene conto del

convincimento da elementi precisi e non arbitrariamente valutati, a cominciare
dalla tranquillità del ricorrente all’arrivo dei Mian e dalla falsità dell’incolpazione
formulata dal ricorrente con riguardo al fatto di non essersi trovato alla guida del
veicolo.
In conclusione dunque il motivo consta solo di profili di merito, riproposti
genericamente, dopo le logiche argomentazioni della Corte.

3. Attiene al merito e non contempla profili deducibili in sede di legittimità il
terzo motivo, riguardante il diniego delle attenuanti generiche e il trattamento
sanzionatorio.
Il ricorrente in particolare pretende di individuare un elemento favorevole
alla concessione delle attenuanti dal fatto che i militari avessero ammesso di
aver estratto l’arma e dalla scarsa rilevanza del fatto che essi si fossero trovati a
dover redigere delle controdeduzioni.
Ma in realtà la Corte ha debitamente e tutt’altro che arbitrariamente
considerato, alla luce dei parametri dettati dall’art. 133 cod. pen., che il
ricorrente aveva esposto i militari a false accuse, di cui avevano avuto contezza
e a fronte delle quali avevano dovuto controdedurre, e che inoltre aveva rivolto
accuse anche nei confronti del Cecchini, indicato come protagonista della vicenda
sulla base di un racconto ritenuto non veridico, senza aver inoltre palesato
alcuna resipiscenza.
In tale quadro il motivo di ricorso risulta, come già anticipato,
esclusivamente volto a sollecitare una diversa valutazione, ma non a prospettare
profili di arbitrarietà di quella formulata dalla Corte, fermo restando che «nel
motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario
che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri
disattesi o superati da tale valutazione» (Cass. Sez. 3, n. 28535 del 19/3/2014,
Lule, rv. 259899; Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, rv. 248244).

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complessivo filo del ragionamento della Corte, che ha tratto il proprio

4.

Il quarto motivo, riguardante l’entità della somma equitativamente

liquidata a titolo risarcitorio, risulta ancora rivolto, peraltro in termini assertivi, a
sollecitare un diverso apprezzamento del merito, a fronte della non arbitraria
valorizzazione fatta dalla Corte del disagio derivato ai militari dall’essere stati
esposti ad accuse infondate, cui hanno dovuto replicare con specifiche
controdeduzioni.

spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa
dell’inammissibilità, a quello della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 7/11/2017

5. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle

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