Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 54038 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 54038 Anno 2017
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Renzetti Francesco, nato il 21/04/1966 a Roma

avverso la sentenza del 19/10/2015 della Corte di appello di Roma

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone
Perelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, Avv. Francesco Scacchi per la parte civile, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso depositando nota spese;
udito il difensore, Avv. Ottaviano Nuzzo, in sost. dell’Avv. Giuseppe Nuzzo, per il
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 19/10/2015 la Corte di appello di Roma ha confermato
quella del Tribunale di Roma in data 14/1/2011, con cui Renzetti Francesco era

Data Udienza: 07/11/2017

stato prosciolto dai reati di cui agli artt. 81, 319, 320, 482 e 477 cod. pen., in
quanto gli stessi erano estinti per intervenuta prescrizione.

2. Ha proposto ricorso il Renzetti tramite il suo difensore.
Deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81,
319, 320, 482 e 477 cod. pen. e all’art. 129 cod. proc. pen., agli effetti dell’art.
606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.
Richiamata la ragione giustificativa della sentenza impugnata, il ricorrente

emerso che l’impropria reversale era stata emessa utilizzando la password
dell’impiegata Rosci e non quella a lui riconducibile e come il teste Perrone
avesse sostenuto che il Renzetti era stato da tempo trasferito ad altro ufficio,
lavorando in altro piano dell’edificio, essendo dunque illogica e contraddittoria la
motivazione utilizzata dalla Corte, che non aveva valutato gli elementi dedotti
nei motivi di appello a sostegno dell’estraneità del ricorrente ai fatti.

3. Il ricorso è inammissibile, in quanto il motivo è volto a prospettare non
tanto una dirimente violazione di legge circa l’apprezzamento delle fattispecie
contestate, quanto profili di insufficienza della motivazione, che pur ha
considerato il tema della password e quello del trasferimento del ricorrente: esso
si fonda in realtà, talvolta con rilievi aspecifici rispetto al contenuto della
sentenza impugnata,

su una non consentita ricostruzione alternativa della

vicenda, incentrata sull’analisi di dati probatori, che tuttavia implicano un
complessivo riesame del fatto e non consentono in alcun modo di pervenire -con
quei caratteri di immediatezza percettiva, sottesi alla nozione di evidenza,
richiamata dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.- ad un più ampio
proscioglimento rispetto a quello derivante dalla causa di estinzione già rilevata
in primo grado.
E’ stato del resto affermato che «in presenza di una causa di estinzione del
reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza
impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di
procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva» (Cass. Sez. U.
n. 35490 del 28/5/2009, Tettamanti, rv. 244275).

4. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa
dell’inammissibilità, a quello della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

2

sottolinea come dalla relazione redatta dall’apposita commissione interna fosse

Non possono invece essere liquidate le spese del grado in favore della parte
civile, in assenza di una condanna del ricorrente al risarcimento del danno in
accoglimento dell’originaria domanda, preclusa dalla declaratoria di estinzione
del reato.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende.
Così deciso il 7/11/2017

spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle

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