Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 54022 del 12/09/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 54022 Anno 2017
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

Data Udienza: 12/09/2017

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SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALERMO DANIELA N. IL 26/06/1966
avverso la sentenza n. 4483/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
14/12/2016
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/09/2017 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘
<- e che ha concluso per • €.-.29 iv• Udit9, per lap_arte civile, l'Avv ? Udit aifensor Avv. / "é:"9. --e-e• e ' e , i /40 jale: -."C•2 (-e "/ C:;' A / RITENUTO IN FATTO PALERMO Daniela, tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza 14.12.2016 con la quale la Corte d'Appello di Torino, in parziale riforma della decisione 13.3.2014 del Tribunale, l'ha condannata alla pena di mesi nove di reclusione ed C 300,00 di multa per il reato di cui agli artt. 81 cov., 646, 61 n. 11 cod. pen. La difesa richiede l'annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti §1) ex art. 606 comma 1 lett. e) cod, proc. pen. vizio di carenza di motivazione, perché il fatto ascritto avrebbe dovuto essere riqualificato di violazione dell'art. 392 cod. pen. invece che di appropriazione indebita. §2.) Violazione dell'art. 539 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, perchè la Corte d'Appello avrebbe riconosciuto a favore della parte civile costituita una provvisionale di C 201.784,10, in mancanza di una prova certa e senza tenere conto dell'atto con il quale l'imputata ha riconosciuto il proprio debito nella misura di € 164.000,00 §3.) ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche a causa del comportamento processuale dell'imputata Nel corso del giudizio si costituiva la parte civile S.T.A. Data s.r.l. in persona del suo legale rappresentante depositando le proprie conclusioni scritte e la nota delle spese. RITENUTO IN DIRITTO Il primo motivo di ricorso è inammissibile ex art. 606 comma 3 cod. proc. pen.: la difesa deduce una questione (qualificazione giuridica del fatto) che non è stata dedotta fra i motivi di gravame. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile ex art. 581 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. La difesa deduce una questione di mero fatto costituita dalla determinazione del danno risarcibile determinato dalla Corte d'Appello sulla base degli accertamenti bancari; la censura della difesa non vale a spiegare le ragioni per le quali la motivazione debba essere considerata carente o contraddittoria nella determinazione del danno, essendo evidente che il riconoscimento del debito nella misura di 164.000,00 C è frutto di atto unilaterale di provenienza della stessa imputata, come tale inidoneo a costituire prova di cui la Corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto. A ciò si aggiunga che la statuizione pronunciata in sede penale relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale non è impu- motivi così riassunti entro i limiti previsti dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. gnabile in Cassazione, trattandosi di una decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata [Cass. sez. 3 n. 18663 del 27.1.2015 in Ced Cass. rv. 263486]. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Dalla lettura della decisione di primo grado, come quella dell'appello, va rilevato che all'imputata non sono state riconosciute le attenuanti generiche sul base del presupposto dell'assenza di elementi positivi in forza dei quali dette attenuanti potessero essere riconosciute. La motivazione sul punto, non sindacabile nel merito, è adeguata e non smentita potessero essere riconosciute non avendo valore la sola incensuratezza dell'imputata, stante il dettato dell'ultimo comma dell'articolo 62 bis cod. pen. Per contro deve ritenersi adeguatamente giustificata la negazione delle attenuanti generiche, sulla base del contenuto della motivazione della sentenza di primo grado ove il giudice di merito ha messo in evidenza come il contegno processuale (ammissione della sottrazione della somma di 164.000,00 C fino a quel momento accertati, pur nella consapevolezza di una ben maggiore sottrazione dalle casse della società) dovesse essere ritenuto obliquo e fuorviante. Si tratta in diritto di decisione corretta, perché conforme a quanto statuito dalle sezioni unite di questa Corte [Cass. SU n. 36258 del 24.5.2012 in Ced Cass. Rv. 253152] che hanno affermato il principio: Ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generi- che, il pieno esercizio del diritto di difesa, se facultizza l'imputato al silenzio e persino alla menzogna, non lo autorizza, per ciò solo, a tenere comportamenti processualmente obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento, e la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di merito. (Fattispecie nella quale il diniego delle predette circostanze attenuanti era stato motivato evidenziando il censurabile comportamento processuale dell'imputato, improntato a reticenza ed ambiguità). La motivazione della decisione di primo grado integra quella della sentenza di appello e la completa, sulla base del principio per il quale quando la sentenza appellata e quella di appello, non divergono sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, in una sola entità logicogiuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (da ultimo: Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore e altro, Rv. 26661701), dovendo il giudice di appello soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall'appellante (da ultimo: Sez. 6, n. 28411 del 13/11/2012 - dep. 01/07/2013, Santapaola e altri, Rv. 25643501). dalla difesa che neppure ha indicato elementi in forza dei quali dette circostanze Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500 alla Cassa delle Ammende, così equitativamente determinata la sanzione amministrativa prevista dall'art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta del ricorrente gli estremi della responsabilità ivi stabilita. L'imputata va altresì condannata alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile S.T.A. Data s.r.l. e che liquida in C 3.510,00 oltre spe- P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di C 1.500,00 a favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione in favore della parte civile S.T.A. Data S.r.l. delle spese del grado e che liquida in C 3.510,00 oltre le spese forfettarie nella misura del 15%, C.p.a. ed I.v.a. Così deciso in Roma il 12.9.2017 Sentenza a motivazione semplificata. Il giudic Ugo D il Presidente FI:(1DAN ESE se.

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