Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 54018 del 03/11/2017

Penale Sent. Sez. 5 Num. 54018 Anno 2017
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PA

avverso l’ordinanza del 19/06/2017 del Tribunale della libertà di Viterbo

sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Ferdinando Lignola, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. PA ricorre per cassazione avverso l’ordinanza emessa il
19/06/2017 dal Tribunale della libertà di Viterbo, che, rigettando l’istanza di
riesame, ha confermato il decreto di sequestro probatorio di 12 cambiali emesse
da RA in favore di PA e AA, eseguito
all’esito di perquisizione disposta in relazione al reato di cui agli artt. 477 e 482
cod. pen., per avere, in qualità di soci della DA s.r.l., contraffatto o alterato
la comunicazione presentata all’Agenzia delle Entrate di Viterbo per la richiesta di

Data Udienza: 03/11/2017

attribuzione della partita IVA, apponendovi la falsa firma della rappresentante
legale RA.
Espone che le cambiali, non oggetto del decreto di perquisizione e sequestro
emesso dal P.M., sono state consegnate spontaneamente dal PA, e che i titoli
erano stati consegnati dalla RA in pagamento del prezzo al momento
dell’acquisto dell’intera partecipazione al capitale sociale della DA, stipulato
dinanzi al Notaio Pensato il 11/14 settembre 2015; la denunciante, dunque, non
contestava né l’avvenuto rogito notarile, né il rilascio delle cambiali, bensì la

costituire né corpo del reato, né cosa pertinente al reato necessaria per
l’accertamento dei fatti, o in grado di aggravare o protrarre le conseguenze delle
stesso.
Nondimeno il Tribunale del riesame, pur delimitando l’ipotesi di reato alla
falsificazione della sottoscrizione della domanda di attribuzione della partita IVA
della società, riteneva che il sequestro delle cambiali fosse finalizzato ad
accertare il ruolo degli indagati nella vicenda, ritenendo sussistere “in astratto”
una valenza probatoria nella disponibilità dei titoli emessi in pagamento delle
quote sociali ad un anno di distanza dalla cessione delle stesse.
Deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 253 cod. proc. pen.,
per mancanza assoluta di motivazione in ordine alla rilevanza probatoria delle
cambiali: le cambiali non erano neppure oggetto del decreto di perquisizione,
sono state consegnate spontaneamente, sicché non poteva sussistere una
motivazione, neppure implicita, del sequestro, disposto di iniziativa dalla p.g., e
non convalidata dal P.M.; le cambiali sono state emesse in un momento
precedente all’ipotizzato reato, e, del resto, non erano state poste all’incasso; la
motivazione dell’ordinanza impugnata, non spiegando in concreto la finalità
perseguita per l’accertamento dei fatti, è meramente tautologica ed apparente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
Giova premettere che il decreto di sequestro probatorio delle cose che
costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea
motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra la “res”
sequestrata ed il reato oggetto di indagine, non anche in ordine alla necessità di
esso in funzione dell’accertamento dei fatti, poiché l’esigenza probatoria del
corpo del reato è in “re ipsa”, a differenza del sequestro delle cose pertinenti al
reato che necessita di specifica motivazione su quest’ultimo specifico aspetto

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sottoscrizione di documenti e atti della società; sicché le cambiali non potevano

(Sez. 2, n. 52259 del 28/10/2016, Esposito, Rv. 268734, che ha, tra l’altro,
precisato che l’art. 253, comma 1, cod. proc. pen., ricollega teleologicamente la
necessità di accertamento dei fatti solo all’apprensione delle cose pertinenti al
reato, non anche al corpo di reato che si pone in collegamento diretto ed
immediato con la fattispecie incriminatrice evocata, tanto da giustificare in via
generale la previsione della confisca ex art. 240 cod. pen.).
Pertanto, mentre i presupposti di legittimità della motivazione del decreto di
sequestro probatorio del corpo del reato concernono la sussistenza del fumus

reato oggetto di indagine, nell’ipotesi di cose pertinenti al reato concernono la
sussistenza del fumus commíssi delitti e della necessità di accertamento dei fatti
(Sez. 6, n. 32 del 11/01/1991, Carollo, Rv. 187027:

“In tema di sequestro,

mentre la nozione di “corpo del reato” postula l’esistenza di un rapporto di
immediatezza tra la cosa e l’illecito penale (con conseguente efficacia probatoria
diretta in ordine all’avvenuta commissione del reato, indiziaria in ordine al suo
autore), la locuzione “cose pertinenti al reato” esprime un concetto di più ampia
portata, che include, oltre al “corpus delicti”, e ai “producta sceleris”, le cose che
servono, anche indirettamente, ad accertare la consumazione dell’illecito, il suo
autore e le circostanze del reato, con riferimento ad ogni possibile legame,
individuabile caso per caso, tra le cose stesse e l’accertamento dell’illecito, che
sia ritenuto rilevante ai fini del processo”; Sez. 2, n. 46357 del 20/07/2016,
Mastellone, Rv. 268510).
Nel caso in esame, sebbene dal tenore del provvedimento impugnato non
emerga in maniera chiara, va innanzitutto escluso che le cambiali sequestrate
possano rientrare nel concetto di corpo del reato, dovendo al contrario affermarsi
che i titoli possono costituire cose pertinenti al reato.
Tanto premesso, l’ordinanza impugnata, se risulta corredata da idonea
motivazione in ordine all’astratta ipotizzabilità del reato di falso in certificazione
di cui agli artt. 477-482 c.p. (così riqualificata l’originaria ipotesi di cui all’art.
476-482 c.p.), appare viziata relativamente alla motivazione dell’altro
presupposto di legittimità della ‘necessità per l’accertamento dei fatti’.
Al riguardo, infatti, il Tribunale del riesame ha affermato che il sequestro
delle cambiali fosse finalizzato ad accertare il ruolo degli indagati nella vicenda,
ritenendo sussistere “in astratto” una valenza probatoria nella disponibilità dei
titoli emessi in pagamento delle quote sociali ad un anno di distanza dalla
cessione delle stesse; non è chiaro, tuttavia, in che modo la disponibilità delle
cambiali possa in concreto proiettare un’efficacia dimostrativa sulla falsificazione
della sottoscrizione della richiesta di ‘partita IVA’ presentata all’Agenzia delle
Entrate successivamente (il 18/11/2015) alla consegna dei titoli dinanzi al Notaio

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commissi delicti e della relazione di immediatezza tra la res sequestrata ed il

(11/09/2015); né è sufficiente attribuire al sequestro dei titoli una valenza
probatoria “in astratto” nella ricostruzione della “vicenda”, dovendo al contrario il
vincolo essere imposto (e mantenuto) per la finalità di “concreto” accertamento
del reato ipotizzato, che, nella specie, riguarda la falsificazione della
sottoscrizione in una certificazione.
Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo
esame al Tribunale di Viterbo.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Viterbo.

Così deciso in Roma il 03/11/2017

P.Q.M.

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