Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 54014 del 30/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 54014 Anno 2017
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRATTAROLA MASSIMO nato il 20/01/1961 a ACQUI TERME parte offesa nel
procedimento
c/
RANDO STEFANO nato il 05/02/1972 a NAPOLI

avverso il decreto del 15/07/2015 del GIUDICE DI PACE di ALESSANDRIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO
SCARLINI;
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Data Udienza: 30/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1 – Con provvedimento del 15 luglio 2015, il Giudice di pace di Alessandria
archiviava il procedimento instaurato contro Stefano Rando per il delitto previsto
dall’art. 595 cod. pen. non sussistendo gli estremi del delitto ipotizzato a danno
dell’avv. Massimo Grattarola, che aveva presentato rituale opposizione alla
richiesta di archiviazione, in quanto le espressioni offensive erano state inviate
con sms al solo Marco Assandri, cliente del Grattarola e controparte del Rando in

la comunicazione a più persone delle espressioni lesive della reputazione.
Né era ipotizzabile il delitto di ingiuria perché le frasi offensive non erano
state rivolte alla persona offesa, il Grattarola.
2 – Propone ricorso la persona offesa, avv. Massimo Grattarola, abilitato al
patrocinio davanti alla Suprema Corte, che deduce, con l’unico motivo, l’erronea
applicazione dell’art. 595 cod. pen..
Il delitto sussisteva perché l’indagato aveva agito nella consapevolezza che
le espressioni offensive sarebbero state comunicate all’offeso.
Il giudice non aveva poi adeguatamente valutato se fosse configurabile
l’ipotesi dell’ingiuria.
3 – Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella
persona del sostituto Luigi Birritteri, chiede che il ricorso venga dichiarato
inammissibile non potendo valutare la Cassazione il difetto di motivazione del
provvedimento di archiviazione del Giudice di pace.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 – Il ricorso promosso dall’avv. Massimo Grattarola, in proprio, è
inammissibile per un duplice ordine di ragioni.
Innanzitutto perché è inammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto
personalmente dalla persona offesa avverso il decreto di archiviazione, a nulla
rilevando che la stessa abbia il titolo di difensore iscritto nell’apposito albo (Sez.
6 n. 7472 del 26/01/2017, Benigno, Rv. 269739; Sez. 6, n. 8995 del
04/02/2015, Marinone, R. 262457).
Ed, inoltre, perché il giudice, nel disporre l’archiviazione aveva valutato le
argomentazioni spese dalla persona offesa nel suo atto di opposizione
(affermando l’insussistenza degli ipotizzati delitti di diffamazione, per la mancata
comunicazione con più persone, e di ingiuria, ora peraltro depenalizzato, perché
le frasi non erano state rivolte alla persona offesa), così non determinando
alcuna violazione del contraddittorio, l’unico vizio di legittimità che consente di

i

un procedimento civile, venendo così a mancare l’elemento costitutivo del reato,

ricorrere in cassazione contro l’impugnato decreto

(Sez. 5, n. 41194 del

19/06/2014, Di Maio, Rv. 262185).
2 – All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, anche della
somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 ottobre 2017.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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