Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53988 del 30/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53988 Anno 2017
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
TUMINO CONTRERAS MARCEL ANDREE nato il 30/12/1978 a MARACAY(
VENEZUELA)
SCROFANI ROSARIO nato il 28/11/1978 a RAGUSA

avverso la sentenza del 21/04/2016 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIA
FRANCESCA LOY
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore

Data Udienza: 30/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1 – Con sentenza del 21 aprile 2016, la Corte di appello di Messina, in
parziale riforma della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del locale
Tribunale, riqualificava la condotta originariamente ascritta a Marcel Andreè
Tumino Contreras e a Rosario Scrofani a titolo di estorsione (tentata), nel delitto
di esercizio arbitrario previsto dall’art. 393 cod. pen., e, confermando la penale
responsabilità degli imputati anche per gli ulteriori delitti di sequestro di persona

reclusione.
La Corte territoriale riformava la decisione di prime cure considerando che
non si era raggiunta la prova che la somma che i due imputati pretendevano
dalla persona offesa, con minaccia e violenza (erano entrati nella sua abitazione,
l’avevano tenuto chiuso nella cucina per trenta minuti, l’avevano malmenato e
minacciato con un coltello alla presenza dei figli minori), non fosse dovuta, come
dagli stessi affermato.
La Corte riaffermava, invece, la sussistenza del delitto di sequestro di
persona nonostante la mancata confessione dell’addebito da parte dei due
imputati (che avevano ammesso gli ulteriori illeciti), in considerazione
dell’attendibilità della complessiva ricostruzione dei fatti operata dalla persona
offesa.
Riteneva infondate le censure relative al trattamento sanzionatorio, pur
riducendolo per la riqualificazione del fatto di tentata estorsione.
2 – Propongono ricorso gli imputati, con unico atto ed a mezzo del comune
difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.
2 – 1 – Con il primo motivo deducono la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza del delitto di sequestro di
persona.
Non vi era prova dell’elemento soggettivo del delitto perché richiudere la
persona offesa in una stanza non era necessario al fine di impedirne la fuga. La
persona offesa non si era poi rivelata attendibile quando aveva lamentato ferite
da taglio che non erano state riscontrate nella certificazione medica.
2 – 2 – Con il secondo motivo lamentano la violazione di legge in quanto la
condotta riqualificata come esercizio arbitrario delle proprie ragioni doveva
essere considerata solo tentata non avendo, i due imputati, conseguito il
risultato di ottenere il pagamento del credito.
2 – 3 – Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di
motivazione in quanto la Corte non aveva tenuto conto che gli imputati avevano
poi rinunciato al credito ed avevano tenuto un buon comportamento successivo
al fatto e ciò ai fini sia della misura della pena base, sia del giudizio di
i

e lesioni, rideterminava la pena a ciascuno dei predetti inflitta in anni due di

bilanciamento delle circostanze eterogenee, che, concesse ai medesimi anche le
circostanze attenuanti generiche, avrebbe potuto essere di prevalenza.
Si doveva inoltre considerare che la pena irrogata per il delitto più grave, il
sequestro di persona, era ben più elevata del minimo edittale (due anni e nove
mesi a fronte dei sei mesi previsto dalla norma). Una pena più contenuta
avrebbe anche consentito di concedere al Tumino il beneficio della sospensione
condizionale.

1 – I ricorsi proposti nell’interesse di Tumino e Scrofani sono fondati
limitatamente al secondo motivo, la corretta qualificazione giuridica della
condotta contestata al capo A, originariamente a titolo di tentata estorsione e
riqualificata poi ai sensi dell’art. 393 cod. pen..
Il terzo motivo, sulla misura della pena, è assorbito dall’accoglimento del
secondo; il primo, sul delitto di sequestro di persona, è infondato.
2 – La Corte territoriale, infatti, ha riqualificato la condotta contestata al
capo A, dal delitto previsto dagli artt. 56 e 393 cod. pen. al delitto punito dall’art.
393 cod. pen. (come si legge nel dispositivo e come la motivazione non meglio
precisa) che, senza ulteriori, inequivoche, indicazioni (anche, eventualmente, in
tema di calcolo della pena), deve intendersi la fattispecie consumata di tale
ipotesi delittuosa.
Solo che questa Corte ha già avuto modo di precisare che il delitto di ragion
fattasi, in quanto delitto ad evento, la cui realizzazione presuppone il
raggiungimento dello scopo perseguito dall’agente, ammette la configurabilità
del tentativo (così: Sez. 5, n. 4456 del 19/12/2007, Foralosso, Rv. 238347 e,
ancoro prima, Sez. 1, n. 10100 del 23/01/1974 Rv. 128868).
Riportando tale principio di diritto alla fattispecie concreta – ove, anche dal
capo di imputazione, si dedurrebbe che la somma non sia stata pagata e che,
quindi, gli imputati non abbiano raggiunto il loro scopo – il giudice del rinvio
dovrà più adeguatamente motivare sulla configurabilità della condotta
consumata piuttosto che sulla ricorrenza del tentativo, del delitto previsto
dall’art. 393 cod. pen..
3 – Come si è detto, il primo motivo, speso sulla ritenuta sussistenza
dell’elemento soggettivo del delitto di sequestro di persona, è infondato perché
versato in fatto e perché volto a sostenere una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
La Corte territoriale aveva, invece, adeguatamente argomentato la
colpevolezza dei ricorrenti in riferimento al delitto previsto dall’art. 605 cod.
pen., dal fatto che si era accertato che, comunque (a prescindere quindi dal
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

movente di tale azione), gli imputati aveva rinchiuso la persona offesa in una
delle stanze della sua abitazione impedendogli di uscire, per un apprezzabile
lasso di tempo, e, pertanto, ne avevano limitato la libertà personale, così
consumando il delitto contestato.
4 – Il terzo motivo sulla misura della pena base, sul diniego delle
circostanze attenuanti generiche, sul giudizio di bilanciamento, è assorbito
dall’accoglimento del secondo motivo che reca in sé la possibile revisione della

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui all’art. 393 cod.
pen., con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Reggio
Calabria.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma il 30 ottobre 2017.

misura della pena, nei suoi distinti componenti e nel suo complesso.

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