Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53986 del 30/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53986 Anno 2017
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Colonna Nicola, nato a Benevento il 05/10/1960,
avverso la sentenza emessa in data 04/12/2014 dalla Corte di Appello di Bari
che, in funzione di giudice di rinvio, a seguito della sentenza di annullamento
emessa dalla Corte di Cassazione, Sez. 5, n. 48788 del 28/05/2013, respingeva
la richiesta di revisione della sentenza della Corte di Appello de L’Aquila, emessa
in data 04/02/2009, irrevocabile il 31/10/2009, con cui Colonna Nicola era stato
condannato a pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni, nei confronti
delle costituite parti civili, in relazione al reato di cui all’art. 424, comma 2, cod.
pen.;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa
Maria Francesca Loy, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato il difensore di fiducia, Avv.to Fabrizio Miracolo, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso del proprio assistito.

1

f

Data Udienza: 30/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1.Con il provvedimento impugnato la Corte di Appello di Bari, in sede di rinvio a
seguito della sentenza di annullamento emessa dalla Corte di Cassazione, Sez. 5,
n. 48788 del 28/05/2013, respingeva la richiesta di revisione della sentenza
della Corte di Appello de L’Aquila, emessa in data 04/02/2009, irrevocabile il
31/10/2009, con cui il Colonna Nicola era stato condannato a pena di giustizia,
oltre che al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, in

2. Colonna Nicola ricorre, a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Fabrizio
Miracolo, per:
2.1. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in
relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., in quanto la Corte territoriale, in
sede di rinvio, non si sarebbe uniformata al principio di diritto enunciato dalla
Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento, ossia quello secondo cui la
Corte di merito, in sede di rinvio, avrebbe dovuto procedere ad un accertamento
incidentale in ordine alla calunnia a carico della teste Sfamurri Eleonora, in un
caso in cui, come quello in esame, il delitto di calunnia risultava, nelle more,
prescritto;
2.2. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in
relazione all’art. 630 lett. c), cod. proc. pen., in quanto la Corte di merito
avrebbe omesso di valutare le nuove prove – ossia la missiva inviata dalla
Sfamurri in data 24/04/2010 e la registrazione del colloquio tra la predetta ed il
Colonna in data 20/10/2011 – unitamente alle altre prove acquisite nel corso del
giudizio di merito, ossia le dichiarazioni rese dall’imputato e la consulenza del
tecnico nominato dalla P.G., che, prima delle dichiarazioni della Sfamurri,
avevano condotto all’archiviazione del procedimento; la Corte territoriale, invece,
si sarebbe limitata a valutare le nuove prove solo in relazione alle dichiarazioni
testimoniali della Sfamurri, come riportate nella sentenza di secondo grado,
senza valutare nel suo complesso la deposizione della stessa, che aveva
mostrato di non ricordare affatto la vicenda, come risulta dalle numerose
contestazioni che erano state effettuate in aiuto alla memoria, in riferimento alle
dichiarazioni rese alla P.G.;
2.3. vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 lett. e), cod. proc. pen., in
relazione alla omessa valutazione delle nuove prove in riferimento all’intero
compendio probatorio.

2

relazione al reato di cui all’art. 424, comma 2, cod. pen.;

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La Corte territoriale ha dato atto che il compendio probatorio nei confronti di
Colonna Nicola fosse basato essenzialmente sulle dichiarazioni rese da Sfamurri
Eleonora.
Quest’ultima, dopo la definizione giudiziale della vicenda, aveva inviato una
missiva al Colonna, in cui affermava di aver reso le dichiarazioni, nel corso

sentita intimorita dai richiami da parte del pubblico ministero e del giudice e di
essere stata, in ogni caso, orientata dal risentimento personale che nutriva
all’epoca per il Colonna.
A seguito di querela presentata dal Colonna nei confronti della Sfamurri, veniva
iscritto un procedimento penale nei confronti di quest’ultima, per il delitto di cui
all’art. 368 cod. pen., conclusosi con un provvedimento di archiviazione, alla luce
della intervenuta prescrizione del reato.
In ogni caso, qualche mese più tardi, il Colonna aveva avuto modo di registrare
un colloquio con la Sfamurrri, in cui la donna aveva reiterato le ammissioni di
falsità delle sue pregresse dichiarazioni.
Sulla base di dette emergenze il Colonna aveva avanzato istanza di revisione,
dichiarata inammissibile dalla Corte di Appello di Campobasso, con
provvedimento adottato de plano.
A seguito di ricorso del Colonna, la Sez. 5 di questa Corte ha disposto
l’annullamento con rinvio della decisione adottata in violazione del
contraddittorio.
La Corte territoriale, all’esito del giudizio di rinvio, ha dato atto che le
dichiarazioni rese dalla Sfamurri nel corso del giudizio di merito fossero puntuali
e dettagliate, certamente scevre da considerazioni o- suggestioni personali, e
comunque confermate da circostanze obiettive, ossia dalla telefonata pervenuta
presso la portineria della Casa Circondariale di Chieti alle ore 00.27, e dal
movente del danneggiamento, riferito alla teste dal Colonna stesso il mattino
successivo al fatto.
Al contrario, ha proseguito la Corte territoriale in sede di rinvio, il contenuto della
missiva della Sfamurri Eleonora appare generico e superficiale, non a caso
posteriore al decorso del termine di prescrizione del reato di calunnia e falsa
testimonianza, così come la conversazione tra la Sfamurri ed il Colonna risulta
inconcludente e di dubbia spontaneità, entrambe le sopravvenienze, in ogni
caso, apparendo inidonee a smentire le precedenti dichiarazioni testimoniali,
rispetto alle quali esse si presentano non connotate da una speculare specificità, //,
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dell’istruttoria dibattimentale, sulla sola base di personali congetture, di essersi

seppure di segno contrario, come tali inidonee ad assurgere a specifici elementi
di prova in grado di avvalorare la falsità della precedente deposizione.
Tanto premesso, va detto che non vi è dubbio alcuno come, ai fini del giudizio di
revisione, la prova nuova debba condurre all’accertamento di un fatto la cui
dimostrazione evidenzi che il compendio probatorio originario non sia più in
grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato al di
là di ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, sentenza n. 24070 del 27/04/2016,
Livadia, Rv. 267067), così come, altrettanto indiscutibilmente, la valutazione
delle nuove prove non può prescindere dal complesso degli elementi già accertati

Dorigo, Rv. 267786).
Proprio alla luce di detti pacifici principi la motivazione della sentenza impugnata
appare del tutto scevra dai vizi denunciati, in quanto, con giudizio scevro da
aporie e, come tale, insindacabile in sede di legittimità, la sentenza impugnata
ha operato una sostanziale affermazione di carenza di genuinità e di spontaneità
degli elementi addotti a sostegno dell’istanza di revisione, ossia la missiva della
Sfamurri e le affermazioni dalla stessa provenienti, contenute nella registrazione
della conversazione con il Colonna, il che rende evidente come ogni ulteriore
sviluppo procedimentale fosse del tutto superfluo; in particolare non appariva
necessaria alcuna valutazione comparata tra le nuove prove ed il precedente
compendio probatorio, attesa la inidoneità strutturale dei nuovi elementi a poter
essere valutati comparativamente con l’acquisito compendio probatorio nel
precedente giudizio di merito.
Né appare violato il principio di cui all’art. 627 cod. proc. pen., atteso che proprio
il vaglio di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla Sfamurri Eleonora nel corso
dell’istruttoria dibattimentale involge logicamente anche la valutazione
incidentale del reato di calunnia e falsa testimonianza ipotizzabili nei confronti
della teste, reati di cui la sentenza impugnata ha implicitamente verificato
l’insussistenza.
I motivi di ricorso, pertanto, appaiono avulsi da una completa analisi del
percorso motivazionale della sentenza impugnata, con conseguente
inammissibilità degli stessi.
Dalla inammissibilità del ricorso discende, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

4

nel precedente giudizio di merito (Sez. 5, sentenza n. 38276 del 19/02/2016,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 30/10/2017

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