Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53973 del 03/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53973 Anno 2017
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: BRANCACCIO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MIRAGLIA EMANUELE SALVATORE nato il 03/07/1967 a CALTANISSETTA

avverso la sentenza del 14/04/2016 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA
MARINELLI
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per essere il reato prescritto.
Udito il difensore del ricorrente, avv. Calogero Montante, che si riporta ai motivi.

Data Udienza: 03/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Caltanissetta, in parziale riforma
della decisione di primo grado del Tribunale di Caltanissetta del 14/04/2016,
condannava Miraglia Emanuele Salvatore alla pena di mesi nove di reclusione, così
ridotta la sanzione in applicazione del rito abbreviato, per i reati di minaccia aggravata
ai danni di Naro Lorenzo (capo a, commesso in data 10 maggio 2008) e Giamporcaro
Eugenio (capo b, commesso in data 1 dicembre 2007), nonché per quello di esercizio

loro; la Corte d’Appello dichiarava, altresì, l’intervenuta abrogazione del reato di
ingiuria, pure ascritto al capo a) dell’imputazione, e la prescrizione di quello di porto
d’armi ex art. 4 I. n. 110 del 1975, di cui al capo c).
2. Avverso tale provvedimento ricorre il Miraglia, tramite il suo difensore, deducendo
tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione
quanto alla dedotta improcedibilità dell’azione penale per i reati ascrittigli, per i quali
sarebbe intervenuta remissione di querela da parte di Naro Lorenzo.
In particolare, la denuncia del citato Naro era stata proposta con un unico atto dal
quale erano scaturiti due diversi procedimenti: l’uno era quello in corso e l’altro era
stato instaurato dinanzi al giudice di pace per il reato di cui all’art. 636 cod. pen., nel
cui ambito era stato depositata remissione della querela. Il ricorrente sostiene che tale
remissione dovrebbe spiegare i suoi effetti in relazione non soltanto ad uno dei reati
coinvolti nell’unico atto di iniziale denuncia, bensì con riferimento al complesso dei fatti
denunciati. L’argomento, già speso in appello, sarebbe stato apoditticamente rigettato
dal giudice di secondo grado.
2.2. Con il secondo motivo di gravame il ricorrente deduce la prescrizione di tutti i reati
contestati, lamentando la mancanza di motivazione sul punto da parte della sentenza
d’appello, pur chiamata con l’atto di impugnazione a fornire risposta.
2.3. Con un terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con
riferimento al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, basato
dal giudice d’appello sui precedenti penali risultanti dal certificato del casellario
giudiziale, senza che di essi venisse operata una ragionata analisi quanto alla gravità
ed al loro disvalore. Inoltre, solo per una volta l’imputato sarebbe stato ammesso, in
passato, al beneficio, sicchè la pena di nove mesi di reclusione inflittagli, cumulata con
le tre precedenti condanne, non avrebbe superato il limite dei due anni previsto dall’art.
164, comma 1, cod. pen..

2

arbitrario delle proprie ragioni (capo d, in data 10 maggio 2008) in continuazione tra

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi proposti.

2. Con riferimento al primo motivo, deve anzitutto rappresentarsi che il reato di
minaccia aggravata è procedibile d’ufficio, secondo quanto testualmente dispone il
comma 2 dell’art. 612 cod. pen., e che, d’altro canto, la remissione di querela cui si
riferisce il ricorrente risulta intervenuta per vicenda parzialmente e significativamente

Infatti, pur inerendo entrambi i procedimenti penali ed il complesso di reati in essi
imputati al Miraglia, ad un contesto di rapporti conflittuali di vicinato agricolo tra costui
e Naro Lorenzo, aggravato dai dissapori per l’esercizio di attività di pascolo di animali,
non vi è dubbio della diversità della condotta di pascolo abusivo contestata al ricorrente
nel processo dinanzi al giudice di pace (per il tempo, le azioni e l’oggetto della stessa),
rispetto a quella di minaccia aggravata ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni per
la quale è ricorso.
In ogni caso, risulta, altresì, privo di qualsiasi fondamento il rilievo secondo cui, in
ragione dell’identità dei protagonisti (autore-vittima) di più vicende di reato iscritte in
differenti procedimenti penali, ma caratterizzate da un unico contesto di accadimento,
l’intervenuta remissione della querela da parte della persona offesa nell’ambito di uno
di tali procedimenti debba dispiegare i suoi effetti anche nell’altro.
L’effetto estensivo della remissione di querela, infatti, è prescritto dall’art. 155 cod.
pen. soltanto in senso soggettivo, rispetto al medesimo reato, commesso in concorso
tra più persone, qualora la remissione intervenga solo nei confronti di alcuna di esse.
Nel caso di specie, la remissione della querela proposta dalla persona offesa nel
giudizio dinanzi al giudice di pace per il reato di pascolo abusivo, commesso il
13.7.2007, non può avere alcun effetto estintivo nei riguardi del processo per cui è
proposto ricorso per cassazione, riferito ai reati di minaccia aggravata ed esercizio
arbitrario delle proprie ragioni, benché vi sia identità di imputato e persona offesa.

3. Con riferimento al secondo motivo, deve rilevarsi che la prescrizione non è decorsa.
Ed infatti, trattandosi di reati commessi da soggetto nei cui confronti è stata
riconosciuta, dai giudici di merito anche di secondo grado, la recidiva reiterata specifica
infraquinquennale, in tema di prescrizione, deve applicarsi la norma di cui all’art. 161,
comma 2, cod. proc pen., secondo cui l’interruzione del termine della prescrizione
comporta l’aumento sino alla misura di due terzi del termine massimo necessario a
prescrivere il reato.

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diversa da quella per la quale è ricorso.

Ne consegue che la prescrizione, tenuto conto della data di contestazione dei reati per i
quali è processo, non è decorsa in relazione a nessuna delle imputazioni residue
all’esito del giudizio d’appello.

4. Quanto al terzo motivo, attinente alla mancata concessione del beneficio della
sospensione condizionale della pena, egualmente deve ritenersi manifestamente
infondato.
Osta alla concessione, come sinteticamente messo in risalto dalla motivazione del

chiaro disposto dell’art. 164, comma 2, n. 1, cod. proc. pen.
La motivazione, peraltro, dà atto dell’ostacolo normativo, richiamando i plurimi
precedenti dell’imputato e ciò è senza dubbio sufficiente.
E’ stato, infatti, condivisibilmente affermato (Sez. 3, n. 44458 del 30/9/2015,
Pomposo, Rv. 265613; Sez. 3, n. 9915 del 12/11/2009, dep. 2010, Stimolo, Rv.
246250; Sez. 2, n. 3851 del 20/11/1990, dep. 1991, Radosavljevic, Rv. 187298; Sez.
6, n. 16172 del 22/06/1989, Mosa, Rv. 182615) che, in tema di sospensione
condizionale della pena, il giudice può fondare, in modo esclusivo o prevalente, il
giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione
di nuovi reati sulla capacità a delinquere dell’imputato, desumendola dai precedenti
giudiziari, ancorchè non definitivi; a maggior ragione, dunque, il diniego è
legittimamente motivato in considerazione del certificato penale del ricorrente, gravato
da numerosi precedenti penali per reati passati in giudicato.
Del resto, proprio con riferimento al diniego del beneficio per i soggetti recidivi, è stato
chiarito che non sussiste l’obbligo di motivare la mancata concessione della
sospensione condizionale della pena quando essa non sia concedibile, in forza della
previsione di cui all’art. 164, comma secondo, n. 1, che esclude il beneficio
alternativamente sia ai soggetti che abbiano riportato una precedente condanna a pena
detentiva per delitto, sia ai delinquenti o contravventori abituali o professionali.
Né l’astratta applicabilità dell’art. 164, u.c., cod. pen., che introduce una deroga al
principio generale di inapplicabilità della sospensione condizionale ai recidivi, impone al
giudice di specificare i motivi per cui ritiene di non concederla, essendo evidente in tal
caso l’implicito giudizio negativo sulla successiva astensione dalla commissione di
ulteriori reati (Sez. 6, n. 20383 del 21/4/2009, Bomboi, Rv. 243841; Sez. 5, n. 30410
del 26/5/2011, Albanito, Rv. 250583; Sez. 3, n. 6573 del 22/6/2016, dep. 2017,
Camorani, Rv. 268947).

5. Dalla inammissibilità del ricorso deriva, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in

4

provvedimento impugnato, lo stato di soggetto recidivo del ricorrente, ai sensi del

dispositivo in favore della cassa della ammende, essendo imputabile a sua colpa la
determinazione della causa di inammissibilità (v. Corte cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del

Così deciso il 3 ottobre 2017.

procedimento e della somma di euro 2000 a favore della Cassa delle ammende.

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