Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53972 del 03/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 53972 Anno 2017
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: BRANCACCIO MATILDE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ALFONSO DAVIDE nato il 27/11/1984 a RAVENNA

avverso la sentenza del 10/06/2016 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA
MARINELLI
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione.

Data Udienza: 03/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato la Corte d’Appello di Bologna confermava la
sentenza di primo grado del Tribunale di Ravenna in composizione monocratica, datata
10/6/2008, con cui si condannava Alfonso Davide alla pena di otto mesi e quindici
giorni di reclusione, oltre al risarcimento dei danni alla parte civile da liquidarsi in sede
civile, concedendo provvisionale pari a 15.000 euro, in relazione al reato di lesioni
aggravate e porto illegale di armi ai sensi dell’art. 4 I. n. 110 del 1975 ai danni di

2. Avverso tale provvedimento il ricorrente, tramite il suo difensore, deduce due motivi
di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi di motivazione nella ricostruzione dei fatti
oggetto della condanna. In particolare, non vi sarebbe prova certa che il ricorrente
abbia partecipato all’aggressione, condotta, invece, riferibile agli altri due coimputati
che hanno patteggiato la pena in separato procedimento; la Corte d’Appello non
avrebbe correttamente valutato l’incongruenza dei risultati delle prove testimoniali
complessivamente assunte, ritenendo il teste Gnani apoditticamente non credibile
quando sostanzialmente esclude la partecipazione del ricorrente al reato.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce l’erronea applicazione dell’art. 157 cod. pen. dal
momento che la Corte d’Appello non ha dichiarato la prescrizione dei reati, intervenuta
già nel dicembre del 2012, ben prima della sentenza di secondo grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato, nonché
afflitto da vizi di genericità ed aspecificità.
1.2. Ed infatti, proponendo in sede di legittimità di rivalutare la congruità e la coerenza
della prova testimoniale complessivamente assunta nel corso del giudizio, si chiede una
verifica in fatto alla Corte di cassazione sulla vicenda processuale, già ampiamente
esaminata, nel caso di specie, in primo e secondo grado, che non è consentita, secondo
la pacifica giurisprudenza di legittimità: ex multis, cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997,
Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 16 del 19/6/1996, Di Francesco, Rv. 205621 e, tra
le più recenti, Sez. 4, n. 47891 del 28/9/2004, Mauro, Rv. 230568; nonché, vedi Sez.
6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De
Vita, Rv. 235507.
Inoltre, la sostanziale riproposizione di motivi già disattesi in appello, che si
confrontano solo formalmente con la motivazione impugnata, limitandosi a contestarne
le deduzioni che hanno condotto all’esito processuale impugnato, rappresenta un
ulteriore profilo di inammissibilità in sede di legittimità delle doglianze proposte dal
2

dig

Senatore Marco.

ricorrente al Collegio, stante la loro genericità estrinseca, intesa come aspecificità per
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 13449 del 12/2/2014, Kasem,
Rv. 259456 e, da ultimo, con riferimento all’applicabilità di tale vizio dell’impugnazione
non soltanto al ricorso per cassazione ma anche all’atto di appello, cfr. Sez. U, n. 8825
del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822).
In ogni caso, si tratta di doglianze del tutto infondate poichè la motivazione del
provvedimento impugnato ha adeguatamente analizzato la prova dichiarativa raccolta

altre due testi in particolare, che ricordavano come l’aggressione fosse avvenuta da
parte di tre persone), ritenendola del tutto convincente ai fini dell’affermazione di
responsabilità anche del ricorrente come partecipe all’azione violenta contro la persona
offesa Senatore Marco; e ciò pur constatando una modifica ininfluente della
testimonianza del teste Gnani, il quale non aveva ripetuto della partecipazione diretta
del ricorrente al reato – mai negando, peraltro, la presenza di costui sul luogo dei fatti benchè nell’immediatezza dei fatti lo avesse indicato tra gli autori, scrivendone il nome
su di un biglietto consegnato alla moglie di Senatore.
2. Il ricorso è fondato, invece, quanto al secondo motivo relativo alla dedotta
prescrizione, maturata già in epoca antecedente all’emissione della sentenza d’appello,
non essendo corretto il richiamo operato dal giudice d’appello alla presenza
dell’aggravante ex art. 585, n.2, cod. pen., ai fini della mancata declaratoria di
prescrizione già in quella sede, considerato che il reato risale alla data del 19.06.2005.
Secondo quanto stabilito da ultimo da Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep.2016,
Ricci, Rv. 266819, è ammissibile il ricorso per cassazione col quale si deduce, anche
con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima
della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito,
integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b),
cod. proc. pen.
In tale pronuncia, le Sezioni Unite hanno chiarito che la causa di non punibilità
erroneamente non dichiarata dal giudice di merito deve essere rilevata e dichiarata, in
accoglimento del proposto motivo, in sede di legittimità, non potendosi condividere il
contrario orientamento espresso da alcune pronunce di legittimità, che – dicono le
Sezioni Unite – senza particolari approfondimenti escludono la possibilità di prendere in
considerazione il motivo di ricorso – unico o, come nel caso che oggi il Collegio decide,
associato ad altri motivi pacificamente inammissibili – volto a fare valere l’estinzione del
reato per prescrizione verificatasi prima della pronuncia della sentenza d’appello, anche
qualora tale causa estintiva non sia stata dedotta né rilevata nel giudizio di merito.
Infatti, nessun dato positivo induce a ritenere che non possa censurarsi, con il ricorso
per cassazione, l’errore del giudice di appello che ha omesso di dichiarare la già
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in primo grado (costituita dalle testimonianze della persona offesa Senatore Marco e di

intervenuta prescrizione del reato, addirittura pur se non eccepita dalla parte
interessata in quel grado.
Il ricorso per cassazione strutturato su questo solo motivo, pertanto, ovvero su detto
motivo ed altri motivi inammissibili, è certamente ammissibile, perché volto a fare
valere l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1,
lett. b), cod. proc. pen.
Ciò perché l’art. 129 cod. proc. pen. impone al giudice, come recita la rubrica, l’obbligo
della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale “obbligo” il
ex officio adottare il provvedimento

consequenziale. Se a tanto non adempie, la sentenza di condanna emessa, in quanto
viziata da palese violazione di legge, può essere fondatamente impugnata con atto
certamente idoneo ad attivare il rapporto processuale del grado superiore, il che
esclude la formazione del c.d. “giudicato sostanziale”.
Tali conclusioni a maggior ragione valgono nel caso in cui, come per l’odierno
ricorrente, la questione sulla prescrizione sia stata oggetto delle richieste conclusive del
pubblico ministero in sede di giudizio di appello, con esiti poi disattesi dalla sentenza di
secondo grado che ha erroneamente ritenuto non fosse ancora maturata la invece
ampiamente decorsa prescrizione del reato, sia pur aggravato.
3. Il giudice di legittimità, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale nei
gradi di merito è intervenuta condanna, è tenuto a decidere sull’impugnazione agli
effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili (Sez.
6, n. 3284 del 25/11/2009, dep. 2010, Mosca, Rv. 245876, Sez. 5, n. 10952 del
09/11/2012, dep. 2013, Gambardella, Rv. 255331; Sez. 6, n. 18889 del 28/2/2017,
Tomasi, Rv. 269890).
Nel caso di specie, i motivi di ricorso diversi da quello con cui si deduce la prescrizione
del reato, sono, come detto, inammissibili, oltre che ampiamente infondati nel merito,
per le ragioni già esposte.
Ne consegue che va annullata la sentenza agli effetti penali mentre agli effetti civili il
ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata per essere il reato estinto
per prescrizione; dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Così deciso il 3 ottobre 2017.

giudice di merito non può sottrarsi e deve

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