Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5397 del 20/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 5397 Anno 2015
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MEILE JEAN OSCAR N. IL 30/04/1956
avverso la sentenza n. 1914/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
31/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Komom
che ha concluso per i
nn eiCAc
‘V`

Udito, per la pa

nmot-NV

rv\

Data Udienza: 20/05/2014

-1- Meile Jean Oscar è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Firenze per rispondere
del reato di cui all’art. 449 cod. pen., in relazione all’art. 428 co. 1 dello stesso codice
(disastro colposo a seguito di caduta di aeromobile di altrui proprietà) per avere, quale pilota
del “Piper PA28R” della compagnia “Avilu s.a”, cagionato, per colpa, consistita in
negligenza, imprudenza ed imperizia, la caduta del velivolo, a bordo del quale si trovava
anche, oltre a Maspoli Fernando Edmondo, copilota e già istruttore del Meile, il passeggero
Rossetti Roberto.
Secondo l’accusa, l’imputato, in fase di atterraggio all’aeroporto “Peretola” di Firenze,
aveva eseguito una manovra di avvicinamento alla pista secondo una traiettoria che avrebbe
anticipato l’impatto al suolo rispetto alla soglia regolamentare per la pista prevista per
l’atterraggio. Ciò aveva reso necessario il sorvolo della stessa pista a bassissima quota per
alcune centinaia di metri prima di superare detta soglia, con conseguente perdita
dell’allineamento. Il pilota, quindi, in presenza di vento in coda con una leggera componente
laterale di destra, aveva perso il coordinamento dei comandi verosimilmente durante la fase
di completamento dell’estrazione dei “flaps” (alette aerodinamiche che servono a sostenere
il velivolo a velocità più basse), avendo fatto erroneamente ruotare il volantino einistra ed
avendo dato “piede destro” (rotazione del timone verticale del velivolo in modo da orientare
lo stesso verso destra), invece che effettuare la manovra contraria per contrastare l’impulso
alla rotazione verso sinistra. Il velivolo, ormai a bassa quota, dopo avere continuato a
derapare a sinistra, avvicinatosi alla condizione di stallo, ulteriormente anticipata dalla
ridotta estrazione dei “flaps”, era scivolato d’ala sulla sinistra e con la stessa aveva impattato
sulla strada perimetrale parallela alla pista, con conseguente rotazione seguita dal distacco
dell’ala, dall’urto frontale dell’elica e del motore contro il fossato e dall’arresto dello stesso
sulla rete di recinzione con il muso rivolto verso la pista.
Dell’incidente è stato chiamato a rispondere anche il Maspoli che, in tesi d’accusa, pur
essendosi accorto per tempo dell’inadeguato controllo del velivolo da parte del Meile, era
tardivamente intervenuto per correggere l’azione del pilota.
Sia il pilota che il Maspoli hanno riportato varie lesioni e fratture multiple, mentre illeso è
rimasto il Rossetti.
-2- Con sentenza del 19 maggio 2010, il Tribunale di Firenze ha ritenuto il Meile colpevole
del delitto contestato, qualificato ai sensi dell’art. 449 co. 2 cod. pen., e, riconosciute le
circostanze attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena, sospesa alle condizioni di
legge, di un anno e quattro mesi di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in favore
della parte civile costituita, “Avilu s.a.”, liquidati in euro 30.000,00. Il Maspoli è stato
invece assolto per insussistenza del fatto addebitatogli.
Il giudice di primo grado ha ritenuto che l’incidente era stato causato da un errore del
pilota, come emerso in sede di indagini tecniche, affidate dal PM all’ing. Galatolo.
A tale conclusione il tribunale è pervenuto dopo avere anche dato atto che da dette indagini
era stato possibile escludere che l’incidente potesse essere stato causato da anomalie
meccaniche del velivolo o da avverse condizioni meteorologiche o da altri eventi, come il
precedente decollo di un velivolo di più consistenti dimensioni ovvero dai comandi
provenienti dai controllori di volo.
-3- Su appello proposto dall’imputato, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 31
gennaio 2012, ha confermato la decisione del primo giudice.
La corte territoriale ha quindi ribadito che l’incidente era stato determinato da un errore del
pilota come già descritto dal tribunale ed accertato dal consulente del PM ing. Galatolo, che
doveva quindi ritenersi infondata la tesi del “jet blast” proposta dal consulente dell’imputato,

z

Ritenuto in fatto.

-4- Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, il
Meile, che deduce:
4.1) Mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata
in punto di affermazione della responsabilità dell’imputato.
Premesso che nel capo d’imputazione si richiama la cooperazione, nell’evento, della
condotta di Maspoli Fernando, sostiene il ricorrente che nella sentenza non vi è alcun
richiamo al predetto coimputato e che la ricostruzione della condotta del Meile modifica
radicalmente i profili di responsabilità individuati nell’originario impianto accusatorio, nel
senso che lo stesso Maspoli non sarebbe intervenuto “con ripetuti richiami verbali sui
comando”, come riportato nel capo d’imputazione, bensì solo con l’ordine di “togliere il
piede destro” (dalla pedaliera); e non in una fase in cui l’aereo era ormai prossimo allo
stallo, bensì quando ormai esso aveva subito una deviazione verso sinistra e si era quindi già
innescata la sequenza che ha portato all’impatto. I giudici, però, non hanno offerto, si
sostiene nel ricorso, alcuna spiegazione di come tale dinamica sia compatibile con la
condotta contestata al Maspoli; ciò costituirebbe un evidente vizio di motivazione.
La corte territoriale, soggiunge il ricorrente, avrebbe mostrato totale affidamento per le
conclusioni rese dal consulente del PM che, tuttavia, si presentavano incoerenti rispetto agli
atti del processo. Tali conclusioni, invero, partono da un dato probatorio costituito dalla
reazione istintiva del Meile di tentare di rispristinare l’allineamento del velivolo “dando
piede destro” alla pedaliera, dedotto dall’ordine rivolto dal Maspoli all’imputato, ricordato
dal Rossetti, di “togliere il piede”, laddove ciò non autorizzerebbe a ritenere che si trattasse
del piede destro, come apoditticamente ritenuto dai giudici del merito. Tale deduzione, che è
stata dagli stessi giudici posta alla base della tesi dell’incrocio dei comandi (volantino verso
sinistra e posizionamento del piede destro sulla pedaliera), sarebbe quindi frutto del
travisamento della testimonianza del Rossetti.
Ugualmente incoerente rispetto alle emergenze probatorie sarebbe la considerazione del
giudice del gravame secondo cui l’aereo aveva mutato direzione in concomitanza con
l’azionamento dei “flaps”, di guisa che, per contrastare la rotazione verso sinistra, il pilota
aveva dato “piede a destra”, laddove l’ing. Galatolo aveva in dibattimento riferito un fatto
diverso, e cioè, che il velivolo aveva perso l’allineamento ed avrebbe iniziato a derapare ben
prima di impennarsi. Lo stesso consulente, peraltro, aveva rilevato delle discordanze nei
racconti degli occupanti il velivolo, che avevano fatto riferimento ad un sorvolo della pista
ad un metro di altezza, poi di cinque metri; elementi di incerta valutazione, secondo lo stesso
consulente, non essendo corroborati da dati strumentali. Di tali considerazioni la corte
territoriale non avrebbe tenuto conto, così come della ipotesi avanzata dallo stesso ing.
Galatolo, secondo cui il pilota, avendo visto scendere il velivolo, avesse tirato a sé la cloche
per prendere quota e mantenerlo in volo.

in quanto priva di basi scientifiche e non riconosciuta dalla normativa internazionale, come,
peraltro, lo stesso consulente, secondo il giudice del gravame, aveva riconosciuto. Così
come è stata ribadita l’irrilevanza degli altri fattori ritenuti dall’ing. Toresin, consulente
dell’imputato, quali concause dell’incidente (in particolare, le condizioni atmosferiche e la
soglia di atterraggio), laddove, secondo lo stesso giudice, nessuna persuasiva analisi critica
lo stesso consulente aveva proposto rispetto alla tesi dell’errore umano individuato, quale
causa dell’incidente, dall’ing. Galatolo le cui conclusioni tecniche anche il giudice del
gravame ha ritenuto di condividere perché sostenute da precisi dati testimoniali e scientifici;
diversamente da quelle esposte dal consulente dell’imputato, basate su dati non riscontrati
dalla normativa internazionale e sul richiamo ad agenti esterni, senza soffermarsi sulla tesi
dell’errore umano, pure chiaramente emersa dalle testimonianze assunte.
Infondate, infine, sono state ritenute anche le altre censure, concernenti il regime
sanzionatorio e la qualificazione giuridica del fatto contestato.

-5- Con memoria ed allegata documentazione pervenuta presso la cancelleria di questa
Corte, il ricorrente rielabora a ribadisce le censure proposte con il ricorso in punto di
affermazione della responsabilità, di mancata assunzione di perizia tecnica ricostruttiva
dell’incidente, di qualificazione giuridica del fatto, che consentirebbe di prendere atto
dell’intervenuta prescrizione del reato, di intervento della parte civile.
Considerato in diritto.
Il ricorso è fondato, sia pure per ragioni diverse da quelle indicate dal ricorrente, in quanto
concernenti la qualificazione giuridica del fatto contestato, sotto il profilo della sussistenza
dello stesso.
-1- Prima di esaminare lo specifico tema che sorge dall’esame della vicenda processuale,
ritiene la Corte di dovere svolgere talune premesse.
Non vi è dubbio che l’incidente aereo di che trattasi è stato determinato da un’errata
manovra del pilota durante la fase di atterraggio del velivolo.
A tali conclusioni sono correttamente pervenuti i giudici del merito sulla base, non solo
delle testimonianze rese dal passeggero Rossetti Roberto e dai controllori di volo Mollica
Francesca Romana e Vittorini Valentina, ma anche delle considerazioni svolte e dalle
conclusioni rassegnate dal consulente del PM, ing. Galatolo. Costui, invero, dopo avere
escluso che l’incidente potesse essere ricondotto ad anomalie del velivolo o ad avarie ai
comandi di volo e che il precedente decollo di altro velivolo, di più notevoli dimensioni – un
“Airbus A 319” -, potesse avere in qualche nodo negativamente interferito con la manovre di
atterraggio del “Piper”, e dopo avere anche precisato che le condizioni metereologiche erano
del tutto ottimali per la buona visibilità e per la presenza di un vento debole che non poteva

Più in generale, sostiene il ricorrente che la corte territoriale non si sarebbe fatta carico
degli argomenti svolti nell’atto di appello; in particolare, non avrebbe rilevato che l’aereo,
prima di iniziare il volo incontrollato conclusosi con l’incidente, aveva toccato il suolo,
ovvero era ormai a pochi centimetri da terra, ed aveva quindi concluso l’atterraggio, come
affermato dagli stessi controllori di volo, di guisa che errata sarebbe l’attribuzione della
perdita di controllo del velivolo all’estrazione dei “flaps”.
La stessa corte non avrebbe considerato l’alternativa ricostruzione dei fatti proposta dal
consulente dell’imputato, del tutto credibile, si sostiene nel ricorso, sul piano scientificoaeronautico.
4.2) Mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione in relazione al rigetto
della richiesta di disporre perizia tecnica ricostruttiva dell’incidente, ritenuta dal ricorrente
necessaria in considerazione del contrasto rilevato tra i consulenti delle parti;
4.3) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di qualificazione giuridica del
fatto e di trattamento sanzionatorio. Sostiene il ricorrente che non ricorrerebbe, nel caso in
esame, la fattispecie delittuosa aggravata prevista dal 2° comma dell’art. 449 cod. pen.
(disastro aviatorio), bensì quella descritta al 1° comma, atteso che nel concetto di trasporto
aereo di persone deve intendersi la sola fattispecie del trasporto commerciale, cioè del
trasporto di passeggeri dietro emissione di biglietto e pagamento del relativo prezzo. In ogni
caso, la fattispecie di cui al 2° comma rappresenterebbe non un reato autonomo, bensì
un’aggravante del reato descritto sub comma 1°. A tale proposito, nulla avrebbe osservato la
corte territoriale;
4.4) Violazione di legge in punto di intervento della parte civile. Si sostiene nel ricorso
che, non essendosi la società costituitasi parte civile -“Avilu s.a.”- presentata nel giudizio di
appello, la corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare implicitamente revocata la
costituzione in giudizio della stessa, ai sensi dell’art. 82 cod. proc. pen., di guisa che del
tutto irrituale sarebbe la conferma, nella sentenza impugnata, delle statuizioni civili.

-2- Con riferimento al tema della qualificazione giuridica del fatto contestato, proposto dal
ricorrente sotto il profilo della sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 449 co. 2 del
codice penale, osserva la Corte che esso debba essere preso in considerazione sotto il più
pregnante profilo della sussistenza stessa della fattispecie contestata. A ciò potendo questa
stessa Corte accingersi benché non abbia, sul punto, il ricorrente proposto uno specifico
motivo di ricorso, e benché la questione non sia stata posta all’attenzione del giudice di
appello, atteso che certamente rientra tra i poteri di cognizione del giudice di legittimità
quello di procedere alla corretta qualificazione giuridica del fatto ove erroneamente
individuata dal giudice del merito. Potendo tale potere essere esercitato, ove non siano
necessari accertamenti in punto di fatto, anche d’ufficio, ex art. 609, comma secondo, cod.
proc. pen., poiché l’esatta definizione giuridica del fatto, persino se più grave rispetto a
quella ritenuta dal giudice di merito (non potendosi, in ogni caso, riformare in peius la
pena), è, secondo la condivisa giurisprudenza di legittimità, questione rilevabile, appunto,

arrecare alcun problema alle fasi di avvicinamento e di atterraggio dello stesso velivolo, ha
conclusivamente sostenuto, con argomentazioni tecniche motivatamente ritenute dai giudici
del merito del tutto coerenti e condivisibili, che le cause dell’incidente dovevano ricercarsi
nel “fattore umano”, cioè nella condotta dell’uomo, in particolare, del pilota, odierno
ricorrente.
Costui, invero, hanno sostenuto gli stessi giudici, richiamando i pareri espressi dal
consulente del PM, nel procedere all’operazione di estrazione dei “flaps”, azionando una
leva che si trovava sulla sua destra, aveva provocato, agendo sul volantino, una rotazione del
muso del velivolo verso sinistra, per correggere il quale aveva dato “piede destro”.
L’incrocio dei comandi (rotazione del volantino verso sinistra associata al tentativo di
deviazione verso destra azionando il timone verticale con il piede destro) aveva provocato
una situazione di stallo, esaltata da un debole vento laterale, con conseguente impennata del
velivolo che, ormai fuori controllo, era ricaduto al suolo. L’incidente era stato quindi
determinato da un errore di manovra commesso dal pilota che, d’altra parte, è stato anche
precisato, poteva vantare una limitata esperienza, avendo accumulato pochissime ore di volo
(cento, di cui meno di un terzo quale pilota comandante), poco al di sopra del minimo
indispensabile per mantenere la licenza.
Non hanno omesso, peraltro, i giudici del merito, di esaminare la tesi proposta dal
consulente dell’imputato, ing. Toresin, secondo il quale la perdita di allineamento del
“Piper” era stata provocata da un fenomeno noto come “jet blast”, cioè dalle turbolenze
provocate dal decollo dallo stesso aeroporto, avvenuto circa tre minuti prima dell’atterraggio
del “Piper”, di un “Airbus”; turbolenze che avevano investito il piccolo velivolo costretto,
dalle disposizioni impartite dalla torre di controllo, ad atterrare in prossimità del punto di
decollo dell’ “Airbus”. Tesi che la corte territoriale ha tuttavia ritenuto infondata, alla
stregua dei giudizi espressi in proposito dal consulente del PM, posto che i tempi e gli spazi
di separazione stabiliti dalla normativa internazionale per i vortici di scia, ampiamente
rispettati nel caso di specie, consentono di evitare gli effetti negativi del “jet blast”.
L’incidente è stato quindi correttamente e motivatamente addebitato all’errata ed imperita
manovra del pilota, mentre le censure proposte in proposito dal ricorrente si presentano
palesemente infondate, ed in sostanza generalmente ripetitive di considerazioni già poste
dall’imputato all’attenzione della corte territoriale, che le ha respinte con argomentazioni del
tutto condivisibili ed in sintonia con le emergenze probatorie in atti; in particolare, con le
conclusioni rassegnate dal consulente del Pm, giustamente apparse, diversamente da quelle
svolte dal consulente dell’imputato, convincenti e sostenute da considerazioni tecniche
inoppugnabili – che rendevano anche inutile il ricorso ad ulteriori approfondimenti tecnici oltre che da dati testimoniali di sicuro rilievo e certamente attendibili.

-3- Tanto necessariamente precisato, e rilevato che nella comune accezione del termine la
parola “disastro” indica un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, una sciagura
capace di provocare danni di vaste propozioni, osserva la Corte che l’art. 449 è inserito nel
capo terzo del titolo sesto del codice penale, che tratta dei delitti colposi di comune pericolo
e descrive fattispecie – attraverso le quali il legislatore ha inteso proteggere beni primari
dell’uomo, come la vita, l’integrità fisica, la salute – che evocano eventi di straordinaria
potenzialità distruttiva (quali crolli, incendi, frane, disastri ferroviari ed aerei, naufragi)
astrattamente in grado di coinvolgere un numero non individuabile di persone. Si tratta,
quindi, di eventi di tale gravità e complessità da determinare, in vista del potenziale
distruttivo e diffusivo di cui sono portatori, una concreta situazione di pericolo per la
pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo
all’attitudine di taluni eventi a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di
persone.
Con specifico riferimento al disastro aviatorio, occorre rilevare che l’art. 428 cod. pen., che
richiama la caduta di aeromobili ed al quale fa anche espresso rinvio l’art. 449, distingue il
caso che la caduta riguardi un velivolo di proprietà altrui, cioè di soggetto diverso
dall’autore del fatto (comma 1) dal caso in cui costui ne è proprietario (comma 3).
Mentre nel primo caso la norma non fa riferimento alcuno al requisito del pericolo per
l’incolumità pubblica, nel secondo caso la sussistenza di tale requisito è espressamente
prevista, di guisa che è stato sostenuto che, allorché a cadere sia un velivolo di proprietà del
reo, occorre, per la sussistenza del reato, che dal fatto derivi un concreto pericolo per la
pubblica incolumità; requisito ritenuto, viceversa, non necessario nel caso di caduta di un
velivolo di proprietà altrui, in relazione al quale il pericolo sarebbe presunto dalla legge.
La fattispecie descritta sub comma 1 dell’art. 428 integrerebbe, quindi, un’ipotesi di reato
di pericolo presunto, sul rilievo che la caduta di un aeromobile provoca comunque allarme e
determina situazioni di generale pericolo, di guisa che, ai fini della sussistenza del delitto in
questione, non occorre che il giudice accerti che la caduta dell’aeromobile abbia posto in
pericolo la pubblica incolumità.
Tale interpretazione, tuttavia, è stata, da alcun tempo, da questa Corte riconsiderata, nel
senso che è stato ritenuto necessario che la situazione di pericolo che comunque rappresenta
il presupposto al quale si ricollega la fattispecie in esame, debba comunque presentare una
pur apprezzabile concretezza, in qualche modo idonea a generare una condizione di pericolo
per la pubblica incolumità. Si è quindi inteso sostituire a concetto di pericolo presunto quello
di pericolo astratto, di un pericolo, cioè, che presenti la concreta potenziale idoneità a
determinare una situazione di pericolo per la vita, l’integrità fisica, la salute delle persone.
E’ stato, quindi, in proposito da questa Corte recentemente affermato (Cass. n. 36639/12)
che “non integra il reato qualsiasi precipitare a terra(di un aeromobile) governato dalla
sola forza di gravità ma va accertato, alla luce degli elementi concretamente determinatisi,
quali le dimensioni del mezzo, il numero dei passeggeri che può essere trasportato, il luogo
effettivo di caduta, l’espansività e la potenza del danno materiale, se il fatto era in grado di
esporre a pericolo l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone”. Tale verifica, è
stato precisato, deve essere eseguita dal giudice con giudizio ex ante, ovvero accertando, alla
luce dei fattori conosciuti e conoscibili da parte dell’agente, “se il fatto era in grado di
esporre a pericolo l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone, richiedendo il
pericolo astratto, nella specie, la verosimiglianza della presenza di un numero
indeterminato di persone nella sfera di esplicazione del fatto”. Con riguardo al delitto
oggetto d’esame, la verifica che deve essere eseguita concerne, quindi, il possibile

d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass. nn. 45583/05, 4984 del 19.12.06 rv
236318, 11055/08, 39841/09, 13387 del 16.5.13 rv 259730, 3211de1 20.12.13 rv 258538).

-4- Orbene, ribadito che l’incidente è stato causato dalla condotta colposa, sotto il profilo
dell’imperizia, tenuta, durante la manovra di atterraggio, dal Meile, che giustamente è stato
ritenuto responsabile anche dei danni che la sua condotta ha provocato alla società
proprietaria del velivolo, al risarcimento dei quali è stato giustamente condannato dal primo
giudice (nulla, peraltro, rilevando l’assenza o la mancata presentazione delle conclusioni
della parte civile nel giudizio di appello, non integrando tale condotta gli estremi della
revoca tacita della costituzione di parte civile di cui all’art. 82, comma secondo, cod. proc.
pen., essendo quest’ultima norma applicabile al solo giudizio di primo grado), osserva la
Corte che, alla stregua dei condivisi principi sopra richiamati, l’incidente in questione non
possa essere qualificato quale disastro aviatorio, mancando nei fatti contestati l’elemento
costitutivo tipico di tale fattispecie, non potendosi sostenere, alla luce delle non contestate
emergenze, che l’evento determinatosi abbia rappresentato pericolo alcuno per la pubblica
incolumità.
Il tipo di velivolo coinvolto nel sinistro, il luogo di caduta dello stesso, le modalità con le
quali l’incidente si è verificato, così come descritte nel capo d’imputazione e ritenute dai
giudici del merito, non consentono, in realtà, di cogliere alcuno degli indici sintomatici tipici
del disastro, cioè di un evento in grado, per la gravità e la complessità che lo hanno
caratterizzato, di porre in pericolo l’incolumità di un indeterminato numero di persone; al
contrario, le emergenze probatorie acquisite autorizzano ad escludere nel fatto qualsiasi
implicazione in tal senso.
Si trattava, invero, di un piccolo velivolo (un “Piper”), adibito al trasporto di un
ristrettissimo numero di persone (al momento dell’incidente, si trovano a bordo i due piloti e
un passeggero), che ha perso il corretto assetto di volo, a causa di un errore commesso dal
pilota, proprio nella fase terminale della manovra di atterraggio, quando già l’aeromobile si
trovava, secondo quanto dichiarato dal personale in servizio alla torre di controllo, “sulla
pista praticamente” (teste Vittorini) o aveva addirittura già “messo le ruote a terra” (teste
Mollica), ovvero, secondo il passeggero Rossetti, quando essi si trovavano “molto bassi
sulla pista”. In una posizione, cioè, e in un luogo che – anche in considerazione delle
modalità con le quali l’incidente si è svolto -, di per sé, erano tali da escludere qualsiasi
coinvolgimento nell’evento di persone diverse da quelle che si trovavano a bordo del
velivolo. Questo, invero, giunto sulla pista o a pochi centimetri dalla stessa, sbilanciatosi al
momento dell’atterraggio, rimasto fuori controllo, era, secondo la ricostruzione proposta dai
giudici del merito, scivolato sull’ala sinistra ed aveva impattato “con l’estremità dell’ala
sinistra sull’asfalto”, con conseguente distacco della stessa e “rotazione del velivolo che,
dopo avere urtato frontalmente il fossato con l’elica e il motore, si era arrestato sulla rete di
recinzione”.
Non vi è dubbio, quindi, che le modalità dell’incidente, la ristrettezza dell’area interessata,
libera da strutture di qualsiasi tipo, ben lontana da luoghi ove avrebbero potuto trovarsi altre
persone, portano ad escludere, già con valutazione ex ante, che l’incidente potesse
caratterizzarsi da tale gravità e complessità, da così elevata capacità distruttiva da poter
mettere a rischio la vita, l’incolumità o la salute di un indeterminato numero di persone.
-5- L’evidenza di tali conclusioni, che portano ad escludere la sussistenza del delitto
contestato, e la inutilità di ulteriori approfondimenti in fatto, impongono l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata; rimanendo assorbiti i motivi di ricorso proposti
dall’imputato.

coinvolgimento nell’evento “di un numero indeterminato di persone” che si trovino presenti
nella sfera di esplicazione del fatto”.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA