Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5395 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5395 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MANZONE VALDO N. IL 23/02/1953
avverso l’ordinanza n. 1427/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 08/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 20/09/2013

Ritenuto in fatto e in diritto.

Con decreto del giorno 8.11.2012, il presidente del Tribunale di Sorveglianza
di L’Aquila dichiarava inammissibile l’istanza formulata da MANZONE Valdo, di
affidamento in prova al servizio sociale, sul presupposto che l’istanza non risultava
corredata dalla dichiarazione o elezione di domicilio effettuata dal condannato non

Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa
dell’interessato, contestando la rigida interpretazione data al disposto normativo
suindicato e sollecitando una valutazione ispirata al significato dell’obbligo imposto di
rendere conoscibile all’A.G. il luogo in cui possano essere indirizzati gli atti del
procedimento, finalità che sarebbe raggiunta nella sostanza con la sola indicazione del
difensore di fiducia e dell’elezione di domicilio.

Il motivo suona manifestamente infondato. Il Tribunale ha correttamente
seguito l’orientamento interpretativo delle Sezioni Unite 17.12.2009, n. 18775,
secondo cui la disposizione in esame è tassativa (“a pena di inammissibilità”) e devesi
di conseguenza escludere che l’obbligo incombente sul condannato non detenuto
possa essere assolto attraverso il “recupero” di indicazioni equipollenti, pur desumibili
dagli atti processuali (quali le mere indicazioni circa il domicilio o la residenza
dell’istante), o che possano considerarsi precedenti dichiarazioni o elezioni di domicilio
che valide, ai sensi dell’art. 164 c.p.p., per ogni stato e grado del giudizio di
cognizione, perdono efficacia in relazione al procedimento di esecuzione e di
sorveglianza. E’ stato scritto che “questi procedimenti, non costituiscono, infatti, una
fase o un grado del procedimento di cognizione, ma sono del tutto autonomi, con la
conseguenza che la dichiarazione o la elezione di domicilio effettuata nel giudizio di
cognizione non è suscettibile di “trasmigrazione” nel procedimento esecutivo ed in
quello di sorveglianza. Cosicchè la richiesta di misura alternativa proposta ai sensi
dell’art. 656, comma 6, c.p.p. deve essere corredata, a pena di inammissibilità, dalla
dichiarazione o dalla elezione di domicilio del condannato prevista dall’art. 677,
comma 2 bis, c.p.p.; che tale obbligo non può essere assolto con modalità diverse da
quelle previste; che l’obbligo in questione sussiste pur quando l’istanza sia presentata
dal difensore, a meno che il condannato risulti in atti irreperibile o latitante.

Pertanto, il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una congrua
somma alla cassa delle ammende, che si ritiene di fissare in euro mille, non essendo
configurabile nella specie assenza di colpa della ricorrente.

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detenuto, così come prescritto dall’art. 677 c. 2 cod.proc.pen.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione VII Penale

ORDINANZA N 145-2° 1 43
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma addì 20 Settembre 2013.

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