Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5386 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5386 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MIRRA ANTONIETTA N. IL 22/06/1963
avverso la sentenza n. 841/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
25/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/09/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 25 giugno 2012 la Corte di appello di Napoli
ha confermato la sentenza emessa il 24 settembre 2010 dal Tribunale di
Benevento con la quale Mirra Antonietta era stata condannata, riconosciute le

reclusione per il delitto di incendio di due capannoni di proprietà del comune di
Apice, adibiti a deposito di rifiuti consistenti in carta, cartone e plastica, estesi
circa 300 mq, ciascuno, e tra loro adiacenti su livelli diversi; fatto commesso in
Apice, il 26 marzo 2010.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Mirra
tramite il difensore, il quale ha dedotto: a) vizio della motivazione con riguardo
al negato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione di cui
all’art. 62 n. 2 cod. pen.; b) vizio della motivazione con riguardo all’entità della
pena inflitta senza valutare tutti i criteri indicati nell’art. 133 cod. pen.; c)
difetto assoluto di motivazione sulle doglianze dell’imputata appellante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Contrariamente alla tesi del ricorrente, il giudice di appello ha esaminato
tutte le doglianze proposte e motivato in modo esauriente e adeguato: a) il
negato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione per
difetto del fatto ingiusto altrui, tale non potendo ritenersi il licenziamento,
risalente al 2009, del figlio della Mirra, Giardiello Edgar, da parte del gestore,
Bocchino Antonio, del deposito di rifiuti cui fu appiccato il fuoco; b) l’entità della
pena inflitta con specifico richiamo a tutti i criteri indicati nell’art. 133 cod. pen.

e, tra questi, a quelli ritenuti più rilevanti nel caso di specie (gravità della
condotta e delle conseguenze, trattandosi di incendio di vaste proporzioni che,
pur domato dai vigili del fuoco, distrusse completamente uno dei capannoni e si
propagò anche a quello ad esso adiacente; entità del danno economico arrecato
e capacità a delinquere dimostrata dall’imputata, la quale agì con assoluta
noncuranza e spregio per le conseguenze della sua condotta, appiccando il
fuoco con un accendino, successivamente sequestrato, alla carta depositata nel
capannone, materialmente altamente infiammabile).

CI

circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni due e mesi quattro di

Quanto alla pur dedotta omessa risposta agli specifici motivi di appello in
tema di trattamento sanzionatorio, essa, oltre ad essere genericamente dedotta
dalla ricorrente, è palesemente smentita dalla diffusa motivazione della Corte di
merito sulla pena, sopra richiamata.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e,

causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 20 settembre 2013.

in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della

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