Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53856 del 15/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53856 Anno 2017
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: DI GIURO GAETANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CONFORTI CARMINE nato il 20/03/1970 a SAN FILI

avverso l’ordinanza del 22/09/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;

Data Udienza: 15/09/2017

RILEVATO IN FATTO

Con l’ ordinanza di cui in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro
dichiarava inammissibile l’istanza formulata da Conforti Carmine, volta ad
ottenere la detenzione domiciliare, previo accertamento della collaborazione
impossibile o irrilevante, in relazione alla pena inflitta con sentenza del G.i.p. del
Tribunale di Catanzaro in data 16/01/2014 per estorsione aggravata ai sensi dell’
art. 7 I. 203/91, osservando come in tema di misure alternative fosse causa

uno dei delitti di cui all’art. 4

bis ord. pen., a nulla rilevando a tal fine

l’inesigibilità della collaborazione con la giustizia.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Conforti,
tramite il proprio difensore, deducendo violazione di legge in relazione agli artt.
47 ter, 4 bis e 58 ter ord. pen. e vizio di motivazione. Si rilevava che la lettura
congiunta delle tre disposizioni imponeva di riconoscere la concedibilità della
detenzione domiciliare anche al condannato in via definitiva per un reato di cui
all’ art.4 bis nell’ipotesi di collaborazione ai sensi dell’ art. 58 ter. Quindi, nel
caso specifico il Conforti, che, come emergente dalla summenzionata sentenza,
aveva reso piena confessione, consentendo di escludere la responsabilità del
correo, aveva pertanto posto in essere un’ effettiva collaborazione nei limiti in
cui era risultata possibile (non potendo coinvolgere alcuna associazione in quanto
inesistente; invero, l’aggravante era stata configurata per il metodo mafioso, ma
non per l’agevolazione associativa), ed aveva già beneficiato degli arresti
domiciliari, era meritevole della concessione della detenzione domiciliare. Si
insisteva, quindi, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato alla luce
dell’orientamento consolidato di questa Corte.
In tema di misure alternative alla detenzione, è causa ostativa
all’applicazione della detenzione domiciliare la condanna irrevocabile per uno dei
delitti indicati nell’art. 4 bis 0.P., a nulla rilevando, a tal fine, la inesigibilità della
collaborazione con la giustizia, posto che il rinvio operato dalla disposizione sulla
detenzione domiciliare è al catalogo di reati di cui all’indicato articolo e non al
suo contenuto (Sez. 1, n. 20145 del 27/04/2011 – dep. 20/05/2011, Barbato,
Rv. 250277).
Invero, la preclusione secca alla concedibilità di detta misura alternativa ai
condannati per uno dei delitti ex art. 4 bis ord. pen. trova la sua ragione d’essere

ostativa all’applicazione della detenzione domiciliare la condanna irrevocabile per

nella considerazione che la detenzione domiciliare non è una misura
trattamentale, essendo priva di prescrizioni a contenuto risocializzante, e che le
limitazioni applicabili non sono sufficienti a neutralizzare la pericolosità attribuita
dal legislatore a tali condannati.
All’ inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2017.

P.Q.M.

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