Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53853 del 15/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 53853 Anno 2017
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: DI GIURO GAETANO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SCHIAVONE NICOLA nato il 11/04/1979 a LORETO

avverso l’ordinanza del 20/09/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;

Data Udienza: 15/09/2017

RILEVATO IN FATTO

Con l’ ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila
rigettava il reclamo proposto da Schiavone Nicola, detenuto all’atto della
domanda presso la Casa circondariale L’Aquila, avverso il provvedimento con cui
il Magistrato di sorveglianza dell’Aquila aveva rigettato il reclamo col quale il
detenuto aveva chiesto di disporsi la revoca della propria assegnazione in “area
riservata” lamentando che fosse del tutto illegittima per mancanza di qualsivoglia

allocazione comportava per le sue già compromesse condizioni di salute.
Il suddetto Tribunale riteneva non accoglibile il reclamo, rilevando che
l’allocazione dello Schiavone in una sezione denominata “2^ Sezione Area
Riservata” era avvenuta in forza di una disposizione del D.A.P., che allo stesso in
detta area era assicurata la socialità con altri due detenuti, erano altresì garantiti
tutti gli istituti trattamentali previsti dall’ordinamento per i detenuti al 41

bis,

anche se in orari diversi per motivi logistici e di organizzazione, e che la sezione
presenta celle di identica dimensione e arredamento rispetto a quelle delle
sezioni ordinarie per 41 bis ord. pen.; inoltre che il detenuto poteva fruire del
cortile passeggio e della palestra con le stesse modalità e gli stessi tempi degli
altri detenuti sottoposti al regime differenziato. Evidenziava, altresì, che nel
reclamo non erano ravvisabili lesioni del diritto del singolo detenuto, né
risultavano compromesse le condizioni di salute del suddetto a causa della detta
assegnazione; inoltre, che la ripartizione dei detenuti all’interno della struttura
carceraria era riconducibile al potere discrezionale dell’Amministrazione di
organizzare la vita all’interno dell’Istituto di restrizione, considerando la
pericolosità dei detenuti; infine che la doglianza relativa alla mancata conoscenza
dei motivi dell’assegnazione alli area riservata era infondata considerato che gli
stessi non potevano essere oggetto di censura ove rispondenti a criteri obiettivi e
verificabili.
• Avverso tale ordinanza lo Schiavone ricorreva personalmente per
cassazione, deducendo violazione di legge, insistendo sull’omessa notifica del
decreto di assegnazione alli area riservata, con conseguente lesione del diritto di
difesa, considerata la maggiore afflittività della detenzione nell’ area riservata,
rilevando come ben tre reclami di altri detenuti avessero evidenziato un
aggravamento delle condizioni di salute degli stessi per l’assegnazione ad una
sezione riservata e come l’ordinanza in esame fosse stata redatta col sistema del
copia e incolla, tanto da essere indicato un diverso nome del ricorrente. Insisteva
per l’annullamento di detta ordinanza.

motivazione concreta, di un termine di durata e per il pregiudizio che tale

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, essendo fondato su motivi aspecifici e
manifestamente infondati.
Detto ricorso non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura giurisdizionale, ma tende in realtà a provocare una nuova e
non consentita valutazione del merito dei presupposti applicativi del
provvedimento adottato nei suoi confronti.

risultanti agli atti, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea
applicazione della legge penale e processuale, nei termini sopra indicati.
Con dette argomentazioni, che rispondono ai rilievi già formulati in sede di
reclamo in modo non solo non manifestamente illogico ma scevro da vizi di
interpretazione delle norme di cui si assume la violazione, il ricorrente non si
confronta, riproponendo in questa sede i medesimi rilievi e reiterando la richiesta
di rivalutazione degli elementi a fondamento del rigetto del reclamo.
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle
ammende, determinabile in 2.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2017.

L’ordinanza impugnata, peraltro, ha correttamente valutato gli elementi

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