Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5378 del 05/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5378 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PREITI GIUSEPPE N. IL 15/08/1964
PREITI MICHELANGELO N. IL 08/02/1970
avverso l’ordinanza n. 313/2014 TRIB. LIBERTA’ di BRESCIA, del
31/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
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Data Udienza: 05/12/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza in data 21 luglio 2014 il tribunale del riesame di Brescia confermava l’ordinanza
emessa in data 30 giugno 2014 dal Gip del locale tribunale nei confronti di PREITI Giuseppe e
PREITI ft( Michelangelo con riguardo al reato di concorso in lesioni personali, sequestro di
persona, rapina aggravata e tentata estorsione in danno di De Nardo Giuseppe.
Ricorrono per cassazione gli imputati deducendo che il provvedimento impugnato è incorso in:

riguardo all’aggravante di cui all’articolo 7 legge numero 203/1991. Contestano le
valutazioni operate dai giudici con riguardo alla sussistenza di detta aggravante.
Rilevano che gli indagati non hanno agito con metodi mafiosi.
2. Violazione di legge in relazione alla sussistenza dei gravi indizi con riguardo al delitto di
estorsione. Sostengono che l’esclusione della sussistenza del reato di estorsione deriva
dalle stesse dichiarazioni della parte offesa.
3. violazione di legge in relazione ai gravi indizi con riguardo all’articolo 628 codice penale
lamentano che il tribunale del riesame ha dato credito alle dichiarazioni della parte
offesa sul punto imprecisa;
4. con riguardo alla posizione di PREITI Michelangelo violazione di legge in relazione ai
gravi indizi di colpevolezza in ordine alla sua partecipazione all’azione aggressiva;
5. violazione di legge con riguardo al giudizio di adeguatezza della misura
In data 4.12.2014 perveniva rinuncia al ricorso nell’interesse di entrambi i prevenuti con atto a
firma del difensore Avv. Carmela Pirottina. Ciò detto deve rilevarsi che la rinuncia
all’impugnazione è un atto processuale a carattere formale, che consiste in una dichiarazione
abdicativa, irrevocabile e recettizia, da cui discende l’effetto della inammissibilità
dell’impugnazione, una volta che l’atto sia pervenuto alla cancelleria dell’ufficio giudiziario.
L’atto, non costituendo l’espressione dell’esercizio del diritto di difesa, richiede la
manifestazione inequivoca della volontà dell’interessato, espressa personalmente o per mezzo
di procuratore speciale (Sez. U., n. 18 del 5 ottobre 1994).
Alla luce di tali principi, nel caso in esame la rinuncia al ricorso per cassazione formulata dal
difensore privo di procura speciale non può, quindi, ritenersi valida.
Il ricorso è inammissibile perché generico e versato in fatto.
Con riguardo alla gravità indiziaria deve rilevarsi che in tema di misure cautelari personali, la
valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di
legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza,
adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa,

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1. violazione di legge in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con

le censure, che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione
di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto decidente .
Nel caso in esame il giudice di merito ha dato conto, con motivazione coerente, specifica e
priva di vizi logici degli elementi a carico degli indagati, dando atto di avere condiviso, allo
stato, per le modalità di emersione della vicenda ed elevato grado di dettaglio del racconto, il
giudizio di attendibilità della parte offesa proprio per la nutrita serie di convergenti riscontri di
vario tipo (pag. 6 ordinanza impugnata) e ha ritenuto, considerando anche le sostanziale

gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di lesioni personali, sequestro di persona e rapina
aggravata, contestati a titolo di concorso, nei confronti di entrambi gli indagati. Così come con
riguardo al reato di estorsione ha considerato accreditabile la versione dell’accusa
disattendendo le argomentazioni difensive con motivazione coerente e specifica sia in punto di
fatto sia in punto di qualificazione giuridica del reato. Ha infatti ritenuto che se anche l’atto
intimidatorio fosse stato diretto ad ottenere il pagamento delle quote sociali la richiesta di
derubricazione era preclusa dal fatto che la parte offesa era gravata da un debito nei confronti
del solo Di Pasquale, debito peraltro non ancora scaduto con la conseguenza che tale pretesa
non poteva essere tutelata davanti all’autorità giudiziaria. Così come con motivazione in fatto
incensurabile in questa sede ha ritenuto che l’agguato si sia realizzato con metodi tipicamente
mafiosi. E’ stato sottolineato come si sia trattato di una forma di pressione particolarmente
intensa ( sei persone provenienti della stessa provenienza geografica , che si avvalgono di
modalità rivelatrici di una preventiva pianificazione) finalizzata a dimostrare alla persona
destinataria della minaccia che dietro la richiesta si muove un vero e proprio gruppo di persone
adusa all’ uso di minacce gravi per raggiungere le proprie finalità.
Così come con il richiamo al profilo criminale degli indagati e all’oggettiva gravità dei fatti ha
dato conto della esclusiva adeguatezza della misura in atto .
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese
del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1000,00 euro ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, e
ciascuno al versamento della somma di 1000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. Si
provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. .cod. proc. pen.
Così deliberato in Roma il 5.12.2014

ammissione di Preiti Giuseppe in sede di interrogatorio di garanzia, certamente integrati i

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