Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5377 del 05/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5377 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AMICO GIULIANA PIA MARGHERITA N. IL 09/11/1976 parte
offesa nel procedimento
c/
VERDESCA MIRIAM N. IL 27/06/1965
avverso il decreto n. 1469/2014 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
06/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA; ,
lette/~e conclusioni del PG Dott. & L ,_j> R,
7:-.0 0 1onc31-1

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 05/12/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con provvedimento in data 6 marzo 2014 il GIP del Tribunale di Lecce, dichiaratq inammissibile
l’opposizione presentata dalla parte offesa D’Amico Giuliana Pia Margherita perché non era
stata indicata alcun q investigazione suppletivei , provvedeva all’archiviazione del procedimento
a carico di Verdesca Miriam e Carra Patrizia indagate per violazione dell’art. 646 c.p.

pubblico ministero aveva motivato la richiesta di archiviazione basandosi solo ed
esclusivamente sulla tardività della querela senza spendere una sola parola sul merito della
questione. Ritiene pertanto che nell’atto di opposizione non doveva indicare alcuna
investigazione suppletiva ma solo contestare l’asserita tardività della querela, come aveva
fatto, con appropriate argomentazioni in diritto. Lamenta quindi la mancata instaurazione del
contraddittorio in udienza camerale. Deduce anche violazione di legge in quanto il G.I.P.
sarebbe incorso in evidente errore nell’affermare la tardività della querela.
Il ricorso è inammissibile.
La giurisprudenza di legittimità assolutamente prevalente ( Cass. N. 23624 del 2004 Rv.
228928, N. 47980 del 2004 Rv. 230707, N. 16505 del 2006 Rv. 234453; n. 167 del 2010
Rv. 249236; N 21226 del 2013 Rv. 255676), proprio sulla base del tenore letterale degli
articoli 409 e 410 cod. proc. pen., afferma testualmente che è condizione di ammissibilità
dell’opposizione (e quindi dell’obbligo di trattazione in udienza camerale) la indicazione di nuovi
mezzi di prova che siano pertinenti all’oggetto della indagine. Se l’atto di opposizione
riguardava essenzialmente la tempestività della querela l’opponente avrebbe dovuto indicare
anche i presupposti per la procedibilità dell’azione penale, mentre tali elementi non risultano
essere stati specificamente indicati. In tal senso deve essere interpretata la motivazione del
provvedimento, ove si evidenzia l’omessa indicazione di nuovi elementi di prova, da parte
dell’opponente, essendo tale frase omnicomprensiva anche dei presupposti per procedere.
E’ esclusa pertanto l’ammissibilità di una opposizione meramente “argomentativa”, che non
impedisce la decisione de plano, pur potendo tale opposizione essere, ovviamente, valutata
quale memoria difensiva, come avvenuto nel caso in esame.
Quindi non può che confermarsi la interpretazione corrente, ribadendosi che il legislatore ha
inteso consentire alla persona offesa poteri di impulso in caso di carenza delle indagini ma non
ha riconosciuto alcun potere di discutere in contraddittorio i profili contenutistici di fondatezza
dell’accusa e configurazione giuridica del fatto, evidentemente anche per evitare l’eccessiva
dilatazione dello strumento dell’opposizione all’archiviazione se diversamente disciplinato. La
natura, “interlocutoria e sommaria… finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio
dell’azione penale e non a un accertamento sul merito dell’imputazione” (C. cost. ord. nn. 153

Ricorre il difensore della persona offesa D’Amico Giuliana Pia Margherita lamentando che il

del 1999, 150 del 1998, 54 del 2003; sent. n. 319 del 1993), e gli strumenti di tutela
dell’offeso (“negli stretti limiti in cui ciò risponda” a tale funzione di controllo: C. cost. ord. n.
95 del 1998), consentono d’affermare che alla pretesa sostanziale del denunziante/querelante
offrono comunque adeguata garanzia: da un lato la possibilità di sollecitare una riapertura
delle indagini anche sulla scorta di indagini difensive (cfr. Cass Sez. 2 27.9.2012); dall’altro
l’intatta facoltà di esercitare i propri diritti d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione
alcuna, nella sede (civile) propria.

del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1000,00 euro

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali,
e al versamento della somma di 1000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma il 5.12.2014
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
Matilde CAMMINO

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese

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