Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5375 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5375 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

Data Udienza: 20/09/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI GIANFELICE ALESSIO N. IL 11/04/1973
avverso la sentenza n. 1236/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
22/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

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Ritenuto in fatto e in diritto.

Con sentenza del giorno 22.11.2009, la corte d’appello di Firenze confermava la
condanna per il reato di concorso in tentativo di incendio inflitta dal Tribunale di
Orbetello, in data 12.11.2009, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione a Di
GIANFELICE Alessio. La Corte rilevava che la base inferenziale su cui era stato fondato il
giudizio di colpevolezza era integrata dal fatto che il locus commissi delicti era un centro

accertato essere Pizzuti Giuseppe, che nei giorni precedenti al fatto erano stati
registrati numerosi contatti telefonici tra il Gianfelice ed il Nutarelli, mentre il giorno del
reato il ricorrente era stato visto con il Pizzuti e questi in quella giornata gli aveva
telefonato dieci volte, infine che i contatti tra loro erano stati molto brevi e che l’ultimo
era collocabile ( alle ore 3) in prossimità temporale dell’azione di appiccamento del
fuoco. Tale base portava i giudici di merito a ritenere del tutto plausibilmente che il
Gianfelice avesse raccolto l’idea del Nutarelli di frodare la compagnia di assicurazione
presso cui aveva stipulato da poco una polizza per il suo esercizio commerciale e che
avesse trovato nel Pizzuti il soggetto che avrebbe messo in atto l’azione criminosa.

Avverso detta sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato per dedurre
violazione di legge, mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza in
quanto il discorso giustificativo sarebbe fondato solo su indizi; l’imputato al più poteva
conoscere che Pizzuti stava ponendo in essere un’azione delittuosa , ma non avrebbe
fornito alcun contributo causale; sarebbe priva di pregio argomentativo la motivazione
con cui la corte avrebbe liquidato come inattendibile il testimone a difesa, Militello
Gandolfo. Viene infine contestata la motivazione sulla misura della pena inflitta.

Il ricorso è inammissibile, perché i motivi sono manifestamente infondati ,
essendo stati dedotti difetti di motivazione insussistenti, avendo la corte operato

estetico di cui era gestore Nutarelli Stefano, che l’autore materiale del fatto era stato

nell’ambito della plausibile opinabilità di apprezzamento, che non consente rivalutazioni.
Il controllo in sede di legittimità si risolve del resto in una valutazione sulla reale
esistenza della motivazione e sulla permanenza della resistenza logica del ragionamento
seguito, essendo preclusa la rilettura dei dati di fatto o l’adozione di nuovi e diversi
parametri preferiti a quelli adottati nei gradi di giudizio precedenti. Il coordinamento dei
plurimi indizi è stato operato in modo efficace ed adeguato , la sottovalutazione della
testimonianza Militello è stata puntuale nei suoi passaggi argomentativi e sulla pena è
stato dato conto della insussistenza di ragioni giustificative della concessione delle
circostanze attenuanti generiche.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad

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escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare
in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso in Roma, 20.9.2013.

processuali e della somma di euro mille , in favore della cassa della ammende.

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