Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5375 del 14/11/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5375 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

si.tricorsithproposto,da:
MURGIA ALESSIO N. IL 24/07/1991
MURGIA GIUSEPPE N. IL 24/07/1991
avverso l’ordinanza n. 135/2014 TRIB. LIBERTA’ di CAGLIARI, del
30/06/2014

et, o eidi. „

s;trta la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
l e/sentite le conclusioni del PG Dott. A cett
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Data Udienza: 14/11/2014

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Cagliari, adito
ex art. 309 c.p.p., ha confermato l’ordinanza coercitiva emessa in data
3.6.2014, con la quale il GIP della stessa città aveva applicato ad ALESSIO e
GIUSEPPE MURGIA, in atti generalizzati, la misura cautelare della custodia in
carcere per i reati di partecipazione ad associazione per delinquere, tentata
rapina e lesioni aggravate (per il solo ALESSIO), porto e detenzione illegale di

intercettazioni telefoniche ed ambientali, con i riscontri acquisiti dalla P.G.
operante nel corso delle ulteriori attività di indagine preliminare.
Contro tale provvedimento, gli indagati (personalmente) hanno proposto
distinti ricorsi per cassazione, deducendo i seguenti comuni motivi, enunciati
nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art.
173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
I/III – violazione degli artt. 125, comma 3, e 292, comma 2, lett. C) e C)bis, c.p.p. e vizi di motivazione quanto al necessario quadro indiziario, alla
valutazione inerente alle esigenze cautelari ed alla scelta della misura
(lamentando che l’ordinanza del GIP sarebbe nulla perché priva di autonoma
motivazione, riportando unicamente passi della richiesta del P.M., sia quanto
agli indizi di colpevolezza che quanto alle esigenze cautelari, e che non si
sarebbe tenuto conto del lungo tempo trascorso dalle date di commissione dei
fatti oggetto di cautela).
All’odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell’art. 127 c.p.p., si è
proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito; all’esito, la parte
presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte, riunita in camera di
consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono integralmente inammissibili, perché presentati per motivi
generici e comunque manifestamente infondati.

Il Tribunale del riesame, con rilievi esaurienti, logici, non contraddittori, e
pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il ricorrente non si confronta
con la necessaria specificità, in concreto riproponendo più o meno
pedissequamente le analoghe doglianze già proposte in sede di riesame, ha in
premessa evidenziato (f. 3) che «nella fattispecie, contrariamente agli assunti

arma comune da sparo ed altro, valorizzando gli esiti delle acquisite

difensivi, il giudice di prime cure ha provveduto a fornire una valutazione
autonoma del materiale probatorio sottoposto alla sua cognizione per ciascuna
ipotesi di reato, fatta eccezione per il reato associativo, rispetto al quale,
tuttavia, il ricorso alla tecnica compilativa del copia ed incolla informatico non
appare censurabile e, soprattutto, non ha determinato nullità del
provvedimento, atteso che il GIP non si è limitato alla mera trasposizione
integrale del contenuto del provvedimento del PM – trasposizione di cui,
peraltro, dà espressamente atto (…) – ma ha svolto subito dopo approfondite

Ha, inoltre, compiutamente indicato gli elementi valorizzati per ritenere
l’integrazione del necessario quadro indiziario (essenzialmente valorizzando gli
elementi emersi dalle acquisite intercettazioni ambientali e telefoniche,
incensurabilmente interpretate, ed i riscontri acquisiti dalla P.G. operante nel
corso delle ulteriori attività di indagine preliminare, tra i quali di particolare
rilievo appaiono il rinvenimento di due fucili a canne mozze in luoghi in
accertata disponibilità di coindagati), pur se in proposito non erano state
proposte specifiche doglianze (f. 3), che non sarebbero, pertanto, deducibili per
la prima volta in questa sede.
Questa Corte (Sez. II, sentenza n. 42408 del 21 settembre 2012, CED Cass.
n. 254037; Sez. I, sentenza n. 1786 del 5 dicembre 2003, dep. 21 gennaio
2004, CED Cass. n. 227110; Sez. I, sentenza n. 2927 del 22 aprile 1997, CED
Cass. n. 207759) ha già chiarito, infatti, che è inammissibile il ricorso contro il
provvedimento del Tribunale del riesame che deduca per la prima volta vizi di
motivazione inerenti ad argomentazione presenti nel provvedimento genetico
della misura coercitiva che non avevano costituito oggetto di doglianza dinanzi
allo stesso Tribunale, non risultandone traccia né dal testo dell’ordinanza
impugnata, né da eventuali motivi o memorie scritte, né dalla verbalizzazione
della ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza
camerale. Non può, infatti, rilevare, in senso contrario, il fatto che il riesame
sia un mezzo di impugnazione totalmente devolutivo, poiché «in mancanza di
specifiche deduzioni difensive il Tribunale in sede di riesame legittimamente può
limitarsi, (…), a concordare “pienamente con la ricostruzione della sussistenza
del quadro indiziario risultante dalla richiesta del PM e dall’ordinanza del GIP”,
riassumendo, poi, i punti essenziali di tale quadro indiziario».

Ha, infine, desunto (f. 5 ss.) l’attualità ed il grado del ritenuto pericolo di
recidiva (essenzialmente valorizzando per entrambi gli indagati la pericolosità
della stabile e rudimentale, ma efficiente, organizzazione predisposta; la

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valutazioni critiche in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di reato».

molteplicità dei fatti contestati – di per sé indice di elevato pericolo di recidiva,
ad onta della incensuratezza di ALESSIO MURGIA – e le loro allarmanti
modalità, compiutamente descritte e denotanti mancanza di freni inibitori e la
comune tendenza a risolvere incidenti anche banali con l’uso di efferata
violenza; la palesata stabile disponibilità ad intraprendere attività criminali
eterogenee, desunta dagli esiti delle intercettazioni incensurabilmente
interpretate), motivatamente ritenendo la necessità dell’applicata misura, per
l’inadeguatezza – in relazione ad entrambi gli indagati – di ogni altra misura

A tali rilievi i ricorrenti non hanno opposto alcunché di decisivo, se non
generiche ed improponibili doglianze fondate su una personale e congetturale
rivalutazione degli elementi considerati dal giudice di merito, e senza
documentare eventuali travisamenti nei modi di rito.

La declaratoria di inammissibilità totale dei ricorso comporti, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali
nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che essi hanno proposto
il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte cost.,
sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta colpa della somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle Ammende a titolo
di sanzione pecuniaria.

La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. Att. C.p.p.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti dì cui all’art. 94 disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, udienza camerale 14 novembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

meno afflittiva.

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