Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 537 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 537 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Eastman Echeverry Jaime Alejandro, nato in Venezuela il 4.2.1975,
avverso la sentenza pronunciata in data 5.1.2012 dalla corte di appello
di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;

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del Foro di Roma, in
udito per il ricorrente, l’avv. iJIÌT.uIc.Ilr

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sostituzione del difensore di fiducia dell’imputato, avv.
che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso, di cui chiede
l’accoglimento.

FATTO E DIRITTO

Data Udienza: 04/07/2013

1. Con sentenza pronunciata il 5.1.2012 la corte di appello di Roma
confermava la sentenza con cui il tribunale di Roma, in data 25.2.2011,
aveva condannato alle pene ritenute di giustizia Eastman Echeverry
Jaime Alejandro, in relazione ai reati di cui agli artt. 74, co. co. 2, d.p.r.

co. 1 e 80, co. 2, d.p.r. 309/90 (capo F), mandandolo assolto dai reati,
sempre in materia di stupefacenti, allo stesso contestati nei capi B); D)
ed E) dell’imputazione.
2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, articolando
cinque motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione della sentenza impugnata, sotto il profilo della manifesta
illogicità e contraddittorietà, nella parte in cui la corte territoriale, al pari
del tribunale, ha ritenuto sussistente la responsabilità dell’Eastman per il
delitto associativo sulla base dello stesso materiale probatorio posto a
fondamento dell’assoluzione pronunciata dal giudice di primo grado in
favore dei coimputati Arteaga, Scapula e Miccoli. Delle due, infatti, l’una:
o le attività svolte insieme da Arteaga, Scapula, Miccoli ed Eastman
costituiscono attuazione degli scopi associativi, e allora le stesse
dimostrano l’adesione all’associazione di ognuno di tali soggetti, ovvero
tali attività sono prive di rilevanza penale, ed allora non hanno valenza
indiziaria nei confronti di alcuni dei soggetti coinvolti.
Né tale contraddizione si può risolvere, facendo appello alla circostanza
che i suddetti imputati non sono stati assolti con formula piena, ma ai
sensi dell’art. 530, co. 2, c.p.p., perché il tipo di formula non fa venir
meno il dato oggettivo che i coimputati dell’Eastman, uno dei quali,
l’Arteaga, ritenuto addirittura il capo del sodalizio, rispetto al quale il
ricorrente si sarebbe collocato in posizione subordinata, sono stati
irrevocabilmente assolti.
3. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la
mancanza di motivazione in ordine ad uno specifico motivo di appello,

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309/90 (capo A); 110, c.p., 73, d.p.r. 309/90 (capo C); 110, c.p., 73,

con il quale si contestava la dimostrazione dell’appartenenza
dell’Eastman al sodalizio criminoso di cui al capo A), in ordine al quale la
motivazione della corte di appello si appalesa inadeguata, non avendo
specificato in cosa sarebbe consistita in concreto la condotta postaX in
essere dal ricorrente all’interno dell’associazione.

4. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la contraddittorietà
della motivazione, in relazione al reato di cui al capo C), contestato a
quest’ultimo come commesso in concorso con i coimputati Molano, Cau e
Siddi, per avere la corte territoriale contraddittoriamente affermato,
prima che il Molano aveva consegnato la sostanza stupefacente al Cau
ed al Siddi, celandola in una busta e poi che la droga era nascosta in un
pacco. Si tratta, evidenzia il ricorrente, di una circostanza di particolare
importanza: ove si dovesse accertare che il pacco in questione non
proveniva dal Molano, ma si trovava già all’interno della stanza di
albergo dove si trovavano i due corrieri (Cau e Siddi), se ne dovrebbe
inferire che a consegnare la droga a questi ultimi sia stata la stessa
persona che aveva loro consegnato il pacco, con conseguente esclusione
di ogni profilo di responsabilità a carico dell’Eastman.
5. Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la
contraddittorietà della motivazione, in relazione al reato di cui al capo
F), contestato a quest’ultimo come commesso in concorso con i
coimputati Molano, Cano, Yepes e Miccoli, per avere la corte territoriale
descritto i fatti in maniera contraddittoria, in quanto, da un lato Cano e
Yepes appaiono come destinatari finali dello stupefacente, con l’Eastman
a svolgere il ruolo di intermediario tra i due ed il fornitore, dall’altro gli
stessi Cano e Yepes vengono indicati come i fornitori della droga, che si
adoperano fattivamente affinché la sostanza entri nella disponibilità
della persona cui è destinata, vale a dire l’Eastman.
6. Con il quinto motivo di ricorso, l’imputato lamenta la mancanza di
motivazione con riferimento alla omessa valutazione del luogo di
destinazione dello spaccio della sostanza stupefacente e del tempo di
saturazione del mercato ad esso corrispondente, che aveva formato
oggetto di uno specifico motivo di appello in relazione alla ritenuta

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(d

sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 80, co. 2, d.p.r.
309/90, sul quale la risposta della corte territoriale, che, rifacendosi ad
un orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, negava
rilievo alla circostanza della saturazione del mercato, in presenza di un
quantitativo oggettivamente eccezionale sotto il profilo ponderale, non

legittimità, che impone, invece, di fare riferimento alla saturazione
dell’area di mercato cui la droga è destinata.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile, sotto diversi profili.
5. Una prima causa di inammissibilità, ai sensi del combinato disposto
degli artt. 581, co. 1 , lett. c), e 591, co. 1, lett. c), c.p.p., va
innanzitutto individuata nella circostanza che il ricorso è fondato su
motivi che ripropongono acriticamente le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice di secondo grado, dovendosi pertanto
considerare i motivi che ne sono posti a fondamento non specifici, ed
anzi, meramente apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di
critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata
non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non
potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel
vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, co. 1,
lett. c), c.p.p., all’inammissibilità (cfr. Cass., sez. IV, 18.9.1997 13.1.1998, n. 256, rv. 210157; Cass., sez. V, 27.1.2005 – 25.3.2005, n.
11933, rv. 231708; Cass., sez. V, 12.12.1996, n. 3608, p.m. in proc.
Tizzani e altri, rv. 207389).
Ciò vale anche per il quinto motivo di ricorso, costruito dal ricorrente
come omessa motivazione, ma che, in realtà tale non può considerarsi,
avendo la corte territoriale, come riconosciuto dallo stesso imputato,
ritenuto, conformemente ad un orientamento giurisprudenziale formatosi
all’interno del Supremo Collegio (cfr., ex plurimis, Cass., sez. IV,
29.9.2011, n. 38794, rv. 251438), che la circostanza aggravante di cui

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teneva conto di altro e preferibile orientamento della giurisprudenza di

all’art. 80, co. 2, d.p.r. 309/90, risulti integrata dalla gravità del fatto
“come risultante dalle modalità e circostanze della condotta,
capillarmente organizzata e finalizzata alla commercializzazione della
cocaina” e dal notevole quantitativo della sostanza stupefacente, “pari a
44.000 dosi medie singole”.

corrispondente ai criteri ponderali individuati dalla Suprema Corte nella
recente decisione delle Sezioni Unite, n. 36258 del 25.5.2012 (rv.
253150) ai fini della sussistenza della indicata circostanza aggravante,
tema non prospettato dal ricorrente.
6. In secondo luogo, e ciò vale in particolare per il terzo ed il quarto
motivo di impugnazione, con il ricorso vengono esposte censure che si
risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità tali
da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e
valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Cass.,
sez. I, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; Cass., sez. VI,
3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, rv. 235510; Cass., sez. III, 27.9.2006,
n. 37006, Piras, rv. 235508).
Ed invero non può non rilevarsi come il controllo del giudice di
legittimità, pur dopo la novella dell’art. 606, c.p.p., ad opera della I. n.
46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralità di deduzioni
connesse a diversi atti del processo, e di una correlata pluralità di motivi
di ricorso, in una valutazione necessariamente unitaria e globale, che
attiene alla reale esistenza della motivazione ed alla resistenza logica
del ragionamento del giudice di merito, essendo preclusa al giudice di
legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Cass., sez. VI, 26.4.2006, n.
22256, Bosco, rv. 234148).
7. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va,
pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi

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Tale quantitativo, pari a 4470 grammi di cocaina pura, appare, peraltro,

dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché
in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione
pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto conto della
evidente inammissibilità del ricorso, facilmente evitabile dal difensore
del ricorrente stesso, che, quindi, non può ritenersi immune da colpa

Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 4.7.2013.

nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.

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