Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5361 del 05/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5361 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MELIA SALVATORE N. IL 04/02/1988
avverso la sentenza n. 597/2013 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 13/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ii-tcv),i0
che ha concluso per •2 i

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 05/12/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 13 febbraio 2014 la Corte d’appello di Caltanissetta confermava la
sentenza emessa in data 21 novembre 2011 dal Tribunale di Enna che aveva condannato
MELIA Salvatore per concorso in rapina aggravata e detenzione di un taglierino tipo cutter.
Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata è incorsa in violazione di legge e vizio della
motivazione. Lamenta che la decisione si fonda su indizi che non hanno le caratteristiche di
gravità precisione e concordanza. Lamenta inoltre che l’individuazione dell’imputato non è
procrAvra

persona. Contesta il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la sussistenza
dell’aggravante di cui all’articolo 61 n. 7 codice penale.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono per lo più le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La
mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua
genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa
non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c),
all’inammissibilità. Sulla manifesta infondatezza, in particolare, del primo motivo, diretto ad
invalidare il valore probatorio dell’individuazione fotografica, vale la pena di evidenziare che
correttamente i giudici di merito hanno tratto il convincimento della colpevolezza dell’imputato
anche da tale elementé di prova, costituendo esso accertamenté di fatto utilizzabile in virtù dei
principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento, che consentono il
ricorso non solo alle cosiddette prove legali, ma anche ad elementi di giudizio diversi, purché
acquisiti non in violazione di specifici divieti.
In ordine al diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche. Deve rilevarsi che la
sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un
giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e non
contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato
(Cass. sez.VI 24 settembre 2008 n.42688, Caridi; sez.VI 4 dicembre 2003 n.7707, Anaclerio).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il
giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o
comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass.

1

avvenuta nelle forme di legge ai sensi dell’articolo 213 del codice(Penale per ricognizione di

sez.VI 16 giugno 2010 n.34364, Giovane, Sez. 6, Sentenza n. 34364 del 16/06/2010 Ud.
(dep. 23/09/2010) Rv. 248244)
Nella fattispecie la Corte territoriale ha motivato il diniego delle attenuanti generiche con
riferimento agli specifici precedenti penali e alla gravità della condotta.
Inammissibile ai sensi dell’art. 606 c. 3 cod. proc. pen. è anche la doglianza in ordine alla
ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen. posto che la violazione
denunziata in questa sede di legittimità non è stata dedotta innanzi alla Corte di Appello
avverso la cui sentenza è ricorso ed è quindi questione nuova. Questa Corte (Cass. Sez. 4^,

“novum” nel giudizio di legittimità quando siano per la prima volta prospettate in detta sede
questioni, come quella in esame, coinvolgenti valutazioni in fatto, mai prima sollevate.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali, e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore
della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende
Così deliberato in Roma il 5.12.2014
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
Matilde CAMMINO

18/05/1994 – 13/07/1994, n. 7985) ha infatti affermato che sussiste violazione del divieto di

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