Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 536 del 25/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 536 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
Azzurro Mauro, nato a Casoria (Na) il 18.4.52
Raiano Patrizia, nata a Napoli il 2.2.60
imputati artt. 292 e 292 bis D.P.R. 43/73
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 6.12.12

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;

osserva

Gli imputati sono accusati di concorso nella detenzione di t.le. e la Raiano, per di più,
della resistenza opposta e delle lesioni cagionate agli agenti intervenuti presso la sua
abitazione per reperire le sigarette ed il denaro provento della vendita al pubblico accertata
poco prima sulla pubblica via.
Con il proprio ricorso, l’Azzurro sostiene la illogicità della motivazione nella parte in cui
assume il suo concorso con la Raiano. A tal fine, egli si sofferma nella descrizione della
successione degli eventi e su quello che dovrebbe essere il giusto senso da dare alla sua
richiesta di “telefonare a casa”. Vizio motivazionale sarebbe ravvisabile anche nella parte in cui
è stata negata una declaratoria di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva.

Data Udienza: 25/10/2013

I ricorsi sono entrambi inammissibili perché in fatto e/o manifestamente infondati.
Di certo, non può accedersi alle argomentazioni difensive di cui al primo motivo di
Azzurro ed al primo, terzo e quarto della Raiano. Essi, infatti, equivocano il compito di questa
S.C. perché, dai poteri della Corte di Cassazione, esula quello di una rilettura, degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione. Essa, infatti, è riservata in via esclusiva al giudice di
merito «senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali» (sez. VI, 8.5.09, n. 22445, Rv.
244181).

Pertanto, ciò che questa S.C. deve controllare nella motivazione impugnata non è la
possibilità teorica che i medesimi fatti si prestino a differenti interpretazioni e conclusioni bensì
solo se la soluzione adottata sia aderente alle risultanze processuali e queste ultime siano state
commentate in modo logico e compatibile con il senso comune ( tra le ultime, Sez. VI 17.10.06 Ouardass,
Rv. 235506).

In tale ottica, non si può che affermare tranquillamente che l’ordinanza impugnata è
fatta bene, ricostruisce i fatti, evidenzia in cosa consistano gli elementi di accusa a carico
dell’uno e dell’altro imputato, smentendo puntualmente anche le loro discolpe difensive ed, in
buona sostanza, non presta il fianco a critiche di sorta.
Come, infatti, riferito dagli inquirenti e sottolineato dalla Corte, il collegamento tra i due
imputati è accertato dal fatto che – dopo che all’Azzurro era stato effettuato, per strada, un
sequestro di t.l.e ed egli aveva negato di averne altro a casa – l’imputato si era allontanato
con uno stratagemma invitando alcuni ragazzi nei presi ad avvisare a casa dell’arrivo dei CC.
Che tale casa si identifichi con quella della Raiano lo si arguisce, in primo luogo
dall’atteggiamento tenuto dalla donna all’arrivo dei militari (non solo la farse, in dialetto napoletano che
voleva dire che erano “già arrivati”) che ha tentato di disfarsi delle sigarette buttandole in due sacchi
dell’immondizia con i quali è stata sorpresa ed ha opposto viva resistenza ai militi arrivando a
ferirne uno con le unghie sino a causargli – come certificato – una malattia giudicata guaribile
in cinque giorni.
A tale stregua, si rivela fallace anche il secondo motivo dell’imputata quando sostiene
erroneamente l’assenza del delitto di lesioni.
Non può trovare accoglimento, infine, nemmeno il motivo dell’Azzurro sul trattamento
sanzionatorio e sul giudizio di bilanciamento che, come noto, si sostanzia nella esplicazione di
un potere discrezionale che, se motivato adeguatamente, è incensurabile in sede di legittimità.
Ciò è quanto, per l’appunto, avvenuto nella specie visto che la Corte d’appello, cui era stata
rivolta la medesima richiesta, ha richiamato l’attenzione sulla molteplicità di precedenti
gravanti sull’imputato e sul fatto che egli stesso aveva ammesso di essere stabilmente dedito
all’attività di contrabbando. La considerazione delle modalità e caratteristiche del fatto in
esame, unitamente alla accertata convivenza tra l’Azzurro e la Raiano, hanno, quindi, del tutto
legittimamente indotto i giudici di merito a ritenere che anche la donna si dedicasse a tale
attività illecita per far fronte al proprio sostentamento.
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.

La Raiano, per parte sua, critica la motivazione con la quale è stata ritenuta la sua
responsabilità per il delitto di cui all’art. 337 c.p. e quello di contrabbando, sostenendo, quanto
alle lesioni, l’assenza di una “malattia” della p.o. che qualifichi il reato di cui all’art 582 ed,
infine, censura il fatto ch ei giudici le abbiano negato il beneficio della sospensione condizionale
della pena sulla base dell’indimostrata affermazione che ella sarebbe dedita abitualmente al
contrabbando.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e,
ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

Così deciso in Roma nell’udienza del 25 ottobre 2013

Il Presidente

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