Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5359 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5359 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
WANG JIN BIN N. IL 20/09/1977
avverso la sentenza n. 29/2010 GIUDICE DI PACE di PRATO, del
08/03/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

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Data Udienza: 20/09/2013

ritenuto in fatto e in diritto

1. Con sentenza 8.3.2011 il giudice di pace di Prato condannava WANG

rN

BN ,

cittadino cinese, alla pena di euro 3500 di ammenda, in relazione alla contravvenzione
di cui all’art. 10 bis d.lgs. 286/1998 , per essersi trattenuto nel territorio del nostro
stato senza conseguire il permesso di soggiorno, così come era stato accertato il

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la
Corte di appello di Firenze, deducendo violazione di legge, sul presupposto che la norma
incriminatrice si porrebbe in contrasto con gli artt. 7 e 15 della direttiva 2008/115/CE,
che attribuiscono diritti ai singoli stabilendo che la decisione di rimpatrio deve fissare un
periodo congruo per la partenza volontaria, di durata compresa tra sette e trenta giorni,
e delineando in termini stingenti i presupposti che giustificano il trattenimento. Se è
pur vero che gli Stati possono prevedere il rimpatrio come sanzione penale o come
conseguenza di sanzione penale, è escluso che la stessa condotta, che costituisce il
presupposto per l’applicazione della direttiva, possa essere disciplinata e sanzionata dal
legislatore nazionale in maniera difforme e maggiormente lesiva dei diritti di libertà ; è
stato concluso con la richiesta di sollevare questione pregiudiziale alla corte di giustizia
europea del Lussemburgo circa la compatibilità della contravvenzione in parola con la
Direttiva suindicata e in subordine di annullamento della sentenza perché il fatto non è
previsto dalla legge come reato.

3.

Il ricorso è manifestamente infondato e come tale va dichiarato

inammissibile .
La norma che incrimina le condotte di ingresso e permanenza illegale nel territorio dello
Stato – art. 10 bis d.lgs. n. 286 del 1998 – ha superato il vaglio di compatibilità

costituzionale: il Giudice delle leggi, con sentenza n. 250 del 2010, ha precisato che la
norma non punisce una «condizione personale e sociale» – quella, cioè, di straniero
«clandestino» (o, più propriamente, «irregolare») – e non criminalizza un «modo di
essere» della persona. Essa, invece, punisce uno specifico comportamento, costituito
dal «fare ingresso» e dal «trattenersi» nel territorio dello Stato, in violazione delle
disposizioni di legge. Si è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta attiva
istantanea (il varcare illegalmente i confini nazionali) e una a carattere permanente di
natura omissiva, consistente nel non lasciare il territorio nazionale. La condizione di
“clandestinità” è, in questi termini, la conseguenza della condotta penalmente illecita e
non già un dato preesistente ed estraneo al fatto e la rilevanza penale si correla alla
lesione del bene giuridico individuabile nell’interesse dello Stato al controllo e alla
gestione dei flussi migratori, secondo un determinato assetto normativo: si tratta di un

2

9.9.2009, in Prato.

bene “strumentale”, per mezzo della cui tutela si accorda protezione a beni pubblici
“finali” di sicuro rilievo costituzionale. Per queste ragioni non è stata una scelta
arbitraria la predisposizione di una tutela penale di siffatto interesse, che si atteggia a
bene giuridico di “categoria”, capace di accomunare buona parte delle norme
incriminatrici presenti nel testo unico del 1998. Sulla base di questo nucleo
argomentativo la Corte costituzionale ha decretato la compatibilità della norma di cui
all’art. 10-bis d. Igs. n. 286 del 1998 con alcuni principi della Carta fondamentale,

attiene alla compatibilità con la normativa sovranazionale, in particolare con la direttiva
CE n. 115 del 2008, si è di recente registrato l’intervento risolutivo della Corte di
giustizia con la decisione del 6 dicembre 2012 sulla domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale di Rovigo, nel procedimento penale a
carico di Md Sagor. Ed è appena il caso di ricordate che già questa Corte aveva statuito
che «la fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 10-bis d.lgs n. 286 del 1998, che
punisce l’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, non viola la c.d. direttiva
europea sui rimpatri (direttiva Commissione CEE 16 dicembre 2008, n. 115), non
comportando alcun intralcio alla finalità primaria perseguita dalla direttiva predetta di
agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale degli stranieri extracomunitari
privi di valido titolo di permanenza e non è in contrasto con l’art. 7, par. 1 della
medesima, che, nel porre un termine compreso tra i 7 e 30 giorni per la partenza
volontaria del cittadino di paese terzo, non per questo trasforma da irregolare a
regolare la permanenza dello straniero nel territorio dello Stato» – Sez. 1, n. 951 del
22/11/2011 (dep. 13/1/2012), Gueye, Rv. 251671 -.
Nel caso di specie quindi il giudice di pace che ha inflitta sanzione pecuniaria , senza
neppure disporre espulsione, ha applicato correttamente la normativa vigente, in
relazione a condotta che è ancora prevista come reato. Le richieste del Pg ricorrente
non possono essere accolte , atteso che sia la Corte Costituzionale che la Corte di
Giustizia europea, come sopra ricordato, si sono espresse ormai da tempo sulla
legittimità di tale ipotesi di reato.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, addì 20 Settembre 2013.

specificamente e principalmente con quelli desumibili dagli artt. 2 e 3. Per quel che poi

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