Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5359 del 05/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5359 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GAGLIARDO ROBERTO N. IL 20/08/1969
FERLISI MARIA GRAZIA N. IL 02/06/1958
avverso la sentenza n. 3980/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Itedil ; o
che ha concluso per
,1,7 •

_

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 05/12/2014

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza in data 21 febbraio 2014 la Corte d’appello di Milano / in parziale riforma della
sentenza del locale Tribunale che 1’11 febbraio 2010 aveva condannato GAGLIARDO Roberto e
FERLISI Maria Grazia per circonvenzione di incapace i dichiarava non doversi procedere per
intervenuta prescrizione in relazione ai fatti commessi fino al 21 agosto 2006 e per l’effetto
riduceva la pena. Concedeva a Ferlisi Maria Grazia i doppi benefici di legge. Confermava nel
resto l’impugnata sentenza.

sostanziale analogo contenuto. In particolare deducono:
1. violazione dell’articolo 190 ultimo comma due codice procedura penale commessa dal
tribunale per aver disposto la chiusura della fase dibattimentale senza aver revocato
l’ordinanza di ammissione dell’esame dell’ imputato GAGLIARDO e senza quindi aver
sentito le parti. Violazione del diritto dell’imputato di partecipare al dibattimento e di
rendere esame o dichiarazioni ex articolo 178 lett. c) codice procedura penale.
Evidenziano che all’udienza del 21 gennaio 2010 il tribunale aveva dichiarato chiusa la
fase dibattimentale. In tale udienza doveva essere eseguito l’interrogatorio
dell’imputato GAGLIARDO che non si era presentato perché affetto da

“crisi cefaliche

ricorrenti come conseguenza di ematomi subdurali bilaterali” e aveva chiesto il
differimento dell’udienza. Il tribunale aveva ritenuto non dimostrata la assoluta
impossibilità di comparire dell’imputato in quanto non dichiarata nel certificato medico e
aveva rigettato la richiesta ì dichiarando chiusa anche la fase di acquisizione delle prove.
Inutili erano state le proteste delle difese degli imputati che avevano insistito per
l’esame del GAGLIARDO. Sostengono che il comportamento del tribunale ha integrato la
fattispecie di cui all’articolo 178 lett. C) codice procedura penale in relazione al diritto
dell’imputato di partecipare al dibattimento e di rendere dichiarazioni ed esame con
conseguente nullità della sentenza di primo grado;
2. Nullità della sentenza di appello per violazione dell’articolo 604 codice procedura penale
e degli articoli 605 e 546 in riferimento all’articolo 606 lettera e) codice procedura
penale. Lamentano i ricorrenti omessa pronuncia della sentenza d’appello in ordine alla
dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado per violazione dell’articolo 190
codice procedura penale;
3. vizio di motivazione con riferimento agli articoli 605 e 546 codice procedura penale in
quanto la corte d’appello non ha proceduto ad alcun confronto con i motivi d’appello
limitandosi sostanzialmente a ribadire la sentenza di primo grado).
4. violazione dell’articolo 603 codice procedura penale. Mancanza di motivazione sul punto;
lamenta il ricorrente di avere chiesto la rinnovazione parziale del dibattimento per
procedere all’esame del GAGLIARDO, non eseguito come già indicato nei motivi
precedenti, e acquisire la documentazione che provava la frequentazione di un corso di
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Ricorrono per cassazione, a mezzo dei loro difensori, gli imputati con distinti ricorsi aventi

specializzazione sanitaria alla fine del 2005 e all’inizio del 2006 da parte della persona
offesa;
5. violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli articoli 646 e 643 codice
penale. Sostengono che il tribunale e la corte d’appello hanno confermato la correttezza
della qualificazione giuridica del reato di appropriazione indebita facendo combaciare il
profitto di cui all’articolo 643rcon gli assegni di cui al capo di imputazione che ha dato
origine alla contestazione di appropriazione indebita. Lamentano che il tribunale ha
affermato che l’atto dannoso oggetto della circonvenzione sarebbe stato quello di far sì

il tribunale né la corte d’appello hanno affermato la esistenza di una mala gesti°, che
comunque non emerge dalle carte processuali. Gli stessi capi d’imputazione indicano
come obiettivo di induzione la consegna degli assegni e non altro. Assegni per i quali
viene sollevata anche la imputazione di appropriazione indebita. Ritengono che il
profitto che secondo l’accusa volevano realizzare gli imputati era proprio quello
costituito dagli assegni indicati sia nel capo A) (circonvenzione di incapace) che nel capo
B) (appropriazione indebita). Rilevano inoltre che non è dato comprendere come possa
essere affermata la sussistenza del reato di circonvenzione di incapace in relazione a
degli assegni che poi si afferma implicitamente essere legittimamente in possesso degli
imputati.

Sussistono i lamentati vizi di motivazione. La sentenza di appello ha omesso di motivare in
ordine alle specifiche doglianze processuali avanzate dalla difesa degli imputati. Così come non
ha fornito alcuna motivazione specifica in ordine alla compatibilità nel caso di specie di
entrambe le contestazioni di circonvenzione di incapace ed appropriazione indebita. Se è vero
che i due reati possono concorrere perché il profitto dell’agente e il danno della vittima sono
eventuali nel delitto di circonvenzione di persona incapace e restano assorbiti nel reato
medesimo a condizione che costituiscano l’effetto giuridico proprio di quell’atto, è pur vero che
tale assorbimento non si verifica nella ben diversa situazione in cui il profitto e il danno non si
0.
pongano come effetto giuridico proprio dell’atto che l’ incapaceystato indotto a compiere, ma
siano l’effetto di una distinta attività del reo pur nell’ambito dei rapporti che siano insorti a
seguito di quell’atto. Ciò detto non può non rilevarsi che nel caso in esame la contestazione in
ordine alla violazione dell’art. 643 cod. pen. è proprio quella di avere abusato dello stato di
infermità o deficienza psichica della parte offesa affetta da sindrome ansiosa depressiva di tipo
reattivo inducendola a reiterate consegne di somme di denaro riportate negli assegni
specificatamente indicati nel capo di imputazione sub A), somme di denaro che sono oggetto
anche del concorrente reato di appropriazione indebita contestato sub B).
Gli evidenziati vizi di motivazione dovrebbero portare all’annullamento con rinvio
dell’impugnata sentenza. I reati si sono però estinti per intervenuta prescrizione il 4.4.2014. La
sentenza deve quindi essere annullata senza rinvio agli effetti penali perché in presenza di una
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che la MEDICI desse il mandato ad amministrare i beni al GAGLIARDO. Rilevano che né

causa di estinzione del reato il rinvio determinerebbe comunque per il giudice penale l’obbligo
di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva.( Cass. N. 7718 del
1996 Rv. 205548, N. 10998 del 2001 Rv. 218653, N. 15125 del 2003 Rv. 225635, N. 48524
del 2003 Rv. 228503, N. 4177 del 2004 Rv. 227098, N. 24327 del 2004 Rv. 228973, N. 4233
del 2009Rv. 242959, N. 14450 del 2009 Rv. 244001; SSUU n. 35490 del 2009)
La sentenza impugnata deve invece essere annullata con rinvio, con riferimento agli interessi

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione. Rinvia al
giudice civile competente per valore in grado d’appello ai soli effetti civili.
Così deliberato in Roma il 5.12.2014
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
Matilde CAMMINO

civili, al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

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