Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5358 del 14/11/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 5358 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sutricorsA,propostolda:
ARNONE GIUSTO N. IL 28/09/1972
CAPIZZI ALESSANDRO N. IL 27/06/1983
CIANCIMINO GIUSEPPE N. IL 01/04/1955
avverso la sentenza n. 1777/2014 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 14/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per i i
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Udito,

a parte civile, l’Avv

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Data Udienza: 14/11/2014

RITENUTO IN FATTO
La Sesta sezione di questa Corte, con sentenza n. 16113 del 10 dicembre
2013, depositata in data 11 aprile 2014, ha annullato la sentenza emessa
dalla Corte di appello di Palermo in data 13 dicembre 2012 (che aveva
confermato la condanna emessa in primo grado dal Tribunale di Termini
Imerese in danno degli odierni imputati, dichiarati colpevoli del reato di cui
all’art. 416-bis, commi 1-5, c.p., ed il solo ARNONE di furto pluriaggravato,

danno in favore delle costituite parti civili) limitatamente alla circostanza
aggravante di cui all’art. 416-bis, comma 6, che eliminava, con rinvio per la
rideterminazione della pena, espressamente ritenendo, in motivazione,
l’assorbimento nella predetta statuizione della censura riguardante il diniego
delle circostanze attenuanti generiche.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo,
all’esito del giudizio di rinvio, ha rideterminato le pene per ciascuno degli
imputati ritenute di giustizia, ribadendo per tutti il diniego delle circostanze
attenuanti generiche.
Contro tale provvedimento, gli imputati hanno proposto distinti ricorsi per
cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att.
c.p.p.:
ARNONE:
I – violazione e falsa applicazione degli artt.

62-bis

e 133 c.p.

(lamentando che la Corte di appello abbia adottato una asseritamente
inammissibile tecnica di motivazione per relationem,

unica per tutti gli

imputati nonostante le diversità delle rispettive posizioni, e l’irrilevanza della
valorizzata condanna, nonché il silenzio tenuto in ordine al concreto ruolo
ricoperto dal ricorrente ed alla sua breve durata);
CAPIZZI:
I – violazione dell’art. 62-bis c.p. e vizio di motivazione (lamentando
l’indebita valorizzazione a fondamento dell’opposto diniego dell’appartenenza
a Cosa Nostra; l’omessa motivazione sulla specifica situazione personale del
ricorrente; l’indebita valorizzazione dei medesimi elementi utilizzati ai fini
dell’accertamento di responsabilità in ordine alla condotta contestata;

condannando ciascuno alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento del

l’omessa indicazione di peculiari ragioni oggettive e soggettive che
dovrebbero legittimare il diniego; l’omessa considerazione delle condizioni di
vita, della scarsa entità del dolo, delle modalità dell’azione,
dell’incensuratezza e della giovanissima età, nonché l’accertato impegno in
attività lavorativa maturato all’indomani della scarcerazione, la mancata
responsabilità in estorsioni costituenti reati-fine dell’associazione; lamenta,
inoltre, travisamento della prova quanto ai precedenti, dai quali non sarebbe
gravato, contrariamente a quanto asseritamente avrebbe mostrato di ritenere

indicazione delle ragioni del diniego);
CIANCIMINO:
I – violazione degli artt. 62-bis, 99 e 133 c.p. e vizio i motivazione
(lamentando la mancata considerazione del fatto che egli non è stato
chiamato a rispondere reati-fine, ma di mera partecipazione all’associazione
de qua, che non si è resa responsabile di fatti di sangue, e della quale
avrebbe fatto parte non per lungo tempo).
All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di
rito; all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte,
riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato
mediante lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché manifestamente infondati.

Questa Corte ha in più occasioni chiarito che, al fine di ritenere od escludere
la configurabilità di circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a
prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene
prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio: anche
un solo elemento attinente alla personalità del colpevole od all’entità del reato
ed alle modalità di esecuzione di esso può, pertanto, risultare all’uopo
sufficiente (così, da ultimo, Sez. II, sentenza n. 3609 del 18 gennaio – 10
febbraio 2011, CED Cass. n. 249163).
Analogamente, è da ritenere adempiuto l’obbligo della motivazione in
ordine alla misura della pena allorché sia indicato l’elemento, tra quelli di cui
all’art. 133 c.p., ritenuto prevalente e di dominante rilievo (Sez. un., sentenza
n. 5519 del 21 aprile 1979, CED Cass. n. 142252). Invero, una specifica e

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la Corte di appello; conclusivamente, in sintesi, la mancanza di congrua

dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, in tutte le sue
componenti, appare necessaria soltanto nel caso in cui la pena sia di gran
lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
risultare sufficienti a dare conto del corretto impiego dei criteri di cui all’art.
133 cod. pen. espressioni del tipo «pena congrua», «pena equa» o
«congruo aumento», come pure il richiamo alla gravità del reato oppure
alla capacità a delinquere (Sez. II, sentenza n. 36245 del 26 giugno 2009,

A tali orientamenti si è correttamente conformata la Corte di appello (con
argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non
contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede),
motivando il comune diniego delle circostanze attenuanti generiche
valorizzando:
– per ARNONE, la assoluta gravità dei fatti accertati (partecipazione
all’associazione mafiosa Cosa Nostra per apprezzabile lasso di tempo) ed i
precedenti penali (per furto aggravato);
– per CAPIZZI, la assoluta gravità dei fatti accertati (partecipazione
all’associazione mafiosa Cosa Nostra per apprezzabile lasso di tempo) e la
capacità criminale palesata quale autore di episodi di intimidazione finalizzati
ad imporre l’utilizzazione all’interno di locali pubblici di macchine da gioco
gestite dalla stessa organizzazione mafiosa;
– per CIANCIMINO, la assoluta gravità dei fatti accertati (partecipazione
all’associazione mafiosa Cosa Nostra per apprezzabile lasso di tempo) ed i
precedenti penali (è recidivo).

Non corrispondenti a quanto desumibile dalla motivazione della sentenza
impugnata sono:
– le censure dell’ARNONE quanto al carattere unicamente per relationem
della motivazione (vi è unicamente un rinvio ulteriore rispetto all’indicazione
dei menzionati elementi), che ha lamentato essere indistintamente riferibile ai
tre coimputtema tale all’evidenza non è;
– le censure del CAPIZZI quanto al presunto travisamento, in realtà
inesistente (il riferimento ai precedenti riguarda all’evidenza gli altri due
coimputati).

La declaratoria di inammissibilità totale dei ricorsi comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che essi hanno proposto i ricorsi

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CED Cass. n. 245596).

determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno
2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di dette colpe – della
somma di Euro mille ciascuno, in favore della Cassa delle Ammende, a titolo
di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro mille alla Cassa delle

Così deciso in Roma, udienza pubblica 14.11.2014

ammende.

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