Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5355 del 10/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 5355 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMIR BASHIRI ALIAS… N. IL 08/08/1986
avverso l’ordinanza n. 976/2014 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
02/10/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
u,c) 1-~
lt1sentite le conclusioni del PG Dott.
C.D

Ud i difensor Avv.;

Data Udienza: 10/12/2014

Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, con ordinanza del 02/10/2014, il Tribunale di
Bologna, decidendo sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di Amir
Bashiri, alias Ahmadi Akbar, avverso l’ordinanza con la quale il G.i.p. del
Tribunale di Bologna aveva applicato nei suoi confronti la misura della custodia
cautelare in carcere, ha confermato il provvedimento, con riguardo al reato di cui
all’art. 497-bis, comma secondo, cod. pen.
Amid Bashiri aveva esibito, al controllo dei documenti dei passeggeri in partenza

generalità di un soggetto diverso.
2. L’indagato ha personalmente proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta erronea applicazione dell’art.

497-bis cod.

pen., rilevando che la lettura sistematica dei due commi della previsione
normativa impone di ritenere che la più grave sanzione prevista per la seconda
ipotesi riguarda i casi di commercializzazione o di favoreggiamento alla
circolazione di documenti falsi, rispetto al semplice possesso di documenti per
uso personale, contemplata dal primo comma.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano inosservanza degli artt. 20, 125,
comma 3, 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen. e dell’art. 10 cod. pen.,
giacché, a fronte delle dichiarazioni del ricorrente, secondo il quale i passaporti
contraffatti gli erano stati inviati dall’Iran, non era emerso alcun elemento idoneo
a rivelare che la contraffazione era stata posta in essere sul territorio italiano. In
conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto rilevare, in relazione al contestato
reato di cui all’art. 497-bis, comma secondo, cod. pen., il proprio difetto di
giurisdizione (art. 20 cod. proc. pen.) o, quantomeno, la mancanza della
condizione di procedibilità di cui all’art. 10 cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta nullità dell’ordinanza impugnata

per violazione dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., per avere aggiunto al
periculum già individuato dal G.i.p. anche il pericolo di fuga, che non era stato
menzionato dal P.M. nella sua originaria richiesta.

2.4. Con il quarto motivo, si lamenta inosservanza degli artt. 292, comma 2, lett.
c) e 274, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., nonché mancanza di motivazione, in
relazione al ritenuto pericolo di fuga, quanto alla prevedibile irrogazione di una
pena detentiva superiore ai due anni.

Considerato in diritto
1. Il primo motivo è infondato.
Come già affermato da questa Corte (Sez. 5, n. 18535 del 15/02/2013, Lorbek,
Rv. 255468, in motivazione), integra il reato di cui all’art.

497-bis, comma

per Londra dall’aeroporto di Bologna, un passaporto recante la sua foto, ma le

secondo, cod. pen. il possesso di un passaporto contraffatto, come nella specie,
con il concorso dello stesso possessore, considerato che la ratio della previsione
incriminatrice è quella di punire in

modo più significativo chi fabbrica o

comunque forma il documento oppure lo detiene fuori dei casi di uso personale,
con la conseguenza che il possesso per uso personale rientra nella previsione di
cui all’art. 497-bis, comma primo, cod. pen., solo se non accompagnato dalla
contraffazione ad opera del possessore.
In altri termini, i due commi di cui all’art. 497-bis puniscono diversamente, in

documento valido per l’espatrio, da un lato, e la condotta, ben più allarmante sul
piano delle falsità personali per la connotazione organizzativa che la caratterizza,
costituita dalla previa contraffazione del documento stesso ad opera dello stesso
detentore, o del concorso da parte di costui alla falsa formazione del documento
o, infine, dalla detenzione fuori dai casi di uso personale. Una precisazione,
quest’ultima, che induce a ritenere che il possesso di cui al comma primo
riguardi il caso, per questo di minore allarme sociale, del possesso di documento
per uso personale, in assenza di concorso nella fabbricazione.
In tale prospettiva non è, pertanto, condivisibile la doglianza della difesa sulla
necessità di una interpretazione estensiva del primo comma in ragione della
pratica impossibilità, in caso contrario, di vedere riconosciuta la meno grave
fattispecie all’agente che pure sia trovato in possesso di un documento per uso
evidentemente personale, contraffatto con apposizione della foto dell’indagato
stesso e la iscrizione delle sue generalità. La applicazione, in tale ipotesi, del
comma secondo in luogo del comma primo costituisce infatti il frutto di una
valutazione del giudice della cautela, sulla base delle prove raccolte a proposito
dell’eventuale concorso dell’agente anche nella condotta di falsificazione, non
potendosi escludere, per converso, in linea di principio, che anche nella
situazione sopra descritta sia operativo il comma primo della norma, quando
possa sostenersi, ad esempio, che una organizzazione criminale di un certo
spessore o altra analoga realtà criminale o un terzo abbiano deciso
autonomamente la formazione di falsi documenti concernenti il soggetto di
interesse, di cui si conoscano generalità e si posseggano, a vario titolo,
documenti di diverso tipo o foto, magari forniti in buona fede dallo stesso
interessato: documenti, quindi, così falsificati dal terzo al di fuori del concorso
del detentore, dei quali poi il soggetto interessato viene dotato per scopi che
trascendono quelli personali e immediati (in questi termini, si veda appunto la
citata Cass. n. 18535 del 15/02/2013).

2. Inammissibile è il secondo motivo, giacché si tratta di questione che non
risulta essere stata prospettata con i motivi del riesame e che involge
2

ragione del diverso grado di gravità, la condotta del mero possesso di un

l’accertamento di profili fattuali, relativi alla commissione o non del reato nel
territorio dello Stato, non sottoposti all’esame del giudice di merito.
La regola che impone il rilievo d’ufficio del difetto di giurisdizione in ogni stato e
grado del procedimento (art. 20, comma 1, cod. proc. pen.), come pure del
difetto di una condizione di procedibilità (art. 129, comma 1, cod. proc. pen.)
deve, infatti, essere raccordata con la norma che limita la cognizione di questa
Corte, oltre i confini del devolutum, alle sole questioni di puro diritto, sganciate
da ogni accertamento fattuale. Ne consegue che non possono essere proposte

mero esame degli atti processuali, più approfonditi accertamenti in fatto (nel
caso di specie, luogo in cui si è verificata in tutto o in parte l’azione: art. 6,
comma secondo, cod. pen.), che, come tali, dovevano essere necessariamente
sollecitati nel giudizio di riesame.
3. Il terzo e il quarto motivo, in quanto destinati a contestare, sotto diversi
profili, il titolo genetico in relazione al ritenuto pericolo di fuga, sono
inammissibili, poiché, in tema di misure cautelari personali, quando il giudice ha
fondato, come nella specie (in cui è stato ravvisato uno specifico e concreto
pericolo di reiterazione), la misura su più di una delle esigenze previste dall’art.
274 cod. proc. pen., i motivi di gravame che investono una sola di esse
nell’accertata sussistenza di un’altra sono inammissibili per mancanza di
interesse, dal momento che l’eventuale apprezzamento favorevole della
doglianza non condurrebbe comunque ad un effetto liberatorio (Sez. 6, n. 7200
del 08/02/2013, Koci, Rv. 254506).
4. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 10/12/2014
Il Componente estensore

den e

per la prima volta, nel giudizio di legittimità, questioni che richiedono, al di là del

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA