Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5350 del 28/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5350 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Sarr Ale, nato in Mali il 20.1.1980, avverso la sentenza
pronunciata dal giudice per le indagini preliminari presso il
tribunale di Torino il 31.3.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
letta la requisitoria depositata il 17.6.2014 con cui il pubblico
ministero, nella persona del sostituto procuratore generale presso
la Corte di Cassazione, dott. Gioacchino Izzo, chiede che il ricorso
sia dichiarato inammissibile.

FATTO E DIRITTO

Data Udienza: 28/10/2014

1. Con sentenza pronunciata il 31.3.2014 il giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Torino applicava a Sarr Ale, ai
sensi degli artt. 444 e ss., c.p.p., la pena ritenuta di giustizia, in
relazione ai reati di cui agli artt. 81, cpv., 73, d.p.r. 309/90 (capi

sostanza stupefacente, della somma di denaro, dei telefoni
cellulari e delle relative schede sim in sequestro.
2.

Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha

proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del suo
difensore, avv. Debora Lazzaro, del Foro di Torino, l’imputato,
eccependo violazione di legge e vizio di motivazione della
sentenza impugnata in relazione agli artt. 444, 445, co. 2, c.p.p.;
240, c.p., in quanto il giudice procedente, nel disporre la confisca
dei beni innanzi indicati, è venuto meno al suo onere
motivazionale, omettendo di indicare le ragioni per cui la somma
di denaro in sequestro (pari a 351,95 euro), deve ritenersi
integralmente provento dell’attività di vendita di sostanza
stupefacente contestata al Sarr ed i telefoni cellulari, con le
relative schede sim, strumenti necessari per la suddetta attività.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
4.

Come è noto, secondo l’orientamento dominante nella

giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, in tema di
patteggiamento, l’estensione dell’applicabilità della confisca, per
effetto della I. n. 134 del 2003, a tutte le ipotesi previste dall’art.
240, c.p., e non più solo a quelle previste come ipotesi di confisca
obbligatoria, impone al giudice di motivare le ragioni per cui
ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a
sequestro, ovvero, in subordine, quelle per cui non ritiene
attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla

2

a e b) e 495 (capo B), disponendo, altresì, la confisca della

provenienza del denaro o dei beni confiscati (cfr., ex plurimis,
Cass., sez. II, 21/01/2014, n. 6618, rv. 258275).
Orbene, nel caso in esame il giudice procedente si è puntualmente
attenuto a tali principi, specificando, con motivazione immune da

avendo gli agenti operanti sorpreso il Sarr mentre era impegnato
in attività di vendita di sostanza stupefacente di diversa qualità al
dettaglio, suddivisa in più dosi termo saldate, come si evince dai
capi a) e b) dell’imputazione, è lecito dedurre che il denaro
trovato in suo possesso sia il frutto dell’attività illecita posta in
essere dall’imputato; con riferimento agli altri beni, che essi,
tenuto conto della modalità con cui avveniva la vendita, erano
indispensabili per i contatti con gli acquirenti, tra cui il Guerrisi
Vincenzo, che, peraltro, ha ammesso di avere contattato
l’imputato proprio su una delle due utenze cellulari rinvenute in
possesso di quest’ultimo all’esito di perquisizione personale.
A fronte di tale esaustivo percorso motivazionale le censure
difensive appaiono inammissibili.
Esse, infatti, si risolvono in una mera rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti,
senza individuare vizi di logicità tali da evidenziare la sussistenza
di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, in quanto tali,
precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez. I,
16.11.2006, n. 42369, rv. 235507; Cass., sez. VI, 3.10.2006, n.
36546, rv. 235510; Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006, rv.
235508).
Ed invero non può non rilevarsi come il controllo del giudice di
legittimità, pur dopo la novella dell’art. 606, c.p.p., ad opera della

vizi logici, che la confisca si giustifica, quanto al denaro, poiché,

I. n. 46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralità di
deduzioni connesse a diversi atti del processo, e di una correlata
pluralità di motivi di ricorso, in una valutazione necessariamente
unitaria e globale, che attiene alla reale esistenza della

giudice di merito, essendo preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione
e valutazione dei fatti (cfr. Cass., sez. VI, 26.4.2006, n. 22256,
rv. 234148).
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso va, pertanto,
dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
ed, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si
ritiene equo fissare in 1000,00 euro, tenuto conto dei profili di
colpa relativi alla evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28.10.2014.

motivazione ed alla resistenza logica del ragionamento del

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