Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53480 del 15/11/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 53480 Anno 2017
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: PARDO IGNAZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OZGA TOMASZ DAWID nato il 29/12/1980 a UROCLAW( POLONIA)

avverso la sentenza del 13/02/2014 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere IGNAZIO PARDO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIO MURA
che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

Data Udienza: 15/11/2017

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di ANCONA, con sentenza in data 13/02/2014, parzialmente riformando la
sentenza pronunciata dal TRIB.SEZ.DIST. di SAN BENEDETTO DEL TRONTO, in data 18/02/2011,
nei confronti di OZGA TOMASZ DAWID confermava la condanna in relazione al reato di cui all’ art.
628 CP riducendo la pena inflitta.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato
per il più grave delitto di rapina in luogo dell’ipotesi di furto aggravato;
– inosservanza od erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione con riferimento

condizionale della pena che avrebbe potuto essere disposta anche d’ufficio ai sensi del comma
quinto dell’art. 597 cod.proc.pen…
Il ricorso è inammissibile perché introduce motivi di impugnazione non dedotti in fase di appello e
comunque manifestamente non fondati.
In relazione al primo motivo, la doglianza non risulta essere stata previamente dedotta come
motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod.
proc. pen., come si evince dall’atto di appello ed in assenza di qualsiasi motivo sul punto
responsabilità e qualificazione giuridica alcun obbligo aveva la Corte di secondo grado di adottare
una precisa motivazione riguardante la colpevolezza per il più grave delitto di rapina in luogo
dell’ipotesi di furto aggravato. Il giudizio di appello infatti in quanto impugnazione devolutiva è
chiamato a pronunciarsi solo in ragione dei motivi dedotti come immancabilmente previsto dall’art.
581 cod.proc.pen. a pena di inammissibilità; le Sezioni Unite di questa Corte hanno già stabilito,
anche con riferimento al regime previgente la recnete riforma dell’art. 581 cod.proc.pen., che
l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi
quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di
fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di
specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette

alla mancata concessione da parte del giudice di appello del beneficio della sospensione

ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv.
268822 ). Sicchè non essendo stata dedotta con l’originario gravame la questione della
qualificazione giuridica dei fatti, il giudice di appello alcun obbligo aveva di pronunciarsi sul tema e
la doglianza non può essere proposta sotto il profilo né della violazione di legge né del difetto di
motivazione nel presente giudizio di legittimità. Ed infatti, in relazione al vizio di violazione di legge
vale la preclusione di cui al citato comma terzo dell’art. 606 cod.proc.pen. secondo cui il ricorso è
inammissibile q4ctrido prospetti violazioni di legge non dedotte in appello, e la questione della
qualificazione giuridica nel caso in esame mai venne prospettata; quanto al difetto di motivazione
sotto il profilo della omessa o carente giustificazione della statuizione di condanna, appare evidente
che in assenza di qualsiasi motivo appositamente proposto il giudice di appello non aveva alcun
obbligo di motivare valendo a delimitare il proprio campo d’azione sul punto l’obbligo di specificità
dei motivi previsto a pena di inammissibilità dall’art. 581 cod.proc.pen. anche prima della recente
riforma introdotta con la legge 23 giugno 2017 n.103. Mancando qualsiasi motivo di appello
afferente il punto responsabilità l’oggetto del devolutum dedotto al giudice di secondo grado non
comprendeva anche la esatta qualificazione giuridica dei fatti e tale tema non può più essere
recuperato attraverso il successivo ricorso per cassazione. Deve pertanto essere ribadito che anche
in tema di qualificazione giuridica dei fatti vale il principio generale secondo cui non possono essere
dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente

omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 2, Sentenza n. 13826 del
17/02/2017, Rv. 269745; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Rv. 269368).
Anche il secondo motivo è inammissibile; nel proporre l’atto di appello l’impugnante ha limitato
l’oggetto del devolutm alla mancata concessione di circostanze attenuanti e genericamente alla
richiesta di riduzione della pena inflitta ma non ha anche richiesto la concessione del beneficio della
sospensione condizionale della pena. Conseguentemente il mancato esercizio dei poteri
assolutamente discrezionali del giudice di appello disciplinati dall’art. 597 al comma quinto non può
determinare né il lamentato vizio di violazione di legge né, tantomeno, il pure invocato difetto di
motivazione non essendovi stata alcuna devoluzione sul punto specifico al giudice di secondo grado.
Vale pertanto al proposito il principio già affermato da questa Corte e secondo cui il giudice di
appello non è tenuto a motivare in ordine al mancato esercizio del potere discrezionale di concedere

quando l’interessato non abbia formulato al riguardo alcuna richiesta; ne deriva che il mancato
riconoscimento del beneficio non costituisce violazione di legge e non configura mancanza di

d’ufficio la sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’art. 597, comma terzo, cod. proc. pen.,

motivazione suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc.
pen. (Sez. 2, n. 15930 del 19/02/2016, Rv. 266563). Deve pertanto affermarsi che per inserire nel
giudizio di appello anche la questione della concessione del beneficio della sospensione condizionale
della pena, il motivo non può limitarsi alla richiesta di riduzione della pena, anche nei limiti di cui
all’art. 163 cod.pen., ma deve estendersi anche alla specifica richiesta di concessione del beneficio
della sospensione condizionale altrimenti poi non potendosi dedurre il difetto di motivazione sul
punto.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della

causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 15/11/2017
r\
GN
Il Presidente
NDANESE
o

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA