Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5348 del 20/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5348 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VITAGLIANI FRANCO N. IL 15/05/1964
avverso l’ordinanza n. 392/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 19/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;

Data Udienza: 20/09/2013

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19.10.2012 il Tribunale di sorveglianza di Roma
rigettava il reclamo proposto da Vitagliani Franco contro il decreto del Ministro
della giustizia che disponeva la proroga per due anni del regime penitenziario
differenziato previsto dall’art.41 bis legge n.354 del 1975.
Avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza il difensore del condannato
ricorre per erronea applicazione dell’art.41 bis Ord.Pen. nonché mancanza ed
illogicità della motivazione, deducendo in particolare: carenza ed incongruità

prive di qualsiasi indicazione di fatti specifici sintomatici della permanenza di
collegamenti con l’esterno e di gravi pericoli di ordine e sicurezza pubblica; le
informative della DDA e della DNA sono ripetitive di vetuste argomentazioni non
in grado di individuare alcun elemento specifico attuale di permanenza di
collegamenti con organizzazioni di tipo mafioso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nel
giudizio di legittimità.
L’art.41 bis comma 2 sexies legge n.354 del 1975 stabilisce che il ricorso
per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza, che decide sul
reclamo proposto avverso il decreto applicativo del regime previsto dall’art.41 bis
comma 2, può essere proposto esclusivamente per il vizio di violazione di legge.
Le censure concretamente svolte dal ricorrente non configurano alcuna
violazione di legge, ma contengono rilievi in ordine alla congruità della
motivazione, ovvero censure di merito a mezzo delle quali si prospetta una
lettura dei dati fattuali alternativa rispetto a quella adottata dal Tribunale.
Entrambe le ipotesi si collocano al di fuori del perimetro del ricorso per
cassazione normativamente consentito.
A norma dell’art.616 cod.proc.pen. il ricorrente deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali e, sussistendo il presupposto soggettivo, al
versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento in favore della Cassa delle ammende
della somma di euro mille.
Così deciso in Roma il 20.9.2013

della motivazione fondata su premesse generiche e su considerazioni ipotetiche,

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