Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53473 del 09/11/2017

Penale Sent. Sez. 6 Num. 53473 Anno 2017
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI ROMA
nel procedimento a carico di:

A.A.
e da
B.B.
avverso l’ordinanza del 01/06/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA.
Sentita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI;
sentite le conclusioni del PG GIANLUIGI PRATOLA il quale conclude per
l’annullamento con rinvio del ricorso del P.G. ed inammissibilità del ricorso di
B.B..
Udito il difensore avvocato BRILLI CORRADO, in sostituzione dell’avvocato
BUCCIANTE GIUSEPPE, di fiducia per A.A., il quale chiede
l’inammissibilità del ricorso del PG.

Data Udienza: 09/11/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Il Pubblico ministero presso il Tribunale di ROMA e B.B.
personalmente hanno proposto ricorso per Cassazione contro l’ordinanza con la
quale il Tribunale di ROMA, in sede di riesame e di rinvio dalla Corte di
Cassazione, per un verso ha dichiarato inammissibili gli appelli proposti dal
Pubblico ministero nei confronti del A.A. contro le ordinanze del Giudice
per le indagini preliminari che avevano rigettato la richiesta di misura cautelare
della custodia in carcere e, per l’altro, in accoglimento dell’appello del Pubblico

custodia in carcere per il reato di cui al capo A, esclusa l’ aggravante di cui
all’art. 4 della legge 146/2006.
1.1 Sia il B.B. che il A.A. sono sottoposti ad indagine per il
reato di cui all’art. 416 cod. pen. per avere il primo ideato e promosso e il
secondo preso parte ad una associazione per delinquere finalizzata alla
commissione di una serie indeterminata di truffe in danni di società commerciali
e di cittadini di nazionalità francese e di riciclaggio con organizzazione a
carattere transnazionale al fine di collocare all’estero il denaro proveniente della
perpetrazione dei reati di truffa; in specie, la condotta addebitata ad entrambi gli
indagati è quella di avere svolto mansioni di raccolta diretta delle somme
bonificate dai truffati a titolo di deposito fiduciario.
2. Il Pubblico ministero ha dedotto un unico motivo di ricorso, per vizi di
motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e cod. proc. pen.; il ricorrente ha
segnalato che l’imputazione preliminare, che inizialmente aveva contestato al
A.A. il ruolo di mero partecipe, si era poi modificata, sia nelle indagini
preliminari che successivamente con la richiesta di rinvio a giudizio, con la
contestazione all’indagato del ruolo di promotore ed organizzatore, con relativo
raddoppio, da tre a sei mesi, del termini massimi di custodia cautelare relativi
alla fase.
Il Tribunale, che aveva omesso di richiedere alla Autorità giudiziaria
procedente gli atti come previsto dall’art. 310 cod. proc. pen., non aveva poi
valutato il tema subordinato, pur proposto con l’appello, della totale
inadeguatezza della custodia domiciliare alla tutela delle esigenze cautelari.
3. Il B.B. ha dedotto due motivi di ricorso, per vizi di motivazione e e
per violazione di legge penale processuale ex art. 606, comma 1 lett. c ed e cod.
proc. pen.

1

ministero, ha disposto nei confronti del B.B. la misura cautelare della

3.1 Con il primo motivo, il ricorrente lamenta sostanzialmente che il
Tribunale non avesse applicato il principio di diritto enunciato nella sentenza
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 31/3/2004 n. 18339, ritenuto
erroneamente non applicabile al caso in esame
In effetti, il Pubblico ministero, in pendenza di giudizio di appello contro
l’ordinanza 9/11/2015 con la quale il Gip aveva rigettato una richiesta di misura
cautelare della custodia in carcere e dopo aver prodotto in detto giudizio
elementi investigativi sopravvenuti, aveva contemporaneamente richiesto al Gip,

custodia in carcere sulla base degli stessi nuovi elementi investigativi nel
frattempo depositati nel giudizio di appello, il tutto senza rinunciare all’appello
stesso dato che non era consentito intraprendere entrambe le strade processuali.
Anche in merito alla richiesta cautelare del 3 giugno 2016, rigettata dal Gip il
6 giugno successivo con ordinanza appellata dal Pubblico ministero il 10 giugno
2016, il Tribunale avrebbe dovuto adottare una pronuncia di inammissibilità
dell’appello stesso dato che lo stesso, identico tema cautelare era già stato
sottoposto, con i medesimi elementi investigativi, alla attenzione del Giudice per
le indagini preliminari.
3.2 Con il secondo motivo, riferito in articolare al tema delle esigenze
cautelari, il ricorrente ha segnalato in termini critici che la motivazione
dell’ordinanza impugnata aveva trascurato di considerare che la richiesta di
misura cautelare del Pubblico ministero era priva di un reale apparato
argomentativo riferito al contesto associativo e faceva riferimento solo al nuovo
ed ulteriore episodio di truffa, di per sé privo di qualsiasi indicazione in ordine
alla sussistenza di esigenze di cautela, come del resto riconosciuto dallo stesso
Tribunale di Roma in precedente provvedimento.
Sul tema della sussistenza della associazione per delinquere, poi, si era
formato il giudicato cautelare che non poteva dirsi inciso dalla affermata
sussistenza della truffa in questione, per la quale non vi erano poi indicazioni a
carico dell’indagato, tanto più che di fronte ad un fatto commesso nel maggio
2016 e a un titolo custodiale emesso nel settembre dello stesso anno, il
Tribunale aveva affermato la attualità del pericolo cautelare con provvedimento
del 1 giugno 2017 e cioè a distanza di quasi nove mesi dai fatti; la sussistenza
del pericolo cautelare, quindi, era stata insufficientemente fondata sulla
commissione, del tutto indimostrata, di un nuovo episodio truffaldino e sulla
vicenda di evasione del B.B. caratterizzata da assoluta, lieve offensività.

2

il 24/12/2015 e il 19 gennaio 2016, l’emissione della misura cautelare della

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili in quanto proposto per
motivi manifestamente infondati, con condanna del ricorrente B.B.
al pagamento delle spese processuali e della somma di 2.000,00 euro a favore
della cassa delle ammende.
2. Per quanto riguarda in primo luogo il ricorso del Pubblico ministero, si

A.A. è stata esercitata l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio
con l’attribuzione all’ormai imputato del ruolo di promotore ed organizzatore
all’interno della associazione per delinquere enunciata nella originaria
imputazione preliminare.
2.1 Quanto sopra manifesta già di per sé la inammissibilità del ricorso posto
che, per un verso, il termine di custodia cautelare relativo alla fase delle indagini
preliminari indicato dal ricorrente, quello di sei mesi, è già ampiamente scaduto
ed è anzi “sostituito” adesso da quello previsto dall’art. 303, comma 1 lett. b
cod. proc. pen. a seguito della emissione del provvedimento che dispone il
giudizio, e, per l’altro e conseguentemente, un ipotetico accoglimento del ricorso
non potrebbe determinare comunque una regressione del processo ad una fase,
quella delle indagini preliminari, ormai definitivamente esaurita.
3. In merito al primo motivo del ricorso del B.B., va osservato come il
Tribunale abbia correttamente rilevato che la tematica sollevata ancora oggi dal
ricorrente, e cioè quella della non contemporanea proponibilità da parte della
Pubblica accusa, sulla base degli stessi elementi, di una richiesta cautelare e di
un appello contro il diniego della medesima richiesta, è sostanzialmente estranea
al concreto sviluppo processuale.
3.1 E’ stato infatti chiarito che il procedimento all’odierno esame della Corte
di Cassazione è sorto a seguito di una richiesta di misura cautelare della custodia
in carcere proposta il 3 giugno 2016 e rigettata dal Giudice per le indagini
preliminari il successivo 6 giugno 2016; il provvedimento di rigetto è stato
impugnato mediante appello dal Pubblico ministero davanti al Tribunale di ROMA
che ha rigettato l’impugnazione in data 11 luglio 2016; la Corte di Cassazione,
con la sentenza 7 dicembre 2016, ha annullato con rinvio l’ordinanza 11 luglio
2016 del Tribunale di ROMA che, in sede appunto di rinvio, ha pronunciato il
provvedimento oggi impugnato.

3

osserverà come lo stesso ricorrente abbia dato atto che nei confronti del

3.2 La complessa ricostruzione della vicenda processuale sopra operata
rende evidente, come affermato nell’ordinanza impugnata, che non si è mai
determinata la contemporanea presenza di una domanda cautelare rivolta al Gip
e di un appello contro il provvedimento di rigetto della stessa; la denunciaquerela che ha dato origine al provvedimento oggi esaminato, infatti, è datata 3
giugno 2016 e la relativa documentazione è stata presentata solo ed
esclusivamente a sostegno della iniziale domanda cautelare e delle successive

4. In merito al secondo motivo di ricorso, va chiarito preliminarmente che il
B.B. è stato nel frattempo sottoposto al regime cautelare dell’obbligo di
dimora, ragione per cui sono divenute irrilevanti tutte quelle prospettazioni
critiche che censuravano, sotto vari aspetti, la sostituzione del regime degli
arresti domiciliari, già in atto nei confronti del B.B., con quello della custodia
in carcere.
4.1 Sulla questione residuale della sussistenza comunque di esigenze di
cautela ex lett. c dell’art. 274 cod. proc. pen., tema ancora rilevante in ragione
del fatto che, come si è detto, il B.B. si trova ancora sottoposto ad un
regime cautelare benché attenuato, va osservato che il Tribunale ha segnalato
del tutto persuasivamente come la perpetrazione di un episodio truffaldino
ulteriore rispetto a quelli che già avevano determinato l’emissione della misura
cautelare degli arresti donniciliari e per di più a pochi giorni di distanza dalla
udienza del 20 aprile 2016 nella quale si discuteva delle richieste di custodia
cautelare del Pubblico ministero, manifestasse la dedizione sistematica dell’allora
indagato alla perpetrazione di truffe internazionali e quindi il concreto pericolo di
commissione di reati della stessa specie.
4.2 Alle considerazioni sopra svolte, indice sicuro ed adeguatamente
motivato della sussistenza, sotto il profilo della concretezza, delle esigenze di
cautela più volte ricordate, si aggiungono poi quelle, ugualmente giustificate,
della affermazione della attualità del pericolo cautelare, adeguatamente fondate
sulla circostanza del modesto tempo trascorso tra il complesso degli episodi
truffaldini per i quali il B.B. si trovava già agli arresti domiciliari e quello
che aveva dato origine all’aggravamento della misura, ancor più modesto, poi, se
si valutavano i soli tre mesi trascorsi tra la data di commissione dell’ultima delle
truffe addebitate (maggio 2016) e quella della emissione del titolo cautelare
allora in corso di esecuzione (settembre 2016).

4

impugnazioni dei relativi rigetti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna B.B. al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 9 novembre 2017.

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