Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5344 del 16/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 5344 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARMENI LAURA N. IL 31/12/1952
avverso la sentenza n. 7602/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
14/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

dito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 16/12/2014

udito il Pg in persona del sost. proc. gen. dott. U. De Augustinis che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso,
udito il difensore di PV avv. L. Severini che ha chiesto dichiararsi inammisbile o infondato il
ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota spese,
udito il difensore dell’imputato avv. L. Di Priamo che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto
raccoglimento.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte d’appello di Roma ha confermato la
pronuncia di primo grado con la quale Armeni Laura fu condannata alla pena di giustizia in
quanto ritenuta colpevole di concorso in bancarotta per distrazione, in relazione al fallimento
della S.r.l. PREZIOSITA’ BY PREZIOSITA’, dichiarato con sentenza 19/4/2005.
Secondo l’ipotesi d’accusa, condivisa dai giudici di primo e secondo grado, i beni strumentali
della fallita sarebbero stati trasferiti ad altra S.r.l., anch’essa denominata PREZIOSITA’ BY
PREZIOSITA’ ed avente sede nel medesimo stabile e nei medesimi locali.
2. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputata e deduce erronea applicazione della
legge penale e contraddittorietà, illogicità, carenza della motivazione, atteso che la stessa
corte d’appello, da un lato, sostiene che nessun bene strumentale è stato rinvenuto, dall’altro,
afferma di condividere l’opinione del curatore, in base alla quale vi sarebbe una forte
commistione fra l’azienda fallita e la nuova azienda. Ne consegue che la sentenza impugnata
conferma la condanna, ma sconfessa l’imputazione, atteso che non può sostenersi che
l’imputata abbia sottratto tutti i beni.
2.1. Con il secondo e il terzo motivo, deduce ancora carenza dell’apparato
motivazionale, atteso che nessuna spiegazione viene data in ordine al fatto che l’impresa fallita
aveva in realtà pagato ingenti somme per i debiti con banche e fornitori, tanto che era risultato
un unico creditore per soli € 25.000. Non si comprende quindi donde sia stata tratta la
convinzione che sarebbe stato posta in essere un’azione scientemente volta in danno dei
creditori. D’altra parte, parlare genericamente di “forte commistione” tra le due imprese
configura una immotivata affermazione di responsabilità. La sentenza avrebbe dovuto spiegare
quali erano gli elementi di commistione. Certo non si può far riferimento all’avviamento, atteso
che l’attitudine a fare profitti consiste in una qualità dell’azienda e non costituisce una cosa
distraibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima censura, nella sua genericità, risulta addirittura scarsamente comprensibile
quando assume che si è verificata commistione tra i due esercizi, la corte evidentemente vuol
significare che i beni della fallita sono passati alla nuova Sri, atteso che l’imputata era attiva in
entrambe le società. Ciò, nell’ottica della sentenza di secondo grado, spiega perché (e non
nega che) i beni della fallita non sono stati reperiti.
2. Le altre censure sono infondate.
Invero, va ricordato (cfr. ASN 200907048- RV 243295) che la prova della distrazione o
dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata
dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione dei beni.
Invero l’amministratore ha l’obbligo di destinare le risorse aziendali al perseguimento degli
scopi della società; di talché deve sempre essere in grado di indicare il luogo di consistenza dei
beni delle risorse aziendali.
3. Conclusivamente il ricorso merita rigetto e la ricorrente va condannata alle spese del
grado. la stessa va anche condannata al ristoro delle spese sostenute in questo grado di
giudizio dalla parte civile, spese che si liquidano come da dispositivo.

RITENUTO IN FATTO

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al
rimborso delle spese sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 3000, oltre
accessori come per legge.

Così deciso in Roma in data 16. XII. 2014.-

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA