Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53426 del 10/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 53426 Anno 2017
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BONASERA ANNA nato il 13/07/1987 a MESSINA

avverso l’ordinanza del 10/11/2016 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 10/10/2017

Letta la requisitoria del sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 10/11/2016 il Tribunale di sorveglianza di Palermo rigettava la
richiesta avanzata nell’interesse di Bonasera Anna finalizzata ad ottenere la detenzione
domiciliare cd. speciale ex art. 47-quinquies legge 26 luglio 1975, n. 354. Annotava l’adito

Bonasera, facessero nella specie difetto le condizioni strutturali di applicabilità del beneficio,
giacché, nei confronti della condannata, era elevato, da un lato, il rischio di recidiva e,
dall’altro, non ricorrevano le condizioni che potessero permettere all’istante di accudire i figli
minori, in ragione delle sue condizioni psichiche.
2. Ricorre per cassazione Bonasera Anna, a mezzo del suo difensore di fiducia e lamenta la
illegittimità del provvedimento impugnato.
2.1. Si sarebbe dovuta, invero, concedere la misura invocata, afferma, avendo il legislatore
posto nell’istituto il centro della tutela nell’interesse preminente del minore, che era prevalente
su ogni altro aspetto e anche su quelli di difesa sociale. Il Tribunale territoriale non aveva,
pertanto, correttamente valutato i presupposti di applicazione della misura ed era giunto
attraverso un ragionamento erroneo aVimpugnato rigetto.
2.2. Ancora, deduce la ricorrente, le stesse informazioni degli organi di polizia escludevano una
attuale e concreta pericolosità sociale della detenuta e lo stesso tribunale dalla relazione di
sintesi aveva acquisito informazioni che davano conto dello stato di angoscia vissuto dalla
donna per la sua condizione detentiva e per la necessità di stare lontana dalle figlie, di cui una
risultava affetta anche da gravi patologie.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
1.1. L’ordinamento penitenziario ha avuto cura di assicurare particolare attenzione alla
maternità delle detenute ed all’infanzia coinvolta nelle vicende carcerarie dei genitori. Lo
dimostrano i servizi speciali offerti alle gestanti (art. 11 0.P.), la possibilità offerta alle madri di
tenere presso di sé i figli fino a tre anni, l’organizzazione possibile di asili nido negli istituti di
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detenzione, la semilibertà offerta alle madri di i età inferiore a tre anni (art. 50 0.P.).
I principi solidaristici che alimentano il quadro indicato hanno ispirato anche l’introduzione della
detenzione domiciliare (art. 47 ter 0.P.).
In realtà la tutela dell’infanzia, nella logica del presidio costituzionale di cui all’art. 31 Cost., ha
anche stimolato la legge 40/2001, protesa ad assicurare una assistenza materna continua in
un ambiente familiare attraverso uno strumento specifico (art. 47 quinquies legge 26 luglio
1975, n. 354, detenzione domiciliare speciale).
Il fine di salvaguardia del rapporto genitore-figli e, soprattutto, di tutela dello sviluppo
psicofisico del minore è indubbiamente al centro delle finalità della norma.
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Tribunale che, nonostante le prospettate esigenze legate alla prole di età minore della

La disciplina vigente, peraltro, impone al giudice delicate valutazioni e un contemperamento
dei diversi interessi che si possono rivelare, prediligendo, sin dove possibile, le esigenze di
tutela e di crescita del minore stesso. In questa logica si coglie la complessiva ricostruzione
dei presupposti per la concessione del beneficio in esame.
1.2. La condannata deve essere madre di prole di età non superiore ad anni dieci e non deve
sussistere un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti. Deve, altresì, ricorrere la

terzo della pena ovvero quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo.
Si tratta di presupposti che segnano l’ambito di operatività dell’istituto e ne tracciano lo statuto
attraverso referenti indefettibili di valutazione per il riconoscimento del beneficio. Si tratta di
requisiti che in positivo e in negativo devono ricorrere congiuntamente, rispetto ai quali,
l’eventuale difetto di taluno di essi, renderebbe non accoglibile la domanda di misura
alternativa.
2. Nel caso di specie il Tribunale di sorveglianza di Palermo con motivazione immune dai vizi
denunciati ha ritenuto ricorrente il pericolo di reiterazione dei reati. Ha, in particolare,
richiamato il ruolo di primo piano assunto dalla ricorrente nel sodalizio criminale e ha spiegato
che si trattava di un ruolo direttivo. Questo dato aveva indotto a ritenere che non si potessero
escludere legami con altri appartenenti alla criminalità organizzata e che si rendeva
sussistente un profilo di pericolosità sociale, già di per sé ostativo alla concessione del
beneficio invocato. Si è, poi, valorizzata, in senso negativo, la condizione psicologica della
Bonasera, condizione che non le permetteva viepiù di riprendere la convivenza con la figlia
minore, accudendola e curandola nel migliore dei modi.
La conclusione si è fondata sulla relazione comportamentale dell’istituto penitenziario che
aveva dato conto trattarsi di soggetto affetto da disturbo delirante e trasferito, presso
l’ospedale di Agrigento, servizio psichiatrico, in TSO a causa di delirio di persecuzione, grave
agitazione psicomotoria e rifiuto di qualsiasi approccio terapeutico.
Ebbene si tratta di aspetti correttamente valutati come ostativi al riconoscimento del beneficio
invocato e che non avrebbero permesso la ripresa della convivenza della ricorrente con le di lei
figlie.
Del resto, l’interesse del minore, indubbiamente centrale nella struttura della disposizione non
si sottrae, comunque, ad un bilanciamento razionale con le ulteriori esigenze che nella vicenda
de qua egualmente affiorano e con quella legata alle esigenze di difesa sociale in una logica

che, d’altro canto, richiede una verifica comparativa complessa che tenga anche conto in
concreto della effettiva possibilità, da parte dei minori di età, concessa la misura alternativa, di
fruire delle cure materne. Affinché ciò accada, tuttavia, occorre che il genitore sia
effettivamente nelle condizioni di poter riprendere il rapporto con i figli e di poter prestare
realisticamente le cure parentali.
Questo aspetto nel caso de quo risulta escluso con un giudizio di merito immune da censure.
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possibilità di ripristinare la convivenza con i figli e la detenuta deve aver espiato almeno un

Le deduzioni contenute in ricorso finiscono – a fronte degli stessi richiami contenuti nel
provvedimento impugnato alla relazione comportamentale – per rimettere alla Corte di
legittimità una valutazione di fatto, diversa da quella raggiunta, invocando una lettura
alternativa della vicenda correttamente scrutinata dal Tribunale di sorveglianza.
Questa Corte ha del resto avuto modo di spiegare che ai fini dell’applicazione della detenzione
domiciliare speciale di cui all’art. 47 quinquies legge n. 354 del 1975, il giudice, dopo aver
accertato la sussistenza dei presupposti formali ed escluso il concreto pericolo di commissione

di effettivo esercizio delle cure parentali nei confronti di prole di età non superiore ai dieci anni,
costituendo il primo un requisito necessario per l’ammissione al regime alternativo e la
seconda la circostanza che giustifica il maggior ambito applicativo della misura alternativa
(Sez. 1, 38731 del 07/03/2013, Radouane, Rv. 257111).

3. Nel caso di specie il giudice a quo si è attenuto ai principi affermati da questa Corte e il
ricorso va, dunque, respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2017

di ulteriori reati, deve verificare la possibilità per la condannata sia di reinserimento sociale sia

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