Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53422 del 10/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 53422 Anno 2017
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: APRILE STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BALDINI MARIANO nato il 15/09/1969 a SOLOPACA

avverso l’ordinanza del 16/01/2015 del GIUD. SORVEGLIANZA di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;
lette le conclusioni del PG Mario PINELLI che ha concluso per l’annullamento
senza rinvio;

)

Data Udienza: 10/10/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il provvedimento impugnato, il Magistrato di sorveglianza di Milano
ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da Mariano Baldini ai sensi
dell’articolo 35-ter Ord. pen., per mancanza dell’attualità del pregiudizio in
relazione all’attuale luogo di detenzione.

2. Ricorre Mariano Baldini, personalmente, lamentando violazione di legge in
relazione all’articolo 35-ter, comma 1, Ord. pen, e il difetto di motivazione per

che l’attualità del pregiudizio costituisca presupposto della domanda volta a
ottenere il rimedio riparatorio, così ritenendo inammissibile una domanda
proposta relativamente a un periodo di detenzione sofferto in data antecedente
alla domanda.

3. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.
L’istanza non poteva essere dichiarata inammissibile per la mancanza del
pregiudizio poiché, in proposito, deve essere richiamato l’orientamento di
legittimità secondo il quale «in materia di rimedi risarcitori conseguenti alla
violazione dell’art. 3 CEDU nei confronti di soggetti dètenuti o internati, l’attualità
del pregiudizio non è condizione necessaria ai fini dell’accoglimento della
domanda riparatoria rivolta al Magistrato di sorveglianza, in quanto il richiamo
contenuto nell’art. 35 ter ord. pen. al pregiudizio di cui all’art. 69, comma sesto,
lett. b), ord. pen., ai fini della riduzione della pena, non si riferisce al
presupposto della necessaria attualità del pregiudizio medesimo» (Sez. 1,
Sentenza n. 38801 del 19/07/2016, Commisso, Rv. 268118).
3.1. Con l’occasione vanno richiamati alcuni principi giurisprudenziali che
attengono, tra l’altro: 1) al criterio di calcolo dello spazio minimo da assicurare al
detenuto, dovendo detrarsi dalla superficie lorda della cella l’area destinata ai
servizi igienici e quella occupata da strutture tendenzialmente fisse, tra cui il
letto a castello, mentre non rilevano gli altri arredi facilmente amovibili; 2) alla
necessità, laddove si versi in ipotesi di spazio (netto) inferiore ai tre metri
quadrati pro capite, di procedere ad un esame globale e analitico dei parametri
compensativi (brevità della permanenza in tale condizione, l’esistenza di
sufficiente libertà di circolazione fuori dalla cella, l’adeguata offerta di attività
esterne alla cella, le buone condizioni complessive dell’istituto e l’assenza di altri
aspetti negativi del trattamento in rapporto a condizioni igieniche e servizi
forniti); 3) alla qualità di contraddittore istituzionale dell’Amministrazione
penitenziaria rispetto alla pretesa avanzata dal detenuto; 4) al contraddittorio
«deformalizzato» con l’Amministrazione penitenziaria nella fase innanzi al
2

illogicità della stessa avendo erroneamente ritenuto il Magistrato di sorveglianza

Magistrato di sorveglianza, garantendo il diritto della amministrazione
interessata a comparire o, in alternativa, a trasmettere osservazioni e richieste
(contraddittorio informale in primo grado, anche mediante la presenza in giudizio
di funzionari aventi potere di rappresentanza dell’Amministrazione, come del
resto è previsto in sede civile dalla disposizione di cui all’art. 3 del RD n. 1611

interne del Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria attribuiscono il
potere di rappresentanza in tale specifica procedura (il Direttore dell’Istituto ha
poteri di cura del contenzioso in primo grado); 5) al contraddittorio
«formalizzato» con l’Amministrazione penitenziaria nella fase innanzi al Tribunale
di sorveglianza, nel rispetto delle modalità partecipative che escludono la
rappresentanza personale di tale tipologia di soggetti (art. 100 cod. proc. pen.),
imponendo la costituzione in giudizio e l’esercizio della facoltà procedurali a
mezzo di difensore (Avvocatura dello Stato, con ius postulandi ex lege ai sensi
del R.D. n. 1611 del 1933); 6) all’esercizio del potere di reclamo, attraverso la
rappresentanza realizzata in aderenza alle previsioni generali, con necessità di
redazione dell’atto di impugnazione da parte dell’Avvocatura dello Stato, a pena
di inammissibilità.
3.2. Il Magistrato di sorveglianza, cui il procedimento viene trasmesso a
seguito dell’annullamento, si atterrà ai sopra esposti principi di diritto
procedendo a esaminare nel merito l’istanza medesima.

P.Q.M.

Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame al Magistrato di
sorveglianza di Milano.
Così deciso il 10 ottobre 2017.

del 1933), con notificazione dell’avviso ai soggetti cui la legge e le direttive

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