Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53413 del 20/09/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 53413 Anno 2017
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: DI GIURO GAETANO

SENTENZA
sul conflitto di competenza sollevato da:
TRIBUNALE CATANIA nei confronti di:
GIP TRIBUNALE CATANIA

con l’ordinanza del 07/02/2017 del TRIBUNALE di CATANIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;
hettInsentite le conclusioni del PG ANTONIO BALSAMO
IL P.G. conclude chiedendo che la Corte dichiari la competenza al GIP del
Tribunale di CATANIA
Udito il difensore

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Data Udienza: 20/09/2017

RITENUTO IN FATTO

Il G.i.p. del Tribunale di Catania, accogliendo la richiesta del P.M., in data 3 giugno 2016
emetteva decreto penale di condanna a carico di Maffei Giulio, imputato del reato di cui all’art.
186. commi 2, lett. b) e 2 sexies d. Igs. 285/1992, commesso in Tramestieri Etneo il
6.11.2015. Avverso tale decreto l’imputato proponeva rituale opposizione chiedendo, nel
contempo, la sospensione del procedimento con la messa alla prova, ed il G.i.p., atteso

decidere su tale istanza è del giudice del dibattimento, dichiarava la propria incompetenza a
provvedere sulla richiesta, per essere competente il Tribunale di Catania in composizione
monocratica, cui disponeva trasmettersi gli atti. Detto Tribunale adottava provvedimento con il
quale sollevava conflitto di competenza in relazione alla richiesta di sospensione del
procedimento con messa alla prova e disponeva la trasmissione a questa Corte degli atti
necessari alla sua risoluzione.
A sostegno, il giudice a quo affermava : – in primo luogo che la richiesta di sospensione
del procedimento sarebbe rimasta frustrata se il G.i.p. avesse dovuto dare corso al
procedimento emettendo il decreto di giudizio immediato, con l’ulteriore conseguenza di
imporre una serie di oneri e di spese sia all’ufficio che alle parti processuali; – in secondo luogo
che la decisione su detta richiesta sarebbe intervenuta, nel migliore dei casi, a distanza di molti
mesi dalla presentazione della stessa, con l’ulteriore conseguenza che sarebbe rimasta
frustrata la funzione deflattiva che non solo il legislatore ma anche la Corte Costituzionale – si
vedano sentenze n. 201 del 2016 e n. 240 del 2015 – riconosceva all’istituto in quanto
procedimento speciale alternativo al giudizio; – in terzo luogo che se fosse stato competente a
decidere il Giudice del dibattimento non si sarebbe capita la ragione per la quale detta richiesta
dovesse essere proposta in sede di opposizione davanti al G.i.p. e quindi anticipata rispetto alla
fase dibattimentale; – inoltre che la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla
prova poteva essere formulata anche nel corso delle indagini e non vi era dubbio che in tale
ipotesi competente a decidere fosse il G.i.p.; – inoltre che non era condivisibile il principio di
diritto affermato dalla precitata sez. 1 n. 25867, Rv. 267062, e le ragioni ivi sostenute,
richiamando in primo luogo l’art. 464 sexies cod. proc. pen. ( ai sensi del quale, durante la
sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice acquisisce, a richiesta, le prove
non rinviabili e quelle che possono condurre portare al proscioglimento dell’imputato, funzioni
queste, secondo detta pronuncia, incongruamente riferibili al giudice delle indagini preliminari,
in considerazione della competenza del giudice del dibattimento là dove l’esperimento della
messa alla prova non dovesse risolversi positivamente, giudice il quale si troverebbe a
fronteggiare un quadro probatorio non formatosi oralmente, ma desunto da una sorta di nuovo
incidente probatorio ), facendo detto articolo espresso riferimento alle “modalità stabilite per il
dibattimento”, riferimento che non sarebbe stato affatto necessario se sulla richiesta di
sospensione del procedimento avesse dovuto decidere sempre il giudice del dibattimento; 1

l’insegnamento di Cass. Sez. 1, n. 25867 del 3 gennaio 2016, secondo cui la competenza a

infine che detta sentenza risultava essere stata depositata prima della sentenza della Corte
Costituzionale n. 201 del 2016, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 460,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedeva che il decreto penale di
condanna contenesse l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere mediante l’opposizione la
sospensione del procedimento con messa alla prova, nella quale sentenza a chiare lettere si
chiariva come l’istituto della messa alla prova, introdotto con gli artt. 168 bis,168

ter,168

quater, consistesse in un nuovo procedimento speciale alternativo al giudizio destinato ad

sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato determinasse l’instaurazione
di un sub-procedimento davanti allo stesso giudice per le indagini preliminari, analogamente a
quanto avviene per gli altri riti alternativi, nonché per l’oblazione, rendendo applicabile l’ art.
129 cod. proc. pen., rilevando, a riprova di ciò, come con la semplice opposizione non si
attuasse il passaggio alla fase dibattimentale per il quale era necessario il decreto di giudizio
immediato, nella specie altresì non emesso ( e non emettibile, in luogo del G.i.p., dallo stesso
giudice del dibattimento, se non diventando incompatibile ai sensi dell’ art. 34 cod. proc. pen.
rispetto al processo e alla stessa richiesta di sospensione del procedimento con messa alla
prova).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Ciò premesso, osserva il Collegio che si verte, con certezza, in una ipotesi di conflitto
negativo di competenza a norma dell’art. 28 cod. proc. pen., poichè due organi giurisdizionali,
in funzione di giudici dell’esecuzione, hanno rifiutato di provvedere sulla richiesta di
sospensione del procedimento con messa alla prova ex art. 464 bis cod. proc. pen., avanzata
in sede di opposizione a decreto penale di condanna.
Ciò posto, occorre chiarire il tenore ed il contenuto processuale dell’art. 464 bis co,p„ co.
2, là dove è statuito che “nel procedimento per decreto, la richiesta è presentata con l’atto di
opposizione”,

atteso il contrasto giurisprudenziale determinatosi tra Cass., Sez. 1,

Sentenza n. 25867 del 03/02/2016 Rv. 267062, secondo la quale “spetta al giudice del
dibattimento, e non al giudice per le indagini preliminari, la competenza a decidere sulla
richiesta di sospensione del procedimento e di messa alla prova ex art. 464 bis cod. proc. pen.,
avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna” e Sez. 1, Sentenza n. 21324 del
02/02/2017, Rv. 270011, assertiva del contrario principio che “sulla richiesta di sospensione
del procedimento con messa alla prova ex art. 464 bis cod. proc. pen., avanzata in sede di
opposizione a decreto penale di condanna, è competente a decidere il giudice per le indagini
preliminari e non il giudice del dibattimento”.
Aderisce il Collegio a tale seconda lezione interpretativa in forza delle ragioni diffusamente
espresse a sostegno e che qui di seguito si vanno a replicare fedelmente.

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avere un rilevante effetto deflattivo. Il Giudice a quo evidenziava, quindi, come la richiesta di

Va, innanzitutto, rilevato che l’innovazione di cui alla legge 28.4.2014, n. 67, art. 4 co. 1
lett. a) (introduttivo del titolo V bis nel codice di rito recante “Sospensione del procedimento
con messa alla prova”) costituisce una probation giudiziale nella fase istruttoria assimilabile al
modello adottato nel procedimento minorile e che il nuovo istituto è caratterizzato da un
doppio profilo, sostanziale e processuale: da un lato, esso costituisce una causa di estinzione
del reato, collocata nel Capo I del Titolo VI del codice penale, subito dopo la disciplina della
sospensione condizionale della pena; dall’altro, costituisce un’ipotesi di definizione alternativa
della vicenda processuale, inserita nell’apposito Titolo V bis del Libro VI (Procedimenti speciali)

Quanto alla disciplina processuale, ai fini che qui interessano, l’art. 464 bis cod. proc. pen.
individua espressamente il termine finale della richiesta, con diversificazioni legate ai differenti
moduli procedurali, così come accade per i procedimenti speciali tipici:
– le conclusioni formulate dalle parti, a norma degli artt. 421 e 422 cod. proc. pen., al
termine dell’udienza preliminare, nel procedimento ordinario;
– la dichiarazione di ‘apertura del dibattimento di primo grado, nel giudizio direttissimo e
nel procedimento a citazione diretta;
– quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato all’imputato o dalla
comunicazione del relativo avviso al difensore, nei casi di giudizio immediato;
– il medesimo termine previsto dall’art. 461 cod. proc. pen., per l’opposizione nei
procedimenti per decreto.
L’art. 464 ter cod. proc. pen. prevede quindi che la richiesta in parola possa essere
presentata anche nel corso delle indagini preliminari, mentre il successivo articolo 464 quater
cod. proc. pen. individua i criteri della decisione giudiziale sull’ammissione: a) l’insussistenza
delle ragioni che, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., impongono l’immediato
proscioglimento; b) l’idoneità del programma di trattamento e la prognosi di risocializzazione,
che viene assunta dal giudice nel corso della stessa udienza oppure in apposita udienza in
camera di consiglio fissata secondo le modalità di cui all’art. 127 del codice di rito.
I successivi articoli del codice di rito disciplinano l’esecuzione dell’ordinanza di sospensione
del procedimento con messa alla prova, l’acquisizione di prove («non rinviabili» o di quelle che
«possono condurre al proscioglimento dell’imputato») durante la sospensione del procedimento
(«con le modalità stabilite per il dibattimento»), gli esiti della messa alla prova (l’estinzione del
reato, che costituisce l’epilogo naturale della probation; la ripresa del processo, in caso di esito
negativo della probation stessa) e la revoca dell’ordinanza di sospensione.
L’espressione adoperata dall’art. 464 septies, comma 2, cod. proc. pen. («in caso di esito
negativo della prova, il giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso») e
dall’art. 464

octies,

comma 4 («quando l’ordinanza di revoca è divenuta definitiva il

procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso e cessa
l’esecuzione delle prescrizioni e degli obblighi imposti») legittima l’interpretazione che il corso
del processo dovrà riprendere dal momento in cui si è verificata l’interruzione e cioè gli
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del codice di rito.

incombenti conclusivi delle indagini preliminari, nel caso previsto dall’art. 464 ter; l’udienza
preliminare, nell’ipotesi in cui la richiesta sia stata presentata in quella fase del procedimento
ordinario; la dichiarazione di apertura del dibattimento, nell’ipotesi di richiesta presentata nel
giudizio direttissimo e nel procedimento per citazione diretta o nel caso di sospensione
“recuperata” a seguito di primitivo rigetto o del dissenso del Pubblico Ministero, ai sensi degli
artt. 464 ter, comma 4, e 464 quater, comma 9; la costituzione delle parti nel dibattimento nel
caso di richiesta presentata dopo l’emissione di giudizio immediato.

parte, prevede che la richiesta è presentata con l’atto di opposizione, il corso del processo
dovrà riprendere dall’emissione da parte del G.i.p. del decreto di giudizio immediato, salvo che
siano state presentate altre richieste subordinate e queste siano ancora da valutare (cfr. Sez.
2, n. 8997 del 18/11/2014, 2015, Galeandro, Rv. 263228; Sez. 2, n. 10462 del 08/01/2016
Ahmetovic, Rv. 266124).
E ciò in applicazione del principio di diritto fissato per i casi analoghi, secondo cui “in tema
di procedimento per decreto, nell’ipotesi in cui, a seguito di opposizione, l’opponente non
chieda il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure manchi per quest’ultimo il consenso
del P.M., oppure sia rigettata la richiesta di applicazione della pena, perché non ritenuta
congrua dal giudice, questi deve procedere al giudizio immediato che costituisce l’esito
necessario dell’opposizione quando difettino i presupposti per l’accesso agli altri riti” ( Sez. 4,
n. 6574 del 16/01/2009, Paglierini, RV. 220796 : fattispecie in cui la Corte ha ritenuto
abnorme, siccome determinante un’indebita regressione del procedimento, il provvedimento
con il quale il G.I.P., giudicata incongrua la pena concordata tra le parti, aveva disposto la
trasmissione degli atti al P.M.) Emerge da siffatto excursus come il sistema individui per
l’accesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova, sedi, limiti temporali e
scansioni affatto analoghi a quelli previsti per l’accesso al giudizio abbreviato o al
patteggiamento, e dunque il giudice chiamato a decidere sulla richiesta formulata dall’imputato
non può che essere, anche per tale procedimento speciale, il giudice che, in ciascuna delle sedi
individuate, “procede”.
Sicché, nel caso in cui detta richiesta sia stata presentata con l’atto di opposizione a
decreto penale di condanna, tale giudice va individuato nel G.i.p., che avendo la disponibilità
del fascicolo è da considerare il giudice che (ancora) procede (cfr., mutatis mutandis, Sez. u,
n. 3088 del 17/01/2006, Bergamasco, Rv. 232360, nonché, tra molte, in tema di abbreviato
richiesto con l’opposizione a decreto penale di condanna, Sez. 1, n. 38595 del 30/09/2005
Galbignani, Rv. 232948, e successive conformi).
Non ignora certo il Collegio Sez. 1, Sentenza n. 25867 del 03/02/2016, Rv. 267062
secondo la quale

“spetta al giudice del dibattimento, e non al giudice per le indagini

preliminari, la competenza a decidere sulla richiesta di sospensione del procedimento e di
messa alla prova ex art. 464 bis cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto

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Per quanto riguarda il procedimento per decreto, posto che l’art. 464 bis, comma 2, ultima

penale di condanna”, principio questo non condiviso e già contraddetto da Sez. 1 21324 del
02/02/2017, Rv. 270011 già innanzi richiamata.
Replicando anche al riguardo le tesi svolte con il richiamato precedente, ribadisce il
Collegio che non convince l’affermazione secondo cui militerebbe in favore della soluzione da
quella pronuncia adottata “l’obiettiva diversità della richiesta di messa alla prova rispetto a
quella di ammissione a un rito alternativo”; e ciò in quanto l’istituto della sospensione del
procedimento con messa alla prova è comunque disciplinato nell’introdotto Titolo V-bis del
Libro VI del codice di rito che prevede proprio i “procedimenti speciali”.

secondo cui «se dovesse essere ritenuto competente il Giudice delle indagini preliminari,
quest’ultimo, del tutto incongruamente, “dovrebbe acquisire delle prove relativamente al
giudizio che, in caso di revoca dell’ordinanza di sospensione con messa alla prova, verrebbe poi
ad essere celebrato, per la restante parte, dal giudice del dibattimento”, con la conseguenza
che, “così argomentando il legislatore avrebbe introdotto una nuova ipotesi di “incidente
probatorio”, ulteriormente derogando in maniera tra l’altro non espressa al principio di oralità
della prova”». Stabilisce, infatti, il citato articolo 464 sexies, cod. proc. pen., che “durante la
sospensione del procedimento con messa alla prova il giudice, con le modalità stabilite per il
dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono
condurre al proscioglimento dell’imputato”; ed è agevole constatare che siffatta norma è del
tutto analoga a quella dell’articolo 392 cod. proc. pen. che prevede l’incidente probatorio.
Potendosi solo aggiungere che è appunto l’uso dell’espressione “con le modalità stabilite per il
dibattimento” utilizzata nell’art. 464 sexies citato nella sentenza richiamata, che parrebbe
dimostrare, invece, il contrario di quanto in quella si sostiene: perché se la competenza fosse sempre – riservata al giudice del dibattimento, non vi sarebbe stata ragione alcuna per tale
precisazione, riservata alle forme da adottare.
Dunque, ad avviso del Collegio, appare evidente l’intenzione del Legislatore: quella di
consentire che le prove “non rinviabili” raccolte ai sensi dell’articolo 464 sexies citato possano
essere usate anche dal giudice del dibattimento, così come si verifica del resto per le prove
raccolte, ex articolo 392 cod. proc. pen., sia nel corso delle indagini preliminari, sia – a seguito
della sentenza della Corte Costituzionale 10 marzo 1994, numero 77 – anche nella fase
dell’udienza preliminare.
In entrambi i casi, peraltro, la prova viene raccolta nel contraddittorio delle parti e la
deroga al principio secondo cui la stessa dovrebbe formarsi nel dibattimento è giustificata dalla
non rinviabilità della sua assunzione, dovuta alle ragioni indicate nell’articolo 392 cod. proc.
pen. citato, alle quali deve fare riferimento il Giudice delle indagini preliminari che ha disposto
la sospensione del procedimento con messa alla prova ( in linea con le sentenze della Corte
Costituzionale citate dal remittente – in particolare la n. 201 del 2016, che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 460, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. nella parte in cui
non prevede che il decreto penale di condanna contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di
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Del pari non convincente è poi l’affermazione, contenuta sempre nella citata pronuncia,

chiedere mediante l’opposizione la sospensione del procedimento con messa alla prova – nelle
quali a chiare lettere si chiarisce come l’istituto della messa alla prova, introdotto con gli artt.
168 bis,168 ter,168 quater, consista in un nuovo procedimento speciale alternativo al giudizio
destinato ad avere un rilevante effetto deflattivo).
La situazione verificatasi nel caso in esame manifesta, quindi, l’evidente asistematicità di
una soluzione quale quella qui non condivisa, in base alla quale la sede “naturale” per la
decisione sulla richiesta di sospensione del procedimento per messa alla prova e per i

della possibilità di eventualmente richiedere, in via subordinata come è accaduto nel caso in
esame ovvero in caso di rigetto, la definizione mediante altri riti alternativi la cui richiesta non
risulti ancora preclusa.
Alla stregua delle esposte considerazioni ed in applicazione pertanto delle richiamate
norme positive, va in questa sede dichiarata la competenza del Giudice per indagini
preliminari del Tribunale di Catania a conoscere della domanda di sospensione del
procedimento con messa alla prova ex art. 464 bis cod. proc. pen., avanzata in sede di
opposizione a decreto penale di condanna da parte di Maffei Giulio.

P.Q.M.

dichiara la competenza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania, cui
dispone trasmettersi gli atti
Così deciso in Roma, il 20 settembre 2017.

provvedimenti conseguenti dovrebbe essere sempre il dibattimento, così privando l’imputato

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