Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5341 del 16/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5341 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARVELLI ANGELO N. IL 18/11/1962
avverso la sentenza n. 1431/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
21/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
che ha concluso per

/
Udío/, per la parte civile, l’Avv
/
/dit i difensor Avv.

Data Udienza: 16/12/2014

udito il Pg in persona del sost. proc. gen. dott. U. De Augustinis che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso,
udito il difensore avv. A. Rizza che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto
l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21/02/2013, la Corte di appello di Venezia ha dichiarato
inammissibile la richiesta di revisione proposta da Cervelli Angelo avverso la

divenuta irrevocabile il 12/11/2003, che aveva affermato la responsabilità del
primo in relazione ai reati di omicidio volontario di Vincenzo Morelli e di
occultamento di cadavere.

2. Nell’interesse del Carvelli è stato proposto ricorso per cassazione, affidato
ad un unico motivo, con il quale si lamenta violazione dell’art. 192, comma 3,
cod. proc. pen., ribadendo che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia
Pellegrino Riccardo erano state ritenute dalla sentenza di condanna riscontrate
da quelle di Ghislandi Stefano e di Saja fabio, i quali, tuttavia, avevano anche
riferito dello spostamento e della decapitazione del cadavere, ossia di circostanze
smentite dagli esiti degli accertamenti seguiti al rinvenimento del corpo
(cosituente il novum processuale).
In conclusione, il ricorrente addebita alla Corte d’appello di non avere verificato
la sussistenza dei riscontri esterni alle dichiarazioni dei collaboratori, alla luce
degli elementi obiettivi emersi da tali accertamenti sopravvenuti alla decisione di
condanna, che getterebbero luce sulla possibilità di mutue suggestioni e
condizionamenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e merita rigetto, atteso che il denunciato vizio non
sussiste; il ricorrente va condannato alle spese del grado.

2. La Corte territoriale, nella sua sentenza, premette che il coinvolgimento
del Carvelli e del coimputato Vincenzo Scandale nel delitto era stato fondato sulle
dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia (Pellegrino, Ghislandi e Saja), i
quali avevano riferito che il Carvelli e lo Scandale si erano preventivamente
accordati con gli esecutori materiali per la predisposizione della buca nella quale
sarebbe poi stato nascosto il cadavere della vittima, in tal modo rafforzando il
proposito criminoso dei primi.
Quindi, esaminando le nuove prove valorizzate con la richiesta di revisione, ha
sottolineato che era certamente esatto che le circostanze asseritamente riferite
1

sentenza emessa dalla Corte d’assise d’appello di Milano in data 15/04/2002,

dai collaboratori Pellegrino, Saia e Ghislandi, quanto al successivo spostamento
del cadavere, e dagli ultimi due, quanto all’avvenuta decapitazione del cadavere,
in fase dì occultamento, erano state smentite dagli accertamenti tecnici
conseguiti al ritrovamento, su indicazione del Carvelli e dello Scandale del corpo
del Morelli. Tuttavia, la Corte d’appello ha rilevato: a) che la sentenza di
condanna non aveva tratto da siffatte dichiarazioni, concernenti la collocazione
del cadavere e la sua integrità, alcun elemento di riscontro, ai fini della
valutazione di attendibilità dei dichiaranti, dal momento che, all’epoca, il corpo

dello Scandale e del Carvelli, era stata fondata sulla convergenza delle
dichiarazioni e su argomentazioni di carattere logico, in quanto, solo in presenza
di un previo concerto, era giustificabile che gli esecutori del delitto avessero
trasportato il cadavere dal luogo dell’esecuzione a quello nel quale avevano
incontrato lo Scandale e il Carvelli, i quali si erano immediatamente avviati,
facendo addirittura da battistrada, senza porsi alcuna domanda e trovando nel
luogo di destinazione, una tuta da lavoro su misura dello Scandale e una pala; c)
che, peraltro, nessuno dei collaboratori aveva dichiarato che il cadavere fosse
stato decapitato, con la sola eccezione del Pellegrino, il quale, peraltro, non
essendo presente al momento dell’occultamento, aveva riferito circostanze
apprese da terzi; d) che, del pari, le dichiarazioni relative allo spostamento del
cadavere erano tutte de relato e di assoluta vaghezza; d) che, in definitiva, il
contrasto con gli esiti dell’esame autoptico non costituiva smentita
dell’attendibilità dei collaboratori, i quali si erano limitati a riportare mere voci,
frutto di imprecise confidenze, e comunque non investiva il nucleo delle
dichiarazioni accusatorie, concernenti l’esistenza di un precedente accordo per il
seppellimento del cadavere.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma in data 16. XII. 2014.-

della vittima non era ancora stato rinvenuto; b) che, in realtà, la partecipazione

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