Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53405 del 20/09/2017


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Penale Ord. Sez. 1 Num. 53405 Anno 2017
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: SIANI VINCENZO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LOIACONI DOMENICO nato il 24/01/1958 a PALMI

avverso l’ordinanza del 01/06/2016 della CORTE APPELLO di PERUGIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
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Data Udienza: 20/09/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa in data 1° giugno – 20 luglio 2016, la
Corte di appello di Perugia – adìta dal difensore di Domenico Loiaconi con istanza
avente ad oggetto la dichiarazione di estinzione, per decorso del tempo, della
pena di anni sei, mesi uno di reclusione, oltre pena pecuniaria, inflitta al Loiaconi
con la sentenza emessa dal Tribunale di Belluno in data 13 maggio 1994,
parzialmente riformata dalla Corte di appello di Venezia con sentenza del 21

dell’udienza camerale del 1° giugno 2016, rigettato l’istanza.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto direttamente ricorso in questa sede il
difensore del Loiaconi chiedendone l’annullamento e adducendo due motivi a
sostegno dell’impugnazione.
2.1. Con il primo motivo viene dedotta inosservanza o erronea applicazione
della legge penale e delle norme di cui occorreva tenere conto nell’applicazione
della legge stessa, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata, infatti, non aveva rispettato il disposto dell’art. 172
cod. pen., non considerando in particolare che il carattere ostativo della
condanna riportata nel corso del periodo di prescrizione della pena, come
stabilito dall’ultimo comma dell’art. 172 cod. pen., doveva riferirsi al fatto
commesso successivamente all’inizio del decorso il termine stesso, presupposto
nella specie non verificatosi, né valutando che la continuazione o il concorso
formale fra più reati unificava la pena da eseguire, ma non toccava la decorrenza
della prescrizione delle singole pene inflitte per ciascun reato.
2.2. Con il secondo motivo è lamentata omissione ed illogicità manifesta
della motivazione, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
La Corte territoriale aveva fornito una motivazione carente omettendo di
dare risposta alle precise censure mosse dalla difesa che aveva rappresentato la
maturazione della causa di estinzione della pena ricostruendo in concreto l’iter
giudiziario percorso dalla Loiaconi.

3. Il Procuratore generale si è espresso per il rigetto del ricorso, in quanto,
con entrambe le doglianze, il ricorrente ometteva di confrontarsi in modo
specifico con le ragioni poste a base dell’ordinanza.

4. E’ da rilevare che, nella specie, si verte in un’ipotesi di estinzione della
pena per cui, ex art. 676, in relazione all’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., i
relativi provvedimenti vanno adottati dal giudice dell’esecuzione de plano, vale a

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gennaio 1997, irrevocabile il 16 aprile 1998 – ha, all’esito dello svolgimento

dire senza formalità e senza che venga fissata l’udienza di comparizione delle
parti per l’espletamento del contraddittorio. Dunque, in via generale ed
impregiudicato ogni futuro accertamento relativo al caso concreto, compete al
giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 676 cod. proc. pen., delibare le
questioni in tema di estinzione della pena procedendo con il rito disciplinato
dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.
E, quando il giudice dell’esecuzione abbia reso il provvedimento de plano,
ma anche lì dove abbia irritualmente anticipato il contraddittorio a tale prima

n. 25226 del 13/03/2015, La Torre, Rv. 263975), gli interessati possono
proporre (esclusivamente) opposizione innanzi al medesimo giudice
dell’esecuzione, il quale dovrà questa volta trattare le relative questioni in
procedimento partecipato, regolato dalle forme dell’incidente di esecuzione, di
cui all’art. 666 c.p.p., previa correlativa convocazione delle parti e dei loro
difensori per una specifica udienza camerale.

5. Nel caso in esame, proposta dal Loiaconi l’istanza di estinzione della pena
il 19 agosto 2014, con susseguente sollecito del 18 maggio 2015, il giudice
dell’esecuzione ha fissato direttamente l’udienza camerale (con decreto del 6
maggio 2016) per il 10 giugno 2016, udienza all’esito della quale ha esitato il
presente provvedimento.
Il destinatario del provvedimento – che, pur preceduto in modo irrituale
dalla fase della comparizione delle parti, resta emesso ai sensi dell’art. 676 cod.
proc. pen. – ha proposto avverso quell’atto ricorso immediato per cassazione:
ricorso che non può, però, dare luogo all’esame delle sopra richiamata doglianza
per la ragione spiegata. Infatti, se si procedesse in questa sede omisso medio, il
ricorrente resterebbe privato della fase della rivalutazione del provvedimento da
parte del magistrato di sorveglianza, il quale, a differenza del giudice di
legittimità, ha cognizione piena della doglianza ed è il giudice deputato a
prendere in esame tutte le questioni che il ricorrente non è stato ancora in grado
di sottoporre ad un giudice di merito, in una materia in relazione alla quale il
legislatore ha – con il richiamo del rito di cui all’art. 667, comma 4, cod. proc.
pen. – previsto la fase dell’opposizione proprio per le corrispondenti peculiarità.
Tuttavia, il ricorso non va dichiarato inammissibile, ma va invece qualificato
come opposizione, per il principio generale di conservazione degli atti giuridici e
del favor impugnationis, in applicazione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.
Si osserva, invero, che l’indirizzo di legittimità prevalente ed, in ogni caso, più
persuasivo ritiene che sia consentita la riqualificazione dell’atto di impugnazione
per la piena osservanza dell’indicato principio generale, di cui l’ultimo comma

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fase (v, fra le altre, Sez. 3, n. 49317 del 27/10/2015, Clark, Rv. 265538; Sez. 1,

dell’art. 568 cit. costituisce chiara manifestazione (cfr., quanto all’estinzione
della pena, Sez. 1, n. 33007 del 09/07/2013, Compagnone, Rv. 257006).
Tale soluzione si fa preferire, non apparendo consentaneo al citato principio
far discendere l’effetto della declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione,
pur intesa in senso lato, dall’erronea qualificazione della stessa, anche al fine di
non pregiudicare la possibilità – stabilita dall’ordinamento – che il destinatario
del provvedimento de plano abbia una seconda pronuncia di merito all’esito del
suo concorso effettivo al procedimento e, comunque, della fase camerate

6. Una volta qualificato il ricorso come opposizione, si deve dunque
procedere alla conseguente trasmissione degli atti alla Corte di appello di Perugia
affinché venga espletato il giudizio di opposizione, ai sensi degli artt. 676, 667,
comma 4, e 666 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Qualificato il. ricorso come opposizione, ai sensi degli art. 676 e 667 comma
4 c.p.p., dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso il 20 settembre 2017

partecipata in cui egli abbia avuto piena facoltà di svolgere le proprie difese.

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