Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53402 del 10/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 53402 Anno 2017
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MAUGERI ALFIO nato il 08/02/1977 a CATANIA

avverso la sentenza del 03/06/2016 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO CAIRO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA
CASELLA
che ha concluso per
Il PG chiede l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente
al reato di cui all’art. 75 C.P. perché il fatto non sussiste, il rigetto nel resto.
Udito il difensore

Data Udienza: 10/10/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 3 giugno 2016 la Corte d’appello di Catania
confermava la decisione emessa dal medesimo Tribunale il 3 novembre 2015 con cui,
all’esito del celebrato giudizio abbreviato, era stata inflitta a Maugeri Alfio la condanna
alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione previa unificazione dei fatti ex art. 81
cod. pen., con la contestata recidiva. Si era contestata la violazione della misura di
prevenzione relativamente alla prescrizione accessoria di vivere rispettando le leggi,

sorpreso alla guida dell’autovettura fiat panda

nonostante gli fosse stata revocata la

patente di guida. La pena era stata determinata fissando quella base, per il delitto di
cui all’art. 75 D. L.vo 6 settembre 2011, n. 159, in anni uno di reclusione, aumentata
per la recidiva ad anni uno e mesi otto di reclusione, cui si aggiungevano mesi quattro
di reclusione per la continuazione,
reclusione, ridotta

per una pena complessiva di anni

per il rito nella misura finale di

due di

anni uno mesi quattro di

reclusione.
2. Ricorre per cassazione Maugeri Alfio a mezzo del suo difensore e deduce
quanto segue.
Afferma di essere stato sottoposto alla misura di prevenzione il 14 marzo
2011. Nelle more aveva subito carcerazione sino al febbraio 2014 e il 14-2-2014
aveva ripreso la presentazione presso gli uffici di P.S. per la prosecuzione della
misura di prevenzione. Nessun accertamento del riesame di pericolosità era, tuttavia,
stato eseguito. L’errore stava nell’aver omesso di considerare che ai sensi dell’art.
14 comma 2 d. Igs 159/2011 il Tribunale avrebbe avuto obbligo di verificare d’ufficio
se la commissione di tale reato potesse costituire indice di persistente pericolosità
dell’agente. Né si sarebbe potuta trascurare la sentenza della Corte costituzionale n.
191/2013 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa nella parte
in cui non prevedeva che, là dove la misura di prevenzione fosse stata sospesa per la
detenzione in espiazione di pena, si sarebbe dovuto proceder e a riesame di
pericolosità.
OSSERVA IN DIRITTO
1. In via preliminare la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio
in relazione al delitto di cui al capo A, per quanto si passa ad esporre.
1.1. Questa Corte ha avuto modo di osservare che l’inosservanza delle
prescrizioni generiche di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi”, da parte del
soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, non
configura il reato previsto dall’art. 75, comma secondo, D.Lgs. n. 159 del 2011, il cui
contenuto precettivo è integrato esclusivamente dalle prescrizioni c.d. specifiche; la
predetta inosservanza può, tuttavia, rilevare ai fini dell’eventuale aggravamento della

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prescrizione disattesa poiché il medesimo Maugeri il giorno 1/11/2015 era stato

misura

di

prevenzione

(Sez. U,

sentenza

n.

40076

del 27/04/2017 Ud. (dep. 05/09/2017), Paternò, Rv. 270496).
La decisione è noto ha tratto scaturigine dalla recente sentenza della Corte
EDU, GC, 23/02/2017, De Tommaso c. Italia, in rapporto alle affermazioni che,
direttamente o indirettamente, possono afferire al reato previsto dall’art. 75, comma
2, d.lgs. n. 159 del 2011. Nell’occasione questa Corte ha inteso riesaminare la
coerenza di una giurisprudenza di legittimità che, costantemente, aveva ritenuto che
la prescrizione di vivere onestamente rispettando le leggi integrasse il reato previsto

del 2011 – in perfetta linea di continuità normativa con la precedente fattispecie (cfr.
Sez. 5, n. 49464 del 26/06/2013, Minnella, Rv. 257933) – proprio alla luce di una
interpretazione convenzionalmente orientata e conforme ai principi di tipicità,
precisione, determinatezza e tassatività delle norme incriminatrici.
1.2. Sulla scorta di queste premesse nella specie la decisione impugnata va
annullata senza rinvio con formula d’insussistenza, poiché la sanzione penale si lega
alla violazione della regola dell’honeste vivere, inidonea per sua natura intrinseca a
fondare il profilo precettivo dell’incriminazione, connotandosi d’intrinseca genericità e
tendendo a incriminare un modo di vita e di essere del singolo, piuttosto che una
specifica condotta antigiuridica lesiva in concreto di valori penalmente protetti, in linea
con un diritto penale del fatto.
Nella specie la condotta rilevante risulta già autonomamente incriminata
dall’art. 73 del D. L.vo 6 settembre 2011, n. 159 e la contestazione di cui al capo A
finirebbe, proprio evocando il concetto dell’honeste vivere, per risultare una pura
duplicazione dell’intervento sanzionatorio, a fronte del medesimo nucleo di lesività
storica.
Alla luce di quanto premesso la

decisione

va annullata senza rinvio

relativamente al capo A della rubrica, perché il fatto non sussiste. Gli atti devono,
tuttavia, essere trasmessi al giudice competente per la rideterminazione della pena
dovendo procedersi al calcolo della sanzione per la contravvenzione di cui al capo B,
risultando infondate le doglianze ulteriori prospettate con il ricorso.
2. Lamenta il ricorrente, invero, che nella specie nonostante la sopravvenuta
detenzione non si sarebbe proceduto al doveroso riesame di pericolosità e il Maugeri
avrebbe iniziato l’espiazione in esecuzione di una misura di prevenzione in difetto
dell’accertamento di pericolosità sociale, profilo da escludere, proprio in ragione della
sopravvenuta detenzione e successiva scarcerazione.
Sul punto, tuttavia, a parte la assoluta genericità delle indicazioni temporali e
dei richiami operati in ricorso, che non permettono neppure di quantificare la durata
della detenzione che avrebbe eliso, nella logica del ricorrente, il profilo di
pericolosità, su cui si era fondata la misura di prevenzione, la Corte territoriale ha
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lit

dall’art. 9 legge n. 1423 del 1956, ora trasfuso nel nuovo art. 75, comma 2, d.lgs. 159

osservato che l’imputato aveva iniziato l’esecuzione della misura di prevenzione il 29
gennaio 2013 e risultava averla interrotta, per la sopravvenuta detenzione, nel
febbraio del 2014. Si trattava, dunque, di pochi giorni e di un dato temporale che a
giudizio della Corte territoriale stessa non attestava l’esecuzione della misura di
prevenzione, nonostante l’avvenuta rieducazione del sottoposto. L’accertamento, in
ogni caso, si sarebbe dovuto rimettere al giudice competente funzionalmente
(Tribunale di Catania) che aveva disposto a suo carico la misura.
Era, pertanto, quella subita una detenzione di durata decisamente breve che

l’altro, di una richiesta espressa da parte del sottoposto al Giudice competente, non si
rivelava idonea a mettere in discussione la misura di prevenzione già applicata, non
versandosi al cospetto di una detenzione di lunga durata.
Il ragionamento svolto risulta, pertanto, immune da ogni censura e va ribadito
che proprio a fronte di una detenzione di breve durata non può ritenersi che la misura
di prevenzione in esecuzione, sia ipso iure paralizzata, né può prefigurarsi ex se un
superamento o una attenuazione della pericolosità sociale posta a fondamento
dell’applicazione della misura stessa (Sez. 1, sentenza n. 27970
del 09/03/2017 Cc. (dep. 06/06/2017) Rv. 270655). Ricorrono pertanto tutti i
presupposti strutturali della contravvenzione e della rilevanza penale del fatto e il
motivo di ricorso va respinto.
3. Alla luce di quanto premesso la sentenza impugnata va annullata senza
rinvio limitatamente al capo A della rubrica perché il fatto non sussiste, con
trasmissione degli atti per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio ad altra
sezione della Corte di appello di Catania. Il ricorso va respinto nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo A della
rubrica perché il fatto non sussiste; dispone trasmettersi gli atti per la
rideterminazione del trattamento sanzionatorio ad altra sezione della Corte di appello
di Catania. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2017
Il consigliere estensore

Il Presidente

non richiedeva un nuovo accertamento di pericolosità d’ufficio e che, in difetto, tra

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