Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5339 del 18/11/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5339 Anno 2015
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ITALIANO GIUSEPPE N. IL 07/06/1985
avverso la sentenza n. 2175/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
12/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 18/11/2014

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Eduardo Vittorio Scardaccione, conclude
chiedendo l’annullamento con rinvio della decisione,
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Italiano Giuseppe propone ricorso per cassazione contro la sentenza
emessa dalla Corte d’Appello di Firenze, in data 13 marzo 2012, con la quale, in
parziale riforma della decisione adottata dal Tribunale di Pistoia in data 23 febbraio

e Longobardi Immacolata colpevoli del reato di minaccia nei confronti di un testimone,
condannandoli alla pena di anni uno di reclusione ciascuno, con sospensione
condizionale della esecuzione nei confronti della sola Longobardi, confermando, nel
resto, la decisione.
2. Al ricorrente era stato contestato il delitto previsto dagli articoli 110 e 611 del codice
penale per avere usato minaccia nei confronti di Benedetti Federica, persona offesa e
testimone nell’ambito di un procedimento penale, al fine di costringerla a ritrattare le
dichiarazioni precedentemente rese nel corso delle indagini e, così, a commettere reati
di falsa testimonianza e autocalunnia. In particolare, nei locali del Tribunale di Pistoia,
prima che venisse ascoltata quale testimone nel corso dell’incidente probatorio, gli
imputati avvicinavano la Benedetti proferendo frasi minacciose e l’Italiano le diceva
“siamo tutti consumati”, lasciando in sostanza intendere una minaccia di morte.
3. Nel pomeriggio del 27 luglio 2007, Speziale Roberto si era recato presso l’abitazione
occupata dai conviventi, Benedetto Graziano Benedetti Federica, urlando e inveendo
contro il primo. Richiamato dalle grida, era uscito da casa Mazzara Andrea, figlio della
Benedetti, il quale veniva fatto oggetto di pesanti minacce da parte dello Speziale,
evidentemente ubriaco. Questi minacciava Mazzara dicendogli che, oltre a mandarlo
all’ospedale, avrebbe dato fuoco all’autovettura. Alla reazione del ragazzo, lo Speziale lo
afferrava con entrambe le mani al collo, stringendolo forte e minacciando di morte
Benedetto Graziano. Il giorno 8 agosto 2007 veniva applicato il fuoco all’autovettura
Mini Cooper di Mazzara Andrea e, qualche giorno più tardi, il 19 agosto, lo stesso
autoveicolo veniva colpito da sette proiettili, mentre il 28 gennaio 2008, nella sala
antistante l’aula dell’udienza penale del Tribunale di Pistoia, dove attendevano il loro
turno, per rendere la testimonianza nel corso dell’incidente probatorio, Benedetti
Federica e Mazzara Andrea, venivano avvicinati da Longobardi Immacolata, moglie di
Speziale Patrizio e da Italiano Giuseppe, odierno ricorrente, i quali li minacciavano
pesantemente. La Longobardi rappresentava, secondo la tesi dell’accusa, di possedere
una pistola e Italiano faceva presente alle persone offese che erano tutti “consumati”.
Rispetto a tale condotta il Tribunale di Pistoia aveva assolto gli imputati dal reato
contestato al capo c), perché il fatto non sussiste.
%

2010, appellata dal Pubblico Ministero da Speziale Patrizio, dichiarava Italiano Giuseppe

4. Appellavano il Pubblico Ministero e il difensore di Speziale e la Corte d’Appello,CK

f=t522 .4,

rilevando che il contrasto non riguardava la materialità dei fatti, ma

solo l’interpretazione che il giudice e le parti, «elle rispettive impugnazioni, avevano
dato a quei fatti, in iarziale riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto
Longobardi ImmacolatVtaliano Giuseppe colpevoli del reato loro ascritto.
5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di Italiano Giuseppe,
lamentando mancanza o manifesta illogicità della motivazione riguardo al carattere

il reale significato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata merita censura.
1. Con l’unico motivo di ricorso la difesa lamenta mancanza o manifesta illogicità della
motivazione rilevando che il ricorrente avrebbe pronunziato l’espressione “siete
consumati”, la quale, in dialetto siciliano, equivarrebbe ad una minaccia di morte. La
Corte territoriale, però, non chiarisce per quale motivo tale espressione avrebbe dovuto
essere intesa da due testimoni toscani, come una minaccia di morte e avrebbe dovuto
essere finalizzata a indurre i testimoni a commettere una falsa testimonianza, non
potendosi escludere che l’espressione sia stata pronunziata per altri fini, magari con
riferimento a fatti già commessi e per dichiarazioni testimoniali già rese dai testi.
2. La doglianza è fondata.
3. In tema di motivazione della sentenza, nel caso di riforma da parte del giudice di
appello di una decisione assolutoria emessa dal primo giudice, opera il principio che
impone al secondo giudice di dimostrare specificamente l’insostenibilità sul piano logico
e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e
penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che,
sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte
operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o
diversamente valutati• e tale indirizzo trova applicazione anche in caso di radicale
rovesciamento di una valutazione essenziale nell’economia della motivazione, in un
processo nel quale siano determinanti i contributi dichiarativi di alcuni soggetti, non
essendo sufficiente la manifestazione generica di una differente valutazione ed essendo,
per contro, necessario il riferimento a dati fattuali che conducano univocamente al
convincimento opposto rispetto a quello del giudice la cui decisione non sì condivida
(Sez. 5, n. 35762 del 05/05/2008 – dep. 18/09/2008, P.G. in proc. Aleksi e altri, Rv.
241169).

minaccioso della espressione utilizzata e alla possibilità per i testimoni di comprenderne

4. Nel caso in esame la Corte d’Appello si limita ad inserire la condotta in oggetto in una
vicenda più ampia, che riguarda un contrasto giudiziario esistente tra le parti. Infatti, si
legge in sentenza, la gestione del circolo ricreativo “Club Arancione Anselmo Fagni” era
passata, dalla coppia Benedetto Graziano Benedetti Federica a Speziale Patrizio il quale
risultava pacificamente l’effettivo gestore dell’esercizio pubblico. In occasione della
cessione della gestione era insorta una controversia economica tra le parti riguardo
all’esistenza all’interno del locale, di videogiochi, che l’imputato Speziale non voleva

contrasti contrattuali si sarebbero verificati gli episodi di violenza descritti in premessa.
In tale ambito la Corte territoriale colloca la condotta minacciosa dell’imputato. Il
giudice di appello, però, non può limitarsi a prospettare notazioni critiche di dissenso
alla pronuncia impugnata, dovendo piuttosto esaminare, sia pure in sintesi, il materiale
probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito, per
offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi
conclusioni assunte. Al contrario la Corte territoriale non esamina la differente
valutazione operata dal primo giudice riguardo alla possibilità che l’espressione
percepita dalle persone offese fosse riferita ad altre condotte o vicende, al fine di
dimostrare specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti
adottati dal primo giudice; nello stesso modo non esamina il profilo relativo alla
concreta possibilità, per i destinatari dell’espressione, di valutarne il reale significato e
ciò attraverso una doverosa analisi critica e una convincente motivazione che,
sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia ragione della maggiore
considerazione accordata ad elementi di prova e di valutazione diversi da quelli adottati
dal Tribunale.
5. In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della
Corte d’Appello di Firenze per le integrazioni dei punti oggetto delle segnalate lacune
motivazionali.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte
d’Appello di Firenze.
Così deciso in Roma il 18/11/2014
Il Consigliere estensore

Il resi ente

continuassero a permanere / e per l’intestazione dell’utenza elettrica. A seguito di tali

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