Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53388 del 08/06/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 53388 Anno 2017
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Veloccia Silverio, nato a Frosinone il 18 giugno 1948
Veloccia Giuliana, nata a Frosinone il 12 agosto 1974
avverso l’ordinanza del Tribunale di Latina dell’8 novembre 2016
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Maria Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

Data Udienza: 08/06/2017

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza dell’8 novembre 2016, il Tribunale di Latina ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale, avente ad oggetto
un complesso edilizio, in relazione ai reati di cui agli artt. 44, comma 1, lettera

c), del

d.P.R. n. 380 del 2001, 479 e 323 cod. pen.
2. – Avverso l’ordinanza gli indagati hanno proposto, tramite il difensore e con
unico atto, ricorsi per cassazione, denunciando la violazione dell’art. 44, comma 1, lettera

interventi realizzati sulla base di una serie di permessi di costruire e che vi sarebbe, di
conseguenza una serie di abusi edilizi, ma non un’operazione lottizzatoria unitaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – I ricorsi sono inammissibili, perché sostanzialmente diretti a lamentare la
contraddittorietà e la manifesta illogicità del provvedimento impugnato, il quale risulta
ampiamente e coerentemente motivato. Essi non si riferiscono alla mancanza della
motivazione su profili essenziali ai fini della decisione, ma a valutazioni del Tribunale circa
il compendio istruttorio; valutazioni comunque insindacabili in questa sede, perché non
riconducibili alla categoria della violazione di legge ai sensi e per gli effetti dell’art. 325,
comma 1, cod. proc. pen. (ex plurimis, ribadiscono che il ricorso per cassazione in tema di
misure cautelari reali può riguardare solo la motivazione assente o meramente apparente
del provvedimento impugnato, sez. 3, 10 luglio 2015, n. 39833; sez. 6, 10 gennaio 2013,
n. 6589, rv. 254893).
Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, deve in ogni caso rilevarsi
che il Tribunale ha correttamente evidenziato – senza che vi siano nel ricorso puntuali
contestazioni in proposito – che l’operazione posta in essere dagli indagati ho portato alla
realizzazione di opere edilizie con finalità commerciale in zona agricola, sulla base di atti
amministrativi palesemente illegittimi, a partire dalla iniziale concessione edilizia del 24
gennaio 2002, corredata dalla falsa dichiarazione della preesistenza dell’immobile al 1
settembre 1967. Del pari illegittima è l’autorizzazione edilizia del 30 dicembre 2002,
perché la stessa presuppone l’abusiva destinazione commerciale di parte del fabbricato
oggetto della precedente concessione, dando per esistente un cambio di destinazione
d’uso in realtà mai realizzato legittimamente. Illegittimi sono anche i successivi titoli edilizi
del 2003, 2004, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 aventi ad oggetto la
realizzazione di opere necessarie all’uso dell’immobile come ristorante nonché varianti in
corso d’opera. E del tutto destituita di fondamento risulta la tesi difensiva secondo cui vi
sarebbe una prassi comunale di autorizzazione alla realizzazione di opere edilizie a fini
commerciali in zone qualificate agricole dagli strumenti di pianificazione, perché tale prassi
– anche ove effettivamente esistente – sarebbe palesemente contraria alla legge.

c), del d.P.R. n. 380 del 2001. Si sostiene, in particolare, che vi sarebbe una pluralità da

Deve richiamarsi in punto di diritto, la costante giurisprudenza di questa Corte,
riferita proprio alle fattispecie di macroscopica illegittimità di atti amministrativi che
formalmente consentano l’esercizio dell’attività edilizia. Deve, in particolare ribadirsi che,
in materia di violazione dell’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, la non conformità dell’atto
amministrativo alla normativa che ne regola l’emanazione, alle disposizioni legislative
statali e regionali in materia urbanistico-edilizia e alle previsioni degli strumenti urbanistici
può essere rilevata non soltanto se l’atto sia illecito, e cioè frutto di attività criminosa, ma

mancanza delle condizioni previste dalla legge o nel caso di mancato rispetto delle norme
che regolano l’esercizio del potere, non vertendosi in tali casi in una disapplicazione
dell’atto amministrativo (ex plurimis, sez. 2, 26 giugno 2014, n. 31229, rv. 260367; sez.
3, 28 settembre 2006, n. 40425, rv. 237038).
Correttamente, dunque, il Tribunale ha – allo stato degli atti – qualificato la
fattispecie che viene in rilievo quale lottizzazione abusiva materiale (coerentemente
richiamando le definizioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità: ex plurimis, sez. 3, 26
aprile 2007 n. 19732; sez. 3, 06 giugno 2008, n. 27739, rv. 240603; sez. 3, 18 settembre
2013, n. 42361, rv. 257731), in quanto attuata mediante una serie di opere, sulla base di
titoli illegittimi, consistenti nell’originaria edificazione di un fabbricato residenziale in zona
agricola, nel successivo ampliamento dello stesso con illegittimo mutamento di
destinazione d’uso a fabbricato commerciale, nell’accorpamento ad esso di terreni agricoli
su cui sono state edificate ulteriori opere. Né può essere in questa sede sindacata
l’affermazione -ampiamente suffragata dagli accertamenti tecnici in atti – secondo cui le
opere realizzate hanno una notevole consistenza, tale da determinare la trasformazione
urbanistica dei terreni interessati, avendo comportato la realizzazione in zona agricola di
un importante complesso commerciale destinato ad attività di ristorazione, che ha mutato
il tessuto urbanistico richiedendo la necessità della esecuzione di nuove opere di
urbanizzazione non previste nel programma dell’amministrazione comunale. La difesa non
contesta, comunque, le affermazioni contenute nell’ordinanza impugnata circa la non
configurabilità della buona fede degli indagati, motivate sul corretto rilievo che la
destinazione agricola dei terreni sui quali si trova il fabbricato uso commerciale emergeva
già all’atto dell’acquisto degli stessi. E tale rilievo rende irrilevante la circostanza che
l’acquisto del fabbricato da parte di Veloccia Silverio sia avvenuto solo nell’anno 2007,
perché le attività poste in essere dagli stessi indagati dopo quell’anno sono la logica
continuazione dell’attività lottizzatoria abusiva mai esauritasi prima.
4. – I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia prop sto il
3

anche nell’ipotesi in cui l’emanazione dell’atto medesimo sia espressamente vietata in

ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

Così deciso in Roma, 1’8 giugno 2017.

processuali e della somma di € 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

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