Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53386 del 08/06/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 53386 Anno 2017
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Rollo Antonio, nato a San Cesario di Lecce il 21 ottobre 1972
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce del 13 maggio 2016
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Giuseppe
Corasamiti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

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Data Udienza: 08/06/2017

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 13 maggio 2016 la Corte d’appello di Lecce ha confermato la
sentenza del Tribunale di Lecce emessa in data 3 novembre 2014, con la quale – per
quanto qui rileva – l’imputato era stato condannato per il reato di cui all’art. 44, comma 1,
lettera b), del d.P.R. n. 380 del 2001, per aver realizzato tre manufatti edilizi per cui non
era stato richiesto il necessario permesso di costruire.
2. – Avverso la sentenza, il ricorrente ha proposto, tramite il difensore, ricorso per

2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si deduce la violazione degli artt. 3,
comma 1, lettera e.5), e 44 del d.P.R. 380 del 2001. Secondo la difesa, la Corte d’appello
avrebbe errato nell’interpretare i requisiti della precarietà e temporaneità delle costruzioni.
Si sostiene che le strutture realizzate dall’imputato sono in possesso del requisito della
facile amovibilità a cui fa riferimento l’art. 3, comma 1, lettera e.5), richiamato, con ciò
dovendosi escludere la necessità del permesso di costruire.
2.2. – In secondo luogo, la difesa lamenta il mancato riconoscimento della
particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 131 bis cod. pen. Il giudice di merito avrebbe
omesso qualsiasi pronuncia al riguardo, nonostante la sussistenza dei presupposti per
l’applicazione di tale norma, nella misura in cui il ricorrente era incensurato e aveva
rimosso le opere realizzate, che, in ogni caso, non raggiungevano la soglia di punibilità
minima richiesta per l’applicazione della norma penale.
2.3. – Con un terzo motivo di ricorso, si deduce la manifesta illogicità della
motivazione nella parte in cui la Corte d’appello sostiene che non è stata allegata alcuna
documentazione comprovante l’asserita precarietà delle costruzioni da parte del ricorrente,
nonostante sul punto sia stato sentito un teste e la Corte stessa non abbia motivato né in
ordine alla inattendibilità del teste in questione, né in ordine al contenuto della sua
deposizione.
2.4. – Si censura, infine, un ulteriore profilo di manifesta illogicità della
motivazione, sul rilievo che i giudici di appello avrebbero attribuito rilevanza alla
circostanza che la struttura fosse stata realizzata in una zona sottoposta a vincolo
ambientale, circostanza che, invece, era stata esclusa dal Tribunale di primo grado, con
statuizione che non è stata oggetto di impugnazione da parte del pubblico ministero,
cosicché ogni esame sul punto risultava precluso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Deve essere dichiarata l’estinzione del reato, per intervenuta prescrizione.
3.1. – Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per
l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza, emergente
dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il
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cassazione, chiedendone l’annullamento.

’fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi,
infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato
ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per
l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile
tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza
della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell’innocenza
dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo

L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede
di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che
dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato
dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato.
In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima
situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione
del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può
essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito
incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (ex plurimis,
sez. 6, 10 dicembre 2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez.
un., 27 febbraio 2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv.
220511).
3.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., come
appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, in cui il terzo e il quarto
motivo di ricorso sono del tutto generici, perché diretti a negare, senza puntuali riferimenti
alla motivazione della sentenza e agli atti di causa, la ricostruzione della consistenza delle
opere edilizie effettuata dei giudici di primo e secondo grado, con conforme valutazione. Il
primo motivo di ricorso si basa, anche esso, sulla mera asserzione, in contrasto con
l’evidenza dei fatti, che le strutture realizzate dall’imputato sarebbero in possesso del
requisito della facile amovibilità a cui fa riferimento l’art. 3, comma 1, lettera e.5),
richiamato, con ciò dovendosi escludere la necessità del permesso di costruire.
È invece fondato il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento
della particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 131 bis cod. pen., oggetto di specifica
richiesta in sede di precisazione delle conclusioni: il giudice di appello ha effettivamente
omesso qualsiasi pronuncia sul punto.
3.3. – Dall’esame degli atti risulta che il termine di prescrizione è già decorso,
perché la permanenza del reato è cessata, al più tardi, nel luglio 2011. Da tale momento
decorre il termine complessivo di cinque anni applicabile alle contravvenzioni, giungendosi
così – in presenza di un mese di sospensione del corso della prescrizione (tra il 3 o obre

il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma ad una mera “constatazione”.

2014 e il 3 novembre 2014, per rinvio concesso su richiesta della difesa) – alla data del 31
agosto 2016, precedente alla pronuncia della presente sentenza.
4.

La sentenza impugnata deve, perciò, essere annullata senza rinvio, perché il

reato è estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere il reato estinto per
prescrizione.

Così deciso in Roma, 1’8 giugno 2017.

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