Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 53385 del 08/06/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 53385 Anno 2017
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Lecce
nei confronti di
Ceppaglia Simone, nato a Locorotondo il 9 febbraio 1956
Scatigna Stefano, nato a Martina Franca il 9 giugno 1957
Aquaro Martino, nato a Martina Franca il 27 agosto 1960
Perta Giuseppe, nato a Martina Franca il 19 maggio 1956
Comune di Martina Franca, in persona del Sindaco (parte civile)
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto del
28 giugno 2016
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Giuseppe
Corasaniti, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udita, per la parte civile, l’avv. Alessandra Giuliani, la quale ha depositato conclusioni
scritte e nota spese;
uditi gli avv.ti: Cinzia Passero, per l’imputato Ceppaglia; Donato Antonio Muschio
Schiavone, per gli imputati Scatigna, Aquaro, Perta.

Data Udienza: 08/06/2017

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 28 giugno 2016, la Corte d’appello di Lecce – sezione distaccata
di Taranto ha confermato l’assoluzione, con la formula “perché il fatto non sussiste”, già
pronunciata dal Tribunale di Taranto, con sentenza del 7 luglio 2014, nei confronti degli
imputati in relazione: a) al reato di cui agli artt. 110, 323 cod. pen., contestato a Ceppaglia,
responsabile dello sportello unico per l’edilizia del Comune, e Scatigna, rappresentante
legale della società Due Esse, in relazione al rilascio del permesso di costruire del 29 aprile

commerciale, depositi, uffici, scuola materna, parcheggi, verde attrezzata, su area ricadente
in zona S del piano regolatore Generale e C6 del piano particolareggiato, destinata a scuola
elementare e materna, senza attuare, in violazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998, le
necessarie procedure di variante al piano regolatore, con conseguente ingiusto vantaggio
patrimoniale alla Due Esse; b) al reato di cui all’art. 44, comma 1, lettera b) , del d.P.R. n.
380 nel 2001, contestato a Ceppaglia e Scatigna nelle qualità sopraindicate, nonché ad
Aquaro quale direttore dei lavori e Petra quale costruttore, in relazione alla realizzazione
delle opere edilizie per l’immobile di cui sopra, essendo illegittimo il relativo permesso di
costruire, in quanto emesso in violazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998.
2. – La sentenza è stata impugnata dal Procuratore generale della Repubblica presso
la Corte d’appello di Lecce.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si deduce l’erronea applicazione dell’art. 21
delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del comune di Martina
Franca nonché dell’art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998. Si ricorda che il permesso di costruire
del 29 aprile 2010 era stato ritenuto non conforme al vigente piano regolatore generale,
con atto dirigenziale del 10 novembre 2011, e poi era stato annullato in autotutela, preso
atto di tale contrasto, con provvedimento del 14 aprile 2012. Si evidenza che il
provvedimento di autotutela si fonda sul disposto del richiamato art. 21 delle norme di
attuazione, il quale prevede, per la zona di riferimento (S) la possibilità di edificare scuole,
chiese, mercati, edifici per attività culturali ed esclude alberghi, sale di spettacolo e mercati
privati. Ai fini del rilascio del permesso di costruire ci si era invece riferiti unicamente al
piano particolareggiato che, per la zona in questione (5), prevede all’art. 18 la possibilità di
edificare chiese, scuole, mercati o edifici per attività commerciali in genere, edifici per
attività culturali, con l’esclusione di alberghi, sale di spettacolo e mercati privati. Il contrasto
tra le disposizioni consisterebbe nel riferimento della seconda agli “edifici per attività
commerciali in genere”, non contemplati alla prima. E, nel caso di specie, il permesso di
costruire riguardava proprio un immobile multifunzionale da destinare, tra l’altro, ad attività
commerciale, senza che fosse stato seguito il necessario procedimento di variante. La
correttezza di tale ricostruzione interpretativa troverebbe conferma sia nell’autotutela posta
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2010, per la realizzazione di un immobile multifunzionale da destinare ad attività

in essere dall’amministrazione sia nella circostanza che la stessa società Due Esse aveva
rinunciato ai lavori e aveva poi presentato, per la stessa area, un diverso progetto edilizio
da approvarsi mediante variante al piano regolatore generale.
2.2. – In secondo luogo, si deducono vizi della motivazione in relazione all’esclusione
dell’elemento psicologico del reato, perché non si sarebbe considerata a tal fine la palese
illegittimità del provvedimento amministrativo, in presenza di interessi economici molto
consistenti e di soggetti dotati della necessaria preparazione tecnico-giuridica.

3. – Il ricorso – i cui motivi possono essere trattati congiuntamente perché basati
sulla prospettazione della macroscopica illegittimità del permesso di costruire del 29 aprile
2010, ai fini della sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato – è infondato.
Le doglianze del ricorrente si fondano sull’art. 21 delle norme di attuazione del piano
regolatore generale del Comune di Martina Franca, il quale prevede, per la zona di
riferimento (S) la possibilità di edificare scuole, chiese, mercati, edifici per attività culturali
ed esclude alberghi, sale di spettacolo e mercati privati. Tale previsione sarebbe in contrasto
con quella dell’art. 18 del piano particolareggiato, richiamat3rTini del rilascio del permesso
di costruire, secondo cui, per la zona in questione, vi è la possibilità di edificare chiese,
scuole, mercati o edifici per attività commerciali in genere, edifici per attività culturali, con
l’esclusione di alberghi, sale di spettacolo e mercati privati. E il contrasto tra le disposizioni
– rilevante quanto alla natura delle opere realizzate nel caso di specie – consisterebbe nel
riferimento della seconda di tali disposizioni di piano agli “edifici per attività commerciali in
genere”, non contemplati alla prima.
Secondo la corretta valutazione dei giudici di primo e secondo grado, si tratta, in
realtà, di un contrasto tutt’altro che evidente, non essendo manifestamente illogico ritenere
che il piano particolareggiato possa equiparare ai mercati non privati consentiti dalle norme
tecniche di attuazione del piano regolatore generale gli edifici per attività commerciale. Tale
ricostruzione ha trovato, del resto, l’avallo della conferenza di servizi indetta dallo stesso
imputato Ceppaglia ai fini dell’emanazione del permesso di costruire, svoltasi il 25 marzo
2010 e ha comunque avuto effetti concreti assai limitati. Infatti, prima dell’emanazione
dell’ordine di sospensione dei lavori, a seguito del rilievo del contrasto da parte della Regione
e del Comune (pag. 4 della sentenza impugnata) l’imputato Scatigna, legale rappresentante
della società Due Esse, titolare e del permesso di costruire, con nota del 7 giugno 2011
aveva comunicato l’autonoma determinazione di sospendere i lavori stessi, mentre il
permesso di costruire stato annullato solo successivamente in data 18 aprile 2012. La non
manifesta implausibilità della ricostruzione interpretativa seguita dagli imputati è stata
confermata dalla Corte d’appello – con valutazione di merito insindacabile in questa sede anche sulla base delle osservazioni svolte dal consulente della difesa, il quale pone in dubbio

CONSIDERATO IN DIRITTO

che l’immobile in questione potesse rientrare nella categoria vietata dei “mercati privati”,
trattandosi di una struttura architettonica unitaria, assimilabile ad altre infrastrutture
previste dall’art. 21 delle norme di attuazione del piano regolatore generale; tanto che il
comitato urbanistico regionale aveva, in relazione ad una previsione analoga del piano
particolareggiato, riferita ad altra zona, espresso parere favorevole. E la Corte d’appello
valorizza anche l’ulteriore circostanza, confermata dall’istruttoria, che l’annullamento in
autotutela del permesso di costruire era stata motivata, non tanto sulla base del contrasto

del tutto erronea, dell’intervenuta scadenza del piano particolareggiato.
Tale essendo il quadro complessivo, la Corte d’appello correttamente dubita che l’atto
in questione possa essere affetto da una macroscopica legittimità, tale da renderlo
equiparabile, ai fini della sussistenza del reato edilizio, ad un permesso di costruire
inesistente, giungendo coerentemente ad escludere anche la sussistenza di un necessario
elemento sintomatico dell’abuso di ufficio (v., ex multis, Sez. 6, n. 31594 del 19/04/2017,
Rv. 270460; Sez. 6, n. 36179 del 15/04/2014, Rv. 260233), in mancanza della prova di
accordi collusivi fra gli interessati. Non pare, in conclusione, manifestamente illogico ritenere
– come fanno i giudici di merito – che l’esclusione della macroscopica illegittimità dell’atto
renda insussistenti gli elementi oggettivi e soggettivi di entrambi i reati contestati.
4. – Ne consegue che il ricorso del Procuratore generale deve essere rigettato. Non
può farsi luogo alla liquidazione delle spese del grado a favore della parte civile, perché
sostanzialmente soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Procuratore generale.
Così deciso in Roma, 1’8 giugno 2017.

fra piano particolareggiato e piano regolatore Generale, quanto sulla base della convinzione,

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